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Periodica Magazine: lo spazio per il dialogo aperto

COME LIBERARSI DAI BUONI PROPOSITI (ALTRUI!) DI INIZIO ANNO

COME LIBERARSI DAI BUONI PROPOSITI (ALTRUI!) DI INIZIO ANNO

Eccoli che arrivano...gli immancabili buoni propositi di inizio anno! Altresì definiti come intenti, obiettivi, goals, aspirazioni, progetti o per i più romantici...sogni! Chiamiamoli pure come preferiamo, ma l'accezione che di solito ci viene venduta, diciamolo, non è delle più incoraggianti. L'iperproduttività tossica da inizio anno (gennaio is the new september e dopo september torna gennaio con la dieta, la palestra e così via) non sempre sortisce su di noi gli effetti desiderati. Magari abbiamo anche dedicato del tempo a valutare cosa non sia andato in passato, a considerare tutti gli aspetti della questione o semplicemente a fare un bilancio. Ma come mai tutto ciò non basta a motivarci? Come mai continuamo a chiederci se ce la faremo, se troveremo il tempo e il modo di realizzare i nostri progetti, se finalmente smetteremo di procrastinare o rinunciare? Andiamo con ordine. E tiriamola pure in causa, lei: la cosiddetta pressione sociale. Quell' invalidante influenza che può minare la nostra abilità di mantenere un'opinione o un 'idea davanti agli altri, portandoci a soffrire e conformarci alle aspettative socioculturali. In soldoni, smarrire se stessi e la propria identità a favore di un ideale ALTRUI. Mica poco! Quando accade, anche la percezione di noi stessi si sfalda. Ci definiamo, giudichiamo, critichiamo alimentando quell'immenso divario tra il reale e l'ideale del Sé! Ma...l'ideale di chi? Nostro? Vostro, Loro? Mettiamoci anche una dose di spasmodico confronto ben nutrito dai social media (perchè è più bravə di me, più popolare, più costante, più più più?) e la frustrazione abbonderà di certo! Allora, come liberarsi di questi modelli disfunzionali? Innanzitutto, riconoscendo cosa è mio, cosa proviene da me e quali sono i miei valori. Quanto relamente tutto ciò si discosta e differenzia da una to do list motivazionale, generalizzata e settata sul follower target. Lasciarsi guidare dai propri valori incrementa la motivazione, l'energia spendibile e il muovere dei passi concreti verso i propri bisogni. Solo così potremo sperimentarci più saldi, tollerare le frustrazioni, agire il cambiamento! Senza attendere ogni anno l'anno nuovo ma riconoscendo l'oggi (spoiler: non il passato, non il futuro, ma solo l'oggi è lo spazio in cui abbiamo raggio d'azione!). Si, bene la teoria ma...come farlo? Esistono alcuni semplci ma potenti strumenti d'autoesplorazione e consapevolezza quali la mindfulness, il journaling e il grounding che possono agire quali importanti primi step nel nostro percorso evolutivo (e se fossi curiosə di scendere ancora più in profondità...psicoterapia!) Gentle reminder: tuttə, in quanto umanə e vulnerabilə, siamo soggetti alla pressione sociale. Possiamo però viverci quali attori della nostra vita e non semplici scroller dei buoni propositi altrui! LUCIA SCARANO

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Il ciclo lunare: colui che ti salva quando non mestrui

Il ciclo lunare: colui che ti salva quando non mestrui

Lo sapevi che anche nelle fasi di vita in cui non mestrui (gravidanza, amenorrea da allattamento, da stress o da pillola, menopausa) sei ugualmente ciclica, proprio allo stesso modo? Ogni mese attraversi comunque 4 fasi caratterizzate dalle stesse energie delle fasi ormonali. Ma com'è possibile? Le fasi lunari ci influenzano tutti Anche gli uomini sono ciclici! Sì, perché ogni essere vivente è influenzato dalle fasi lunari (i contadini l'han sempre saputo) e non c'è nulla di esoterico. Esattamente come i cicli lunari influenzano le maree, ti ricordo che il nostro corpo è costituito dal 70% di acqua; non è poco, vero? Le fasi lunari smuovono quindi anche le maree delle nostre emozioni. Non è un caso neanche che il ciclo lunare e il ciclo mestruale abbiano una durata media identica (29,5 giorni). Ed ecco che nelle 4 fasi della luna possiamo ritrovare le energie delle 4 fasi ormonali, delle 4 stagioni, dei 4 archetipi del ciclo mestruale (di Miranda Gray), dei 4 elementi della natura, dei 4 punti cardinali e delle 4 fasi della giornata. Vediamole nel dettaglio: Luna nera o luna nuova: è la prima fase del ciclo lunare, quando la luna è completamente oscurata. Questo buio e questa staticità corrispondono energeticamente alla fase mestruale, alla stagione invernale, all'archetipo della Crona o Megera, all'elemento terra, al Nord e alla notte; tutte parole che richiamano riposo e raccoglimento. Luna crescente: è la seconda fase del ciclo lunare, quando la luna inizia pian piano a crescere e, da uno spicchietto, diventa sempre più luminosa (luna gibbosa crescente). Quest'energia "giovane" e frizzante che ci parla di nuovi inizi, di spensieratezza, leggerezza e giocosità corrisponde alla fase follicolare o post-mestruale, alla stagione primaverile, all'archetipo della Fanciulla, all'elemento aria, all'Est e alla mattina. Luna piena: è la terza fase del ciclo lunare, quando la luna raggiunge il suo apice di luce. Tutto è amplificato, anche i profumi emessi da fiori e piante. Questo momento di massima espansione corrisponde energeticamente alla fase ovulatoria in cui solitamente siamo più aperte, espansive, amorevoli e pazienti; alla stagione estiva, all'archetipo della Madre (intesa come creatrice anche di un progetto), all'elemento fuoco, al Sud e al mezzogiorno. Luna calante: è l'ultima fase del ciclo lunare, quando la luce della luna ricomincia a diminuire fino a diventare completamente oscurata. Questo momento di discesa e di ritorno all'oscurità che ci parla di riposo e di lasciare andare corrisponde energeticamente alla fase premestruale, alla stagione autunnale, all'archetipo dell'Incantatrice, all'elemento acqua, all'Ovest e al pomeriggio/sera. In questa fase potresti sentire il bisogno di buttare e di fare ordine (anche nelle relazioni interpersonali). Le hai sentite le corrispondenze energetiche tra gli elementi di ogni fase? Ti richiamano qualcosa di simile? E' importante segnalare che ti potresti sentire diversamente nelle varie fasi lunari o ormonali, rispetto alle sensazioni descritte. Questo perché siamo tutte diverse e nessuna di noi è sbagliata, quindi ognuna di noi vive le fasi in un modo suo. Le energie riportate sono quelle in cui si rispecchia la maggior parte della popolazione ma se tu le vivi diversamente va benissimo così. Ecco che qui entra in gioco ancora una volta la mappatura (se non sai cos'è, ti invito a leggere il mio articolo su cos'è la mappatura e come può aiutarti) con la quale potrai capire come tu vivi anche ogni fase lunare. Dopo qualche mese potresti iniziare a notare un pattern che si ripete nelle varie fasi. Magari in una particolare fase lunare sei super creativa e hai 1000 intuizioni o in un'altra sei rabbiosa e nessuno ti si può avvicinare. Pensa alle potenzialità di saper prevedere questi cambiamenti e poterli sfruttare a livello lavorativo e anche personale, esattamente come con il ciclo mestruale. Non sempre è facile sapersi leggere ed ascoltare, perché prese dalla routine quotidiana non ci prendiamo mai un momento per chiederci come stiamo. La mappatura ci aiuta a trovare quel momento e chi ha comunque difficoltà a mapparsi o soprattutto a sfruttare poi al massimo i risultati della mappatura, può rivolgersi ad un life coach specializzato in ciclicità. Se ti trovi in una fase di vita in cui per qualsiasi ragione non hai un ciclo ormonale, ti invito quindi a connetterti al ciclo lunare; impara a guardare la luna fuori dalla finestra, a vedere come cambia durante il mese e come cambi tu insieme a lei. A me questa pratica ha salvato quando stavo allattando e non avevo ancora avuto il capoparto e sono sicura che potrà aiutare anche te. PAOLA GHILARDINI - Life coach al femminile

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Che lavoro fanno i muscoli del pavimento pelvico

Che lavoro fanno i muscoli del pavimento pelvico

Non esistono differenze tra la muscolatura perineale profonda (cioè del pavimento pelvico) maschile e femminile: quella superficiale invece mostra delle differenze. In questa sede parliamo della muscolatura del pavimento pelvico femminile nominando le differenze con quella maschile. Ma partiamo dall’inizio: i muscoli del pavimento pelvico chiudono il bacino dal basso, sono una sorta di amaca contenitiva che sostiene gli organi interni. Ciascun muscolo ha una funzione tutta sua, e anche quando sembrano simili tra loro, non lo sono affatto. Basti immaginare i muscoli del pavimento pelvico come ai muscoli che muovono le dita di una mano: muovere un pollice o muovere un mignolo non è la stessa cosa.   Avere coscienza e riconoscere i muscoli del pavimento pelvico è molto difficile per due ragioni principali: 1) Sono all’interno del nostro corpo e non si vedono. 2) Non ci è stato insegnato a riconoscerli da piccoli.   Come risolvere?   Innanzitutto dando loro un nome e poi scoprendo che lavoro fanno. Tra parentesi ho inserito la funzione maschile dello stesso muscolo. Bulbocavernoso: Compressione ed erezione della clitoride (o del pene) ed il restringimento del canale vaginale (o emissione urina e sperma). Ischiocavernoso: Compressione ed erezione della clitoride (o del pene) Trasverso superficiale e profondo del perineo: Questi due muscoli hanno il compito di stabilizzare il centro tendineo e sono coinvolti nella risposta sessuale, infatti contraendosi mettono in tensione tutta l’area perineale Sfintere dell’uretra: Chiusura dell’uretra, compressione della vagina e delle ghiandole vestibolari (chiusura dell’uretra, compressione della prostata e delle ghiandole bulbo uretrali) Coccigeo: Flessione delle articolazioni del coccige, innalzamento e sostegno del pavimento pelvico Ileococcigeo, Pubococcigeo e Sfintere anale esterno: Insieme formano il muscolo Elevatore dell’ano: Ileo e Pubo hanno funzione di supporto agli organi pelvici, flessione del coccige, innalzamento e retrazione dell’ano e tendono il pavimento pelvico. Lo sfintere anale chiude l’orifizio anale. Esistono molti siti gratuiti che permettono di osservare in 3D le sezioni del corpo umano, con una breve ricerca online se ne trovano alcuni molto validi: il mio consiglio è di andare a guardare dove sono e ricordarsi che lavoro fanno. Ma perchè è così importante prendersi cura del pavimento pelvico? Perchè il processo di invecchiamento è inevitabile, e con esso si perdono molte funzionalità, comprese quelle più basilari come ad esempio flettersi, portare dei pesi o deambulare. In tutte queste funzioni sono coinvolti i muscoli del pavimento pelvico, molto di più di quanto non si pensi; ma questi muscoli coinvolti anche in funzioni primarie quali minzione, defecazione e attività sessuale: non averne coscienza e controllo significa invecchiare con enormi difficoltà nella gestione di queste funzioni, creando situazioni che possono diventare avvilenti ed umilianti per chi le subisce.   FRANCESCA BANCHELLI

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Le mie migliori letture del 2023

Le mie migliori letture del 2023

Dicembre è alle porte ed è tempo di bilanci, è già uscito il Wrapped di Spotify, a breve il nostro Google Immagini farà la sintesi dei nostri migliori momenti dell’anno: insomma, è arrivato il tempo della nostalgia o di quel desiderio insidioso di andare avanti e farsi guidare dalla curiosità di un nuovo anno.  Infine, è arrivato anche il momento della TOP TEN delle migliori letture di questo 2023, di cui sono molto soddisfatta, soprattutto per la quantità inestimabile di scrittrici che mi hanno aiutata a tessere le trame della mia vita. Ma bando alle ciance, qui di seguito l’elenco dei libri più belli per me letti quest’anno, in ordine decrescente, dalla posizione numero 10 alla pole position.  10 - Piccole cose connesse al peccato di Lorena Spampinato.Questo libro mi ha portato indietro negli anni, a quando ero adolescente, alla scoperta del corpo rivelato tramite il corpo altrui, alla scoperta del desiderio maschile suggellata dal corteggiamento, dalla validazione, dal senso inarrestabile del primeggiare, rivaleggiare tra amiche. Se non potrà essere mio allora non potrà nemmeno essere tuo. Se non potrà essere mio allora dirò chi realmente sei, solamente una poco di buono. Ambientato in un’estate di mare in un piccolo paese della Sicilia, immersivo, afferente alla nostra memoria storica e adolescenziale. “Mai penserebbe a quanto può essere triste - ridicola, disperata - una mattina d’estate quando si è solo ragazze”. 9 - Farmaco di Almudena Sanchez Questa è la storia autobiografica della scrittrice che, con toni sentimentali e ironici insieme, racconta dei suoi disturbi mentali. Credo ci sia tanto bisogno di narrazioni femminili che parlino in modo aperto e sconfinato della depressione, dell’ansia, degli attacchi di panico, delle sedute da una psicoterapeuta o da una psichiatra. La forza dei memoir non è tanto nel senso di immedesimazione, nel sentimento di appartenenza alla stessa sfera emotiva dell’evento narrato, sta piuttosto nella rappresentazione. Abbiamo bisogno di più donne rappresentate, di più donne con malattie mentali rappresentate, per rendere sempre meno intensa la colpevolizzazione indotta da chi ci sta accanto - non siamo meno forti, siamo anche fragili. 8 - L’ultima nomade di Shugri Said Salh Sono stata affascinata, ammaliata e trasportata nelle atmosfere descritte da Shugri in questo libro in cui racconta la sua vita, a partire dall’infanzia trascorsa nel deserto somalo insieme a sua nonna che faceva parte di una tribù nomade. C’è tutto lo spazio della Somalia, l’arte di sopravvivere nel deserto, l’insegnamento più grande che qui - con occhi occidentali e colonialisti - non riusciamo mai a cogliere per intero, che è quello di sentirci fortunati con l’abbondanza e il tanto di tutto che possediamo e viviamo. Shugri è una bambina felice nel deserto con sua nonna, che le tramanda le tradizioni, la conoscenza degli animali più feroci, delle stelle nel cielo, dei canti e dei balli attorno al fuoco la sera. La Somalia, però, è un Paese in estrema difficoltà. Presto, salirà al potere un dittatore che porterà il popolo somalo ad una sanguinosa guerra civile. Shugri, dopo un faticoso viaggio verso il Sud insieme a parte della sua famiglia, riesce infine a scappare in Canada, per stabilirsi poi in California. La narrazione, per contrasto, si sposta in America, dove le notti nel deserto sembrano un lontano ricordo, mai però dimenticato. Dolce, intimo, da leggere con lo sguardo più decostruito possibile. 7 - Vicoli della memoria di Conceicao Evaristo Maria vive in una favela del Brasile e va a scuola felice di andarci quando, con l’arroganza e la violenza che li e ci contraddistingue, i padroni bianchi inviano un mandato di demolizione delle baracche. Questo testo raccoglie le storie viste dagli occhi di Maria, donne, uomini, bambini, domestiche, prostitute, ladri, gente qualunque, che vive nella miseria, nella sporcizia, senz’acqua, persone che vedono le proprie case crollare, quello zinco e quel legno ridursi a niente. Ma non c’è mai una vera fine se c’è la comunità. La narrazione ci restituisce il senso di collettività ma soprattutto la consapevolezza di quanto male abbia fatto la colonizzazione e quanto male continua a fare il suprematismo bianco, dimenticando in continuazione il valore della vita di ogni essere umano che nasce a questo mondo. 6 - Le piccole virtù di Natalia Ginzburg. È una raccolta di racconti in cui Ginzburg dà il meglio di sé. Una delle scrittrici più potenti del nostro Novecento, una delle più brave, intime, di quelle che con le parole sanno scendere fino nel profondo, raccoglierlo e tornare in superficie con le immagini migliori. Qui sono raccolti degli scritti d’occasione, composti tra il 1944 e il 1960, e l'autrice riflette sulle relazioni, sugli affetti, sulla società in generale. “Era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m’è sfuggito per sempre, solo adesso lo so”. Direi che ci potremmo sentire tutte rappresentate da questa frase.  5 - La vita altrove di Guadalupe Nettel. Amo follemente la narrazione di Nettel: questa che vi consiglio è una raccolta di racconti che ha al centro il tema degli erranti che navigano dentro di noi, spingono per uscire, talvolta fanno capolino desiderosi di aria, presupponendo più ossigeno al di sopra delle cantine in cui li releghiamo. Tutti quei nostri “io” che seppelliamo perché anche solo a pensare di farli vivere, anche solo a immaginare una prospettiva altra, moriamo un po’. Forse moriremmo di meraviglia per davveroi. C’è un’immagine in particolare che credo non dimenticherò mai: la potenza delle ali di un albatros. Uscirete dalla lettura di questo libro con una sconfinata voglia di vedere un documentario sulle ali degli albatros. La potenza, la dimestichezza con la natura, con l’elemento essenziale. Lì dove tutto sembra funzionale a procedere, mentre noi umani a volte ci fermiamo, ci incastoniamo, sappiamo solo immaginare una vita altrove non riuscendo più a vedere la vita qui. 4 - Caro stronzo di Virginie Despentes. Despentes è una delle voci contemporanee francesi più dissidenti nella scrittura. Talvolta dissacrante, talvolta scandalosa, considerata troppo o eccessiva o imparentata con un certo tipo di femminismo radicale, ma pur sempre una pensatrice che riesce a riportare certe questioni - quelle sociali, quelle dei diritti - nel punto giusto al momento giusto sotto la luce giusta. I personaggi di questo libro sono tre e le loro storie ben assestate, architettate secondo il rigoroso assioma dell’ordine narrativo. Due protagoniste donne, una adulta e una adolescente, una disillusa o interprete della realtà delle donne e l’altra femminista, e un uomo, al centro di una complicata accusa. “E oggi non mi do tregua. So bene che nel mondo stanno succedendo cose importanti”, tra cui la presa di coscienza collettiva della violenza di genere. Sarebbe bello scrivere il nostro Caro stronzo.  3 - Dalla parte di lei di Alba de Cespedes. Da quando ho letto per la prima volta Quaderno prooibito, Alba de Cespedes è entrata a pieno titolo nel podio delle mie scrittrici italiane preferite di sempre. La sua scrittura è al tempo stesso testimonianza e ponte. De Cespedes ci racconta - sfidando talvolta la censura fascista - il ruolo delle donne durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Grazie ai suoi libri riusciamo a ricostruire i piccoli drammi, la quotidianità, l’intimità, gli innamoramenti, le speranze, i ripensamenti delle donne di città. De Cespedes racconta molto delle donne di Roma, le piccole borghesi, del desiderio di trovare uno spazio che - seppure confinato solo a quello amoroso - sia il più possibile sincero, pulito, aderente al proprio sentire. Non ho potuto fare a meno di essere dalla parte di lei, perché non posso fare a meno di essere da una certa parte della storia, da una certa parte del genere, da una certa parte dove il cuore batte forte, dove il racconto non cela la realtà, dove esprimersi è occasione per rivendicare sé stesse e dove i tentativi di spiegare la profondità dell’anima non restano altro che una misera illusione. Forse il finale rimane il più inaspettato, non googlate per non avere spoiler.  2 - Memorie d’una ragazza perbene di Simone de Beauvoir.Ricordo ancora i giorni delle vacanze di Pasqua, sotto le coperte del letto nella mia camera di bambina, a leggere senza mai riuscire a smettere questo testo di de Beauvoir. Non so ancora bene a quale parte di me la sua narrazione abbia parlato così a lungo, quale emozione incastonata nei ricordi abbia intercettato, so solo che se si cerca un libro in cui specchiare la propria adolescenza che si frantuma per fare spazio a un certo tipo di adultità, questa narrazione è potente, inclemente, vivida, vera come solo le autobiografie riescono a narrare. Un concerto di vicinanza, attesa, promiscuità, leggere Memorie è un tuffo dove tutto è davvero ancora blu.  1 - Girlhood di Melissa Febos Il mio preferito senza alcun dubbio. Dovessi provare a scrivere qualcosa di sensato oggi forse vorrei avere la capacità di Febos di attingere dal personale per farne saggistica, per farne politica, per farne rivoluzione. Parla di adolescenza, di corpo delle donne, di violenza, di abuso, di trauma, di isolamento, di vergogna, e ne parla dal punto di vista di chi non ha mai saputo cosa fare del proprio stesso corpo, della propria stessa carne, dei propri stessi sentimenti, dei propri stessi tormenti. Certe esperienze ci accomunano, ce le tramandiamo come in una staffetta perfetta, ma sembra che non arriva mai il traguardo, sembra che siamo destinate sempre a correre, scambiarci di mano il testimone, avere gli occhi indietro per non dimenticare la strada fatta, e rivolgere lo sguardo poi di nuovo avanti, per scoprire il pezzo che manca. Attualmente infinito. Questo libro è per chiunque abbia voglia di capirci un po’ di più. Non lo dimenticherò facilmente.  Nel produrre questa lista mi sono resa conto di quanto siano impietose le TOP TEN, ti costringono a fare una cernita considerata sul millimetro, a ricordare nel dettaglio la combinazione di scrittura ed emozione del momento. Posso quindi dire di aver lasciato fuori tante altre letture che lo stesso consiglierei e che magari consiglierò in altre occasioni. Ho preferito, inoltre, non indicare testi di saggistica, ma molte pensatrici e teoriche della politica femminista come bell hooks, Audre Lord, Angela Davis e tante altre mi hanno fatto compagnia, ricordandomi il senso della collettività e dello stare al mondo.  Spero che le mie proposte vi possano incuriosire e soprattutto vi faccio tanti auguri per le imminenti feste natalizie e per il nuovo anno. Ché un libro possa accompagnarvi sempre!   CLARA MARZIALI

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Depilazione e mestruazioni

Depilazione e mestruazioni

Hai mai sentito dire che durante le mestruazioni è vietato sfoderare il rasoio? O che depilarsi potrebbe trasformare un flusso mestruale tranquillo in una cascata inarrestabile? Bene, è il momento di mettere fine a questi miti che hanno terrorizzato le donne per troppo tempo. Prendi il tuo rasoio e preparati a sfatare le leggende della depilazione durante il ciclo! Mito 1: Non si può fare la depilazione durante il ciclo mestruale. Questo mito è più radicato di un pelo incarnito, ma la verità è che non c'è alcuna ragione medica per evitare la depilazione durante le mestruazioni. La scelta di depilarsi o meno dipende dalle preferenze personali e dal comfort della persona. Non ci sono rischi sanitari associati alla depilazione durante questo periodo. Quindi, se hai voglia di sfoggiare gambe lisce e luminose durante il tuo ciclo, vai avanti senza paura! Mito 2: La depilazione rende il flusso mestruale più abbondante. Un mito che meriterebbe di essere depilato dalla nostra mente! La depilazione non ha alcun impatto sul flusso mestruale. Quest'ultimo è determinato da fattori come gli ormoni e la salute generale dell'individuo, e non da quanti peli decidi di eliminare. Quindi, se pensavi che la depilazione potesse trasformare il tuo flusso in un fiume impetuoso, puoi stare tranquilla. La realtà è molto meno drammatica di quanto si possa immaginare. Mito 3: La depilazione durante le mestruazioni è più dolorosa. È ora di sfatare il mito della depilazione "dolorosa" durante il ciclo. Dal punto di vista scientifico, non c'è alcuna base per questa affermazione. Tuttavia, è vero che durante le mestruazioni, alcune persone potrebbero sperimentare una maggiore sensibilità della pelle o una maggiore sensibilità al dolore. In tal caso, non temere! Puoi adottare alcuni accorgimenti, come l'utilizzo di prodotti specifici per pelli sensibili o optare per metodi di depilazione che causano meno fastidio, come il buon vecchio rasoio. È fondamentale ricordare che le mestruazioni e la depilazione sono affari personali. Ogni individuo ha il diritto di prendere decisioni basate sulle proprie preferenze e il proprio comfort. Quindi, se preferisci lasciare che la natura segua il suo corso senza interferenze, vai avanti. Al contrario, se vuoi sfoggiare una pelle liscia anche durante il ciclo, niente ti ferma! Inoltre, sappiamo che durante le mestruazioni le donne possono affrontare una serie di sfide, e la depilazione non dovrebbe certo aggiungersi alla lista. Quindi, rilassati, prenditi cura di te stessa e ricorda che la bellezza è soggettiva. Sei libera di abbracciare la tua femminilità in ogni momento del mese, peli o no. In conclusione, è tempo di dire addio ai miti imbarazzanti e abbracciare la verità scientifica. La depilazione durante le mestruazioni è completamente sicura, e qualsiasi decisione tu prenda riguardo alla tua bellezza personale è la decisione giusta. Non lasciare che miti senza senso ti implichino nel tuo percorso di autostima e benessere. Pelosa o rasata, sei stupenda a modo tuo!

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Parliamo di grassofobia con Lara Lago

Parliamo di grassofobia con Lara Lago

La giornalista, autrice del libro “Il peso in avanti”, si impegna da anni nella lotta contro la grassofobia e gli stereotipi che riguardano i corpi grassi La grassofobia è all’ordine del giorno: siamo immersi in una società pregna di cultura della dieta, di modelle magrissime e che discrimina e isola le persone grasse in ogni ambito, dal lavoro, alla scuola, al campo medico. Il corpo grasso viene visto come un corpo colpevole, malato, che bisogna “migliorare” a priori, quando non è così. Un racconto che vale la pena leggere e che vi invito a leggere è “Il peso in avanti”,    dove Lara Lago ci parla delle sue esperienze, all’estero e non, e di come tutto questo abbia portato all’inizio di una storia d’amore col proprio corpo. Quando Lara si ritrova ad Amsterdam per lavoro, realizza che lì non solo regna la meritocrazia, ma il suo corpo, il modo in cui si veste, si trucca, non sono più rilevanti. Finalmente è libera di essere se stessa, senza usare il corpo come strumento. Ho chiamato Lara per approfondire insieme le diverse sfaccettature della grassofobia.   Nel tuo libro “Il peso in avanti” parli  della tua esperienza lavorativa all’estero: alla luce di questo, come pensi debba cambiare il contesto lavorativo italiano? Uno dei problemi, sempre relativo ai corpi, è che tante aziende, tante realtà implicano la partecipazione della tua immagine: anche se siamo nel 2023 non mancano gli annunci di lavoro con “richiesta di bella presenza”, oppure ci sono catene di intimo dove richiedono alle commesse di lavorare sempre con i capelli sciolti, di non farsi la coda, perché non dai l’immagine di sensualità ed eleganza del brand. Nel mio libro racconto infatti che la mia sensazione era che il mio corpo, soprattutto quando lavoravo nel giornalismo locale, fosse uno strumento di lavoro così come lo era il mio computer. Se viviamo in una società patriarcale come la nostra, il corpo femminile è più bello (il cosiddetto pretty privilege): più sono bella, più l’estetica mi apre delle porte. Come risolvere la questione? Non dando importanza all'esteriorità e non pensando che esista un physique du rôle per fare un determinato lavoro. Per un periodo ho lavorato come anchorwoman, leggevo le notizie al telegiornale, ma vi invito a pensare: quante persone grasse avete mai visto in televisione? Le giornaliste che vediamo sono sempre belle, non portano solo notizie, ma lavorano col proprio corpo.   Il cambiamento potrebbe partire educando le nuove generazioni, partendo dalla scuola, ad esempio. Come pensi si possa fare? Nell’ultimo anno mi sono successe due cose: una è che tante mamme mi hanno scritto, per esempio: “Mia figlia ha 5 anni ed è tornata da casa piangendo dall’asilo perché le hanno detto che è grassa” e mi chiedono consiglio su come deve rispondere alla bambina . Il consiglio che do è sempre quello di normalizzare e rendere naturale il più possibile una condizione fisica. Se alla bambina dicono “sei grassa”,  che lei risponda: “Si, sono grassa”, se è davvero così, così come tu hai capelli marroni o tu sei alto o sei basso.. è una caratteristica del mio corpo”. Bisogna togliere la connotazione negativa e oppositiva alla parola grasso e ridurla ad aggettivo che descrive il mio corpo. L’altra cosa mi è successa quest’anno a dicembre: l’incontro con una scuola di Verona nel quale abbiamo parlato di grassofobia e bullismo in un teatro, di fronte a una platea di 400 persone con ragazzi dai 12 ai 16 anni circa. Alla fine dell’incontro ho fatto girare una boule dove loro hanno scritto delle domande anonime scritte a penna. Una che mi è rimasta in mente è stata: “Come non sentirmi in colpa dopo aver mangiato”, la mia risposta è stata: “Cosa succede se non mangi? Muori. Quindi perché sentirti in colpa per un qualcosa che fa parte del tuo sostentamento?”, dentro questa domanda c’è del giudizio, è molto più che grassofobica la cosa, può essere il campanello d’allarme per un disturbo alimentare. Ci vuole un dialogo costante, bisogna normalizzare i giudizi, farli passare da giudizi ad aggettivi.   Il dialogo dovrebbe avvenire in primo luogo con le famiglie, perché spesso possono essere i primi antagonisti nel percorso di accettazione del proprio corpo. Qual è stata la tua esperienza con la tua famiglia? Invidio molto i bambini di questa generazione, perché le mamme hanno un pensiero più privo di stereotipi rispetto, ad esempio, mia madre. Prima di questi temi non se ne parlava, ma era tutto un grasso=malato, ed era tutto un “ stai attenta, non mangiare questo, non mangiare quello”. Io a 16 anni ho fatto la mia prima dieta dal nutrizionista e all’epoca non ero una bambina grassa, ma ero super bullizzata perché ero più grassa delle mie compagne, ma ero una 46-48. Oggi porto una 52. Io non mi sarei messa a dieta se ai tempi mi avessero detto:  “Tu hai un corpo più grande rispetto alle tue compagne di classe. Accettalo”. Ai tempi facevo nuoto, ginnastica artistica, ma avevo comunque un corpo diverso dalle altre. Mia mamma mi faceva spaccare di sport, ma- spoiler- il mio fisico non cambiava. Invece, quando ho espresso il desiderio a mia madre di voler fare la dieta, è stata subito d’accordo e sono entrata nella spirale delle diete, che ho continuato fino a 27 anni. La domanda che mi faccio ad oggi è: che cosa sarebbe successo al mio corpo se avessi lavorato per il mio corpo e mai contro, se non avessi lavorato per 11 anni con tutte le mie forze per cambiarlo, non riuscendoci, perché la sua forma è sempre tornata fuori. Il mio corpo è molto più stabile adesso che non cerco più di cambiarlo, perché il peso naturale alla fine si assesta, così come lo era il mio peso a 16 anni. Mi fa molto ridere quando parlo di grassofobia in ambienti che non hanno mai sentito parlare dell’argomento e mi chiedono sempre: “Ma tu non ti vorresti mettere a dieta?”. Io penso di avere il mio corpo anche per le diete che ho fatto.   Quali pensi siano quelle violenze invisibili che le persone grasse subiscono nel quotidiano?  Noi persone grasse viviamo delle microaggressioni e microviolenze tutti i giorni. Io per quieto vivere ho cercato di non pensarci, di accettarlo come dato di fatto. Quando ho iniziato a studiare maggiormente l’argomento ho pensato a degli eventi del passato, di quando avevo 15 anni, ma di cui non ho un ricordo così positivo. Ad esempio, nell’ambito delle relazioni il ragazzo che ti chiede di uscire, ma non lo dice in pubblico, e gli amici che gli chiedono se la porti al cinema, lui risponde: “No, perché devo prendere due posti”. E tutto questo mi fa ridere perché ai tempi ero una 46 di taglia. Il discorso relazionale riguarda anche le app di dating, dove alcuni dicono palesemente “no persone grasse”: di recente sono uscita con un ragazzo qualche mese fa che diceva: “Il tuo corpo piace molto”- senza capire che era una cosa problematica- come a dirmi “non più di così”. Poi passa una ragazza più grassa di me e dice: “lei per esempio è un pupazzo di neve” e io chiedo: “In che senso?” e lui: “Perché ha la palla della testa, la palla della pancia e la palla della parte sotto”, e questa per me è una microaggressione e stai criticando il corpo di una donna, mettendo un parametro, e so che negli anni ci penserò ancora. Altre violenze nei negozi: io non posso provarmi i vestiti nei negozi perché non c’è la mia taglia. Posso pure comprare dei jeans online e fare il reso con alcuni, ma è una cosa poco sostenibile e nei negozi non posso trovare molto. Poi c’è la grassofobia medica: il corpo grasso è l’origine di tutti i mali, anche se io sono stata fortunata (questo lo dico anche nel libro) quando ero preoccupata del mio peso il mio medico di base mi disse: “Tu stai bene? Sì”. “Hai scompensi? No”. “Ti senti che hai male da qualche parte? No”. “Allora non preoccuparti”. Però in altri contesti, tipo sei lì per una visita ginecologica e ti dicono: “Però dovresti dimagrire”; la cosa del peso aleggia e si riduce spesso a un “prima perdi peso, poi parliamo della patologia”. Altre microviolenze le si hanno quando si deve viaggiare: ad esempio, se hai un corpo infinifat (corpo che supera la XXXXXXL, ndr) puoi viaggiare solo in prima classe. Anche nella moda, va bene se il corpo è curvy, con un rotolino, Vanessa Incontrada è accettata, ma se è il corpo di “The whale”, il film, no. “Se sei così è colpa tua” non la levi a nessuno come idea.   ANTONELLA PATALANO

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Le eroine di Miyazaki : le icone femministe dello Studio Ghibli

Le eroine di Miyazaki : le icone femministe dello Studio Ghibli

Nel mondo del cinema d’animazione, pochi nomi risplendono con la stessa intensità di Hayao Miyazaki.   Grazie alla rassegna “Un mondo di sogni animati” organizzata da Lucky Red, quest’estate sono tornati al cinema cinque capolavori del regista premio Oscar. Un’occasione che non potevo certamente lasciarmi sfuggire, perciò sono subito corsa in sala a rivedere “Kiki – Consegne a domicilio” e “Si alza il vento”. La prima è una splendida storia di formazione, in cui tantissime persone e giovani donne possono immedesimarsi e cogliere una grande fonte d’ispirazione. La seconda si sofferma sulla vita di Jiro Horikoshi, l’ingegnere aeronautico giapponese che sogna di volare e progettare aeroplani durante la Seconda guerra mondiale. Durante la visione delle pellicole, non ho potuto far altro che innamorarmi ancora una volta di queste opere d’arte e, allo stesso tempo, accorgermi di come offrano enormi spunti di riflessione sulla figura della donna e sulla sua rappresentazione, molto più complessa rispetto a quella di altri cartoni animati. In una società come quella nipponica ancora legata ad un profondo sistema patriarcale, Miyazaki ha rappresentato con le trame e le protagoniste dei suoi film una ventata di cambiamento, trattando l’indipendenza femminile e la capacità delle donne di essere artefici del loro futuro. Tra le varie tematiche che fanno da filo conduttore a tutte le pellicole, come il pacifismo, l’ambientalismo e la politica, il tema del femminismo spicca fortemente e procede di pari passo con un messaggio universale di solidarietà, oltre qualunque differenza di genere, etnia e cultura. Ma vediamo perché le modalità con le quali Miyazaki rappresenta le donne sono così rilevanti: nella maggior parte dei suoi film, le protagoniste femminili possiedono diversi tratti in comune: sono donne forti, sognatrici e con uno sguardo sempre rivolto al futuro. Non parliamo di donzelle che hanno bisogno di un principe azzurro per essere salvate, ma di eroine moderne che si salvano da sole, ricercando l’indipendenza e l’autonomia; sono donne forti e orgogliose, pronte a combattere per ciò in cui credono e a sacrificarsi per il bene comune. Negli uomini cercano supporto, amicizia, mai la salvezza. In “Kiki Consegne a domicilio” viene narrata con grande delicatezza l’emancipazione della protagonista Kiki, una giovane strega che deve iniziare il suo praticantato e trasferirsi per un anno in una città lontana da casa. Come una qualunque ragazzina di 13 anni, Kiki è tormentata da molti dubbi e incertezze che la portano ad entrare in un periodo di crisi. Perde così i suoi poteri e la capacità di volare ma riesce a trovare la forza per superare le difficoltà da sola, senza nessuno al suo fianco. L’eroina più complessa e misteriosa dello Studio Ghibli è la protagonista del film “La Principessa Mononoke”. San, abbandonata ancora bambina e adottata da un gruppo di lupi, è una guerriera che combatte per difendere le foreste dalla distruzione. Eroica e impetuosa, spesso perde la pazienza facilmente ma sotto la sua apparenza da dura si nascondono un’umanità e una complessità veramente profonde.    Inoltre, non si può non citare Sophie, la protagonista del “Castello errante di Howl”. Sophie è una cappellaia molto insicura del proprio aspetto fisico. Un giorno la Strega delle Lande la maledice facendola invecchiare improvvisamente e costringendola a cercare il grande Mago Howl affinchè spezzi quell’incantesimo. L’eroina di questa fiaba non si farà fermare dalla propria insicurezza e dalle proprie fragilità ma le sfrutterà per affrontare gli ostacoli che le si presentano davanti. Intraprende a tutti gli effetti un percorso personale, che la porterà a capire l’importanza di amare ogni parte di sé, anche quando non ci piace per niente. Un’altra figura rilevante la troviamo nella “La Città Incantata”. Chihiro, una bambina di dieci anni che si trova catapultata in un mondo surreale, dove le aspetta il compito di salvare i suoi genitori e la sua stessa vita, affrontando entità sovrannaturali tre le più potenti della mitologia giapponese. La piccola Chihiro non ha bisogno di un eroe forte che l’aiuti, ma anzi, riesce perfettamente ad usare le sue capacità intellettive per sfuggire ai pericoli. Un’altra principessa senza principe azzurro è presente in “Nausicaa della Valle del vento”. La protagonista di questa storia è un’eroina pacifista, gentile, innamorata della natura, che lotta con caparbietà per difendere le specie che abitano la giungla. Nella rappresentazione narrativa e psicologica di queste protagoniste, Miyazaki insiste sulle caratteristiche intellettuali e personali, mettendo da parte gli stereotipi legati all’eccessiva sensibilità, all’amore o più semplicemente all’apparenza fisica: sono giovani adolescenti e donne forti, dotate di talento e personalità nelle quali il pubblico riesce a identificarsi proprio perché umane e, come tali, soggette a dubbi e fragilità ma anche cambiamenti e percorsi di maturazione.   Insomma, questo è solo uno dei tanti che aspetti che rende i film dello Studio Ghibli così speciali e che mi porta a considerarli dei veri e propri tesori culturali, per cui vi consiglio, se ancora non l’avete fatto, di andare a recuperare tutte le opere di questo studio d’animazione.   Marianna De Donno

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Che suono fa l’amore?

Che suono fa l’amore?

Che suono fa l’amore? Me lo chiedo spesso, sin da quella volta in cui ho sentito i suoi passi sul selciato mentre veniva verso di me. Sarà quello? Ho pensato, con le farfalle che sciamavano nello stomaco. Per un attimo ho creduto fosse la sua risata, troppo banale mi sono detta. Così come lo schioccare dei suoi baci prima sulla mia guancia, poi sulla mia bocca e fin dentro la mia anima. Quello sarà il suono della passione, come teneva a ricordarci la vicina quando ci incontrava, e ho sorriso mentre ci pensavo. Ciò di cui sono sicura è che l’amore non ha il suono delle sue urla, quelle che sono arrivate prima furtive tra le parole e poi hanno iniziato a far parte delle nostre giornate, ospiti insistenti e indesiderate. Le sento solo io? Mi sono chiesta più volte. Nessun altro pareva farci caso.  Poi è arrivato uno schiocco secco. No, non può essere quello. L’amore non schiocca sulla guancia. Non posso, non voglio convincermi del contrario. Un altro schiocco, un altro ancora, un tonfo, un click di costole che cambiano forma, lo scorrere di un rivolo in viso.  Nel tempo mi ero convinta che il suono dell’amore l’avrei riconosciuto subito: cristallino, come quando le dita umide scorrono sul bordo del bicchiere, o magari un trillo che risveglia i sensi intorpiditi.  Non ho mai pensato che l’amore fosse uno scoppio, un boato, un frastuono così forte, una sirena che lampeggia e urla nella notte… In lontananza, mi è parso di sentire un telegiornale che parlava di me e la voce della vicina che accompagnava le parole “delitto passionale”. Eh no, Signora, proprio lei dovrebbe saperlo che il suono della passione non assomiglia affatto a quello di uno sparo. Che suono fa l’amore? Scopritelo voi per me e poi, vi prego, fatelo sapere a tutti.   EMILIA BIFANO

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5 Azioni essenziali per ottenere la certificazione di parità di genere e rendere il luogo di lavoro più inclusivo

5 Azioni essenziali per ottenere la certificazione di parità di genere e rendere il luogo di lavoro più inclusivo

La parità di genere nel luogo di lavoro non è solo una questione di giustizia, ma anche una scelta strategica per il successo dell'azienda. Un ambiente di lavoro equo ed inclusivo può portare a una maggiore produttività, soddisfazione e lealtà dei dipendenti. Ecco cinque azioni che ogni azienda dovrebbe considerare per avvicinarsi all'obiettivo di parità di genere: 1. Inserire Dispenser di Assorbenti Organici nei Bagni AziendaliCome discusso in un precedente articolo, garantire la disponibilità di assorbenti organici nei bagni è una chiara dimostrazione del supporto alle esigenze femminili. Questa semplice azione può fare una grande differenza nella vita quotidiana delle dipendenti, offrendo loro un ambiente di lavoro più confortevole e attento alle loro necessità. 2. Formazione sulla Parità di Genere e SensibilizzazioneLa formazione è fondamentale per creare una cultura aziendale basata sull'uguaglianza. Offri corsi regolari ai tuoi dipendenti per sensibilizzarli sulla parità di genere, sulle questioni legate alla diversità e sull'importanza dell'inclusione. Questo aiuterà a prevenire discriminazioni e pregiudizi, creando un ambiente di lavoro più armonioso. 3. Rivedere le Politiche Aziendali sulle Pari OpportunitàAssicurati che le tue politiche aziendali, dai processi di assunzione alle promozioni, siano trasparenti e prive di discriminazioni di genere. Implementa processi di selezione cieca e considera programmi di mentorship per supportare le donne in carriera. 4. Promuovere la Flessibilità sul LavoroLa flessibilità lavorativa, come orari flessibili, lavoro da casa e congedo parentale esteso, può essere un enorme vantaggio per tutti i dipendenti, ma in particolare per le donne che spesso si trovano a gestire equilibri familiari complessi. Queste politiche possono contribuire a ridurre il divario di genere nel mondo del lavoro. 5. Monitorare e Valutare RegolarmenteStabilisci indicatori chiave di performance (KPI) legati alla parità di genere e valuta regolarmente i progressi. Questo può includere la percentuale di donne in ruoli dirigenziali, il divario retributivo di genere o la soddisfazione delle dipendenti. In conclusione, la parità di genere nel luogo di lavoro non è un traguardo utopico, ma un obiettivo tangibile che può essere raggiunto con impegno e azioni concrete. Ogni passo in questa direzione non solo rafforza l'immagine e la reputazione dell'azienda, ma contribuisce anche a un futuro più equo e prospero per tutti.

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