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Periodica Magazine: lo spazio per il dialogo aperto

Il diritto di contare: chi conta veramente?

Il diritto di contare: chi conta veramente?

In 64 anni è cambiato qualcosa nel mondo del lavoro? Mi spiego meglio: è cambiato qualcosa nel mondo del lavoro per le donne? Siamo migliorati o guardiamo ancora il colore della pelle? Siamo al passo con i tempi? Perché, anche se si parla di pari opportunità nella nostra Costituzione, il divario salariale è una realtà concreta? 1961: siamo nel pieno della segregazione razziale negli Stati Uniti d'America. Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe) sono tre matematiche afroamericane che lavorano alla "West Area Computers". Quando Vivian Mitchell (Kirsten Dunst), donna bianca supervisore di Katherine, la trasferisce allo "Space Task Group" per assistere la squadra di Al Harrison (Kevin Costner), Katherine sarà la prima donna nera a lavorare in un gruppo di soli uomini, in un edificio in cui i bagni per uomini e donne di colore non hanno mai visto dimora. Il diritto di contare: una storia del passato che parla al presente Con un film candidato a tre premi Oscar (tra cui quello per il miglior film) e a due Golden Globe, nel 2016 Theodore Melfi ci porta dentro un racconto riflessivo, struggente e potentissimo, grazie anche alle grandi interpretazioni di un cast stellare. Un racconto che pur narrando una vera storia passata, da ben 64 anni, ha purtroppo degli spunti riflessivi nel mondo odierno.  Siamo nel 2025, in Italia: All'articolo 37 della Costituzione si recita di parità salariale per donne e Uomini; Si promuove la Legge 903/1977 parlando  di "Parità di Trattamento"; Si introducono misure per favorire l'inserimento delle donne nel lavoro con la legge 125/1991; Si prende parte alla Direttiva Europea 2006/54/CE la quale nomina le "Pari Opportunità". Un paese che nel 2022 introduce un bonus per aziende al fine di introdurre politiche di "Pari Opportunità". La domanda allora è una: perché ci serve un bonus per aziende che le introducano? Anzi due: perché ancora nei colloqui chiediamo ad una donna di 30 anni se ha intenzione di avere figli? E infine: perché i paesi del Nord Europa hanno opportunità migliori rispetto a noi? Ma non ho finito: perchè in Italia una donna guadagna in media 16 centesimi per ogni euro percepito da un uomo, occupando il 20% dei posti di lavoro in meno dopo i 30 anni?  Perché? Perché? Perché? Nonostante lo sanciscano delle leggi, questa è una realtà. Dopo i 30 anni è più difficile trovare lavoro. Tante tante candidature, centinaia, dieci risposte, narranti un profilo non in linea. Spoiler: ti candidi, leggendo bene quell'offerta verificando di essere in linea con le skill richieste. La realtà è che ancora vai a fare colloqui in cui ti chiedono se hai intenzione di avere figli, perchè hai 30 anni e sei in età fertile. La verità è che alcuni si permettono di dirti "sì, ma tieni le gambe chiuse" perché stai per sostituire una maternità. La cruda verità è che vai a lavorare in un'azienda anche se non volevano una donna perchè rimane incinta. Il diritto di contare: si può fare e si fa! In un momento di grande intensità, che riflette i principali temi affrontati dal film, Katherine torna in ufficio a lavorare dopo essere andata in bagno. Dall'edificio a fianco, a mezzo chilometro di distanza, a piedi, fradicia di pioggia. Una volta tornata il suo capo, un Kevin Costner ordinario, chiede perché ci metta tutto questo tempo ogni volta, in tono accusatorio. "Lavoro come un mulo, giorno e notte, bevo caffè da una caffettiera che nessuno di voi vuole nemmeno toccare, e tutto questo mentre corro per mezzo chilometro ogni giorno solo per andare in bagno!" Le parole di Katherine sono toccanti, disperate, accusatorie ma reali. Racchiudono tutto il suo coraggio, il suo diritto di contare. Ci portano a riflettere su un ostacolo ancora troppo reale, la differenza di colore. Ci portano a riflettere oltretutto su ciò di cui abbiamo parlato precedentemente. Lavoriamo come dei muli, ogni giorno. Se non lavoriamo perché siamo state licenziate lavoriamo ogni giorno per trovare lavoro. Si è un lavoro ve lo assicuro, soprattutto quando devi vendere te stessa a un HR che annota nel tuo curriculum il fatto che non hai figli.  Nonostante le leggi menzionate, il divario salariale, seppur minimo direte, ma che aumenta al 26% nelle posizioni di vertice, è un problema che rimane. Dove? Perché? Perché è un problema culturale, sottoculturale, perché c'è bisogno di proporre bonus, perché ancora ci si permette di fare certe domande. Perchè ancora l'uomo da molti è visto come colui che porta il pane a casa. Spoiler: donne single in carriera hanno figli e li fanno mangiare quotidianamente, una tra tutte Sheryl Sandberg ex COO di Meta (Facebook), promotrice di politiche di inclusione per madri lavoratrici e autrice del bestseller "Lean In".   

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Assorbenti: dove si buttano davvero?

Assorbenti: dove si buttano davvero?

Dove si buttano gli assorbenti? La risposta non è sempre la stessa: i tradizionali vanno nell’indifferenziata, mentre i compostabili possono spesso essere smaltiti nell’organico. È però importante verificare le regole del proprio comune, perché non tutte le raccolte differenziate sono aggiornate. Anche quando finiscono nel secco residuo, gli assorbenti compostabili restano una scelta ecologica: non rilasciano plastica e non inquinano l’ambiente.

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Perché con l’assorbente interno il ciclo sembra finire prima?

Perché con l’assorbente interno il ciclo sembra finire prima?

Molte persone notano che usando un assorbente interno il ciclo sembra finire prima. In realtà non è così: il tampone non accorcia il ciclo, ma trattiene internamente il flusso, riducendo la percezione delle perdite. Negli ultimi giorni, quando il flusso è minimo, questa differenza è ancora più evidente. È importante ricordare che la durata biologica delle mestruazioni non cambia e che l’uso dei tamponi richiede sempre attenzione e rispetto delle regole di sicurezza.

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La Candida: un’intrusa silenziosa che tuttə dovremmo conoscere

La Candida: un’intrusa silenziosa che tuttə dovremmo conoscere

Tutti i giorni ognunə di noi convive con miliardi di microrganismi: alcuni amici fedeli, altri, invece, possono diventare degli ospiti davvero indesiderati.  La Candida, infatti, si distingue per la sua subdola capacità di trasformarsi da coinquilina innocua a fastidioso nemico, portando scompiglio non solo nella nostra flora intestinale, ma in gran parte del nostro organismo.  Che cos’è la Candida? La Candida è un lievito, un fungo unicellulare normalmente presente sulla pelle, a livello della mucosa orale e genitale e nel tratto gastrointestinale.  La specie più comune è la Candida albicans, ma esistono anche C. glabrata, C. krusei e la temibile C. auris, emergente e spesso multiresistente agli antifungini standard. Finché questo patogeno rimane in equilibrio con il resto del microbiota – cioè l’insieme dei microrganismi presenti dentro di noi - non provoca alcun fastidio.  Quando, però, qualcosa rompe questa armonia, come antibiotici, diete squilibrate o stress, ecco che la Candida si può trasformare in un invasore capace di provocare diversi problemi, dando origine alla candidosi. La candidosi è solo femminile?  Quando si parla di Candida, molti pensano automaticamente a un disturbo “da donne”.  La realtà è, però, un’altra: anche gli uomini possono sviluppare candidosi e questo non di rado. Nel pene si manifesta in particolare a livello del glande, da cui il termine balanite da Candida o balanopostite se coinvolge anche il prepuzio. Quali sono i fattori di rischio e le cause dello sviluppo di una candidosi? La candidosi insorge quando la Candida trova condizioni favorevoli per moltiplicarsi e superare le difese del sistema immunitario e del microbiota.  I principali fattori che ne favoriscono lo sviluppo includono: Sistema immunitario compromesso, a causa di condizioni quali: HIV/AIDS; trapianti d’organo; malattie croniche che rendono più vulnerabili all’infezione. Assunzione di farmaci, che alterano l’equilibrio del microbiota, eliminando i “microrganismi amici” e favorendo la crescita di Candida come: antibiotici a largo spettro; corticosteroidi; farmaci antitumorali. Condizioni metaboliche, come: diabete non controllato (soprattutto), che crea un ambiente zuccherino favorevole al fungo; gravidanza; uso di contraccettivi ormonali. Ambiente locale caldo-umido nelle pieghe cutanee, come inguine, ascelle, sotto il seno o nell’area genitale, soprattutto con indumenti sintetici o troppo aderenti, le quali costituiscono un terreno fertile per l’infezione. Abitudini e igiene scorrette, che possono alterare il microbiota locale e predisporre alla candidosi. Tra queste: detergenti aggressivi; eccessiva pulizia intima; rapporti sessuali non protetti (possibile trasmissione partner-to-partner). Fasce di età vulnerabili, poiché presentano difese immunitarie meno efficienti:  neonati (mughetto, dermatite da pannolino); anziani. Manifestazioni cliniche causate dalla Candida Le forme di candidosi si suddividono per sede e sintomi, tra le quali si riscontrano: Mucocutanee, come: Mughetto orale: placche biancastre e dolorose su lingua e gengive, spesso nei neonati o nei soggetti immunocompromessi; Candidosi cutanea: eritemi, desquamazioni e prurito nelle pieghe (inguine, ascelle), favorite da caldo e umidità. Genito-urinarie, come quelle: Vaginali: prurito intenso, arrossamento, perdite dense e biancastre (pH < 4,5) e odore sgradevole; Peniene: arrossamento del glande e/o del prepuzio con bruciore, fastidio durante i rapporti o la minzione, comparsa di placche biancastre o secrezioni dense (tipo “ricotta”) e odore sgradevole; Uretriti/cistiti: meno frequenti, ma possibili se la flora batterica è compromessa. Sistemiche, come: Candidemia: febbre, shock settico e insufficienza d’organo in pazienti critici. Diagnosi e terapia Un semplice tampone (orale, vaginale o penieno), emoculture in caso di sospetta infezione sistemica e, per casi cutanei, esame diretto con idrossido di potassio su raschiati cutanei possono confermare la diagnosi, permettendo di affrontare il problema con la strategia giusta. In genere, per trattare la candidosi, si ricorre a: Antifungini topici: creme, pomate, ovuli o collutori per forme localizzate. Antifungini orali: fluconazolo e itraconazolo, usati quando l’infezione è estesa o ricorrente. Antifungini endovenosi (echinocandine, amfotericina B) per le candidosi sistemiche gravi. Prevenzione ed equilibrio La miglior strategia contro la candidosi è non arrivare all’infezione, ma rafforzare le proprie difese naturali attraverso: Alimentazione bilanciata: Limitare zuccheri raffinati e carboidrati fermentabili (i cosiddetti FODMAP); Assumere regolarmente frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre. Probiotici e fermenti lattici Yogurt e kefir non zuccherati, crauti crudi e integratori a base di Lactobacillus e Bifidobacterium; Favoriscono un microbiota sano che “tiene a bada” la Candida. Igiene e abbigliamento Evitare saponi aggressivi che alterano il pH; Lavare i genitali quotidianamente con acqua e saponi delicati, asciugando bene; Proteggersi durante i rapporti sessuali con il preservativo; Utilizzare tessuti traspiranti (cotone, lino), specialmente in estate o durante l’attività sportiva. Gestione dello stress Lo stress cronico innalza il cortisolo, abbassando le difese immunitarie. Pratiche di rilassamento (yoga, meditazione, passeggiate all’aria aperta) aiutano a mantenere l’equilibrio. Uno sguardo di salute globale Negli ultimi anni, la Candida — quella che molti ancora liquidano come una “sciocchezza da donne” — ha iniziato a mostrare il suo volto più serio e insidioso.  Non parliamo solo della classica candida vaginale o orale, ma soprattutto delle forme invasive, quelle più difficili da trattare e, in certi casi, potenzialmente fatali.  Ceppi come Candida auris si stanno diffondendo con velocità inquietante in tutto il mondo, colonizzando ospedali, pazienti fragili, terapie intensive, con dati allarmanti provenienti da Stati Uniti, Europa e anche dall’Italia.  E no, non è un’esagerazione: l’abuso di antibiotici, l’aumento dei pazienti immunodepressi, la pressione selettiva di antifungini usati con leggerezza hanno creato il terreno perfetto.  In tutto questo, la candida ha smesso di essere "solo un fungo", diventando una minaccia sanitaria su scala globale. Serve, quindi, cambiare prospettiva.  Non basta più trattare: bisogna prevenire, educare, osservare con più attenzione il nostro equilibrio interno.  Significa usare gli antibiotici con coscienza, proteggendo con dieta, probiotici e stili di vita equilibrati il microbiota (che è molto più di “batteri buoni”), ascoltare il proprio corpo e spegnere quei luoghi comuni che ci fanno pensare che certe infezioni siano “colpa nostra”.  La candida non è un tabù, né una colpa: è un indicatore, una spia accesa sul nostro sistema immunitario, sul nostro stile di vita e — perché no — su un mondo medico che deve ancora imparare a guardare il corpo come un ecosistema e non come un insieme di organi separati.   LORENZO CIOL

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Cistite post-sesso: perché succede e come prevenirla (davvero)

Cistite post-sesso: perché succede e come prevenirla (davvero)

La cistite dopo i rapporti sessuali è un disturbo frequente ma poco discusso. In questo articolo scopriamo perché succede, come prevenirla con abitudini semplici (senza sensi di colpa) e quali rimedi naturali possono aiutare davvero. Se ne soffri spesso, non sei sola: conoscere il problema è il primo passo per risolverlo.

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Il ciclo ti manda fuori di testa… o ti sta parlando?

Il ciclo ti manda fuori di testa… o ti sta parlando?

La sindrome che non esiste (ma colpisce milioni) C’è un intero alfabeto emotivo inscritto nel corpo mestruante. Il problema è che nessuno ci insegna a leggerlo. E finiamo per ridurre tutto il nostro potentissimo panorama interno ad un doloroso momento che prima passa meglio è. La fase mestruale, però, non è un incidente ciclico da tamponare: è un luogo psico-fisico in cui si concentrano segnali, tensioni, bisogni. Il corpo parla. A volte urla. Ma il problema non è il sintomo. È l’interpretazione. Le fasi non sono solo ormonali: sono onde di energia Il ciclo mestruale viene spesso ridotto a un grafico ormonale. Ma cosa succede se lo guardiamo come una danza energetica? La bioenergetica ci insegna che il corpo non è solo materia: è carica, flusso, espressione. Durante la fase follicolare, l’energia risale: la persona si apre, sente slancio, progettualità. È una fase di espansione naturale, in cui il corpo cerca espressione verso l’esterno. Nell’ovulazione, l’energia raggiunge il picco: c’è disponibilità, ma anche esposizione. Chi ha un assetto psicoemotivo fragile può sentirsi troppo visibile, troppo permeabile. La fase luteinica è quella della rielaborazione: l’energia torna verso l’interno. Se c'è un disallineamento tra ciò che desideri e ciò che stai vivendo, qui esplode. Infine, la fase mestruale: un reset bioenergetico. Il corpo scarica, si svuota, chiede silenzio. Non è debolezza: è rigenerazione attiva. Capire queste oscillazioni significa non reagire al ciclo, ma muoversi con lui.Ogni fase ha un suo potenziale psicoemotivo, se ci si permette di ascoltarlo. Non sei lunatica: sei ciclica Quando ci sintonizziamo su questi pattern, scopriamo che il ciclo non è un nemico ma un alleato evolutivo. Ci rende più capaci di cogliere segnali deboli, leggere dissonanze, prendere decisioni che rispettano il corpo. Secondo Frontiers in Psychology, fluttuazioni ormonali sono direttamente collegate a processi di autoregolazione emotiva e cognitiva. Il ciclo non “rovina l’umore”: lo riflette. Spesso, potenzia ciò che è già lì sotto traccia.  Educazione corporea è sostenibilità mentale Riconoscere le mestruazioni come guida interna significa smettere di trattarle come un’interferenza. È ecologia interiore.Così come scegliamo prodotti sostenibili per rispettare il pianeta, possiamo scegliere pratiche sostenibili per rispettare il nostro ritmo: Non solo tracciamento del flusso, ma mappatura delle energie Scegliere impegni, relazioni e posture in sintonia con le fasi Parlarne in terapia, nei gruppi, tra amiche: dare voce a un sapere ciclico che spesso resta sepolto nel corpo Conclusione: e se il sintomo fosse un alleato? Cosa succederebbe se cominciassimo a leggere i malesseri ciclici come chiamate all’allineamento? E se il corpo non ci stesse sabotando, ma semplicemente spingendo verso un modo più autentico di abitare il tempo? Forse la domanda giusta non è più “cosa mi sta succedendo”, ma “cosa mi sta chiedendo la mia energia, in questa fase?”Non è questione di controllo. È questione di contatto. LUCIA SCARANO

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Cistite: cause, sintomi e come prevenirla in modo naturale

Cistite: cause, sintomi e come prevenirla in modo naturale

La cistite è un disturbo intimo molto comune, ma spesso sottovalutato. In questo articolo scopriamo le cause più frequenti, i sintomi da riconoscere e i rimedi naturali più efficaci per prevenirla, incluso l’integratore Cystin, pensato per il benessere quotidiano delle vie urinarie.

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OnlyFans: è tutto oro quel che luccica

OnlyFans: è tutto oro quel che luccica

“Adesso mollo tutto e mi metto a vendere foto dei piedi su OnlyFans così faccio i milioni".  Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase da persone che erano stufe dei propri salari da fame (welcome to Italy), insoddisfatte del proprio lavoro o semplicemente in cerca di guadagni “facili”? Spoiler: tantissime volte.  Da qualche anno OnlyFans viene raccontata dall’informazione mainstream come una sorta di miniera d’oro per qualunque persona voglia sbarcare il lunario, ma è davvero questa la realtà?  Ma partiamo dal principio: che cos’è OnlyFans e quanto è cresciuta come piattaforma negli ultimi anni?  OnlyFans è una piattaforma social basata su abbonamento, lanciata nel 2016, che consente ai creator di contenuti di monetizzare il loro materiale attraverso sottoscrizioni mensili da parte dei fan. A differenza di altri social, permette la condivisione di contenuti di vario genere, inclusi quelli pornografici, offrendo ai creatori un controllo diretto sui propri guadagni: in cambio, la piattaforma trattiene il 20% dei ricavi.  A livello globale, OnlyFans ha registrato una crescita esponenziale. Nel 2023, la piattaforma ha distribuito ai suoi creatori oltre 6 miliardi di dollari, con un fatturato che ha superato i 6,6 miliardi di dollari. In Italia, sebbene non ci siano dati ufficiali precisi, l'interesse verso la piattaforma è in aumento, con numerosi creator italiani che hanno trovato in OnlyFans una fonte di reddito alternativa.  Esistono tanti lati positivi nell’utilizzo di OnlyFans da parte delle persone che fanno sex work:  Accessibilità per tutt*: Chiunque può iscriversi e condividere contenuti, indipendentemente dall'aspetto fisico o dall'orientamento sessuale.  Rappresentazione LGBTQIA+: La piattaforma offre spazio a creator che spesso non trovano rappresentazione nell'industria tradizionale, permettendo una maggiore diversità di contenuti.  Controllo creativo: I creatori mantengono il pieno controllo sul tipo di contenuti condivisi e sulle modalità di interazione con i fan.  Indipendenza dall’industria pornografica mainstream: L’industria dei contenuti per adulti è stata spesso raccontata dall’interno come tossica: poco inclusiva, con salari molto bassi e non mancano episodi di molestie, coercizioni e violenze sessuali.  Nonostante i molti lati positivi e la libertà che la piattaforma permette, ci sono anche molte criticità di cui si parla poco:  Guadagni medi modesti: Secondo il Corriere della Sera, la maggior parte dei creatori guadagna in media 151 dollari al mese, mentre l'1% dei top creator incassa il 33% dei ricavi totali. Illusioni di ricchezza facile: I media spesso enfatizzano casi eccezionali, creando aspettative irrealistiche. Ad esempio, storie di creator che guadagnano milioni, che possono far sembrare il successo più accessibile di quanto sia in realtà.  Impegno sottovalutato: Gestire un account richiede tempo, dedizione e competenze in creazione di contenuti e community management. Non è semplicemente una questione di caricare foto e aspettare che arrivino i soldoni.  Tabù sulla libertà sessuale: In un paese come l’Italia dove il sex work e la libertà sessuale, soprattutto per le donne, sono ancora tematiche tabù e stigmatizzate, aprire un profilo OnlyFans può richiedere un impegno psicologico non indifferente, e l’utilizzo di questo social può avere ripercussioni sulla propria vita privata, pubblica e lavorativa.  Per quanto OnlyFans possa effettivamente offrire nuove opportunità di guadagno ed espressione artistica, è meglio avere un quadro completo dei pro e contro per avvicinarsi a questo tipo di content creation, che richiede impegno, sacrificio, e molta più stigmatizzazione esterna da parte delle persone e dalla società. LINDA CODOGNESI  

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Il cervello femminile esiste?

Il cervello femminile esiste?

Neuroscienze, bias culturali e altri miti duri a morire Introduzione “Le donne sono più emotive, gli uomini più razionali.” Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni? Ma cosa c'è di scientifico dietro queste generalizzazioni? Le neuroscienze contemporanee offrono una prospettiva diversa, smontando i miti sul cervello “femminile” e rivelando come i bias culturali influenzino la nostra comprensione dell'identità. Cervelli diversi o stereotipi travestiti da scienza? Per decenni, la ricerca neuroscientifica ha cercato di identificare differenze significative tra cervelli “maschili” e “femminili”. Tuttavia, una svolta importante è arrivata con uno studio del 2015 pubblicato su PNAS, che ha analizzato oltre 1.400 cervelli umani e concluso che la maggior parte presenta una configurazione “mosaico” di tratti, alcuni più comuni nei maschi, altri nelle femmine, ma nessuno completamente univoco (https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.1509654112).  E non si tratta di un caso isolato o superato. La ricerca scientifica successiva va decisamente nella stessa direzione. Studi pubblicati tra il 2021 e il 2024 continuano a smentire l’idea di due cervelli distinti. Una meta-analisi ha dimostrato che le differenze strutturali tra cervelli di sesso diverso si ridimensionano una volta controllate le dimensioni cerebrali totali (https://neurosciencenews.com/). Altri lavori, come quello pubblicato su Nature Communications, sottolineano come le configurazioni cerebrali “androgine” – che sfuggono alla logica binaria – siano associate a migliori indicatori di benessere emotivo e cognitivo (PMC). In breve: il consenso scientifico si sta muovendo in modo netto verso una visione più fluida, complessa e non deterministica del cervello umano. Parlare di “cervello femminile” oggi non è solo riduttivo: è scientificamente sbagliato. Bias culturali: quando la scienza conferma gli stereotipi Il termine bias si riferisce a un pregiudizio sistematico che può influenzare la raccolta e l'interpretazione dei dati. Nelle neuroscienze, i bias culturali possono portare a interpretazioni distorte dei risultati, confermando stereotipi di genere preesistenti. Gina Rippon, neuroscienziata cognitiva, ha coniato il termine “neurosexism” per descrivere l'uso improprio della neuroscienza per giustificare differenze di genere non supportate da dati scientifici solidi (en.wikipedia.org). L’identità: un costrutto dinamico e relazionale L'identità di genere non è determinata esclusivamente dalla biologia. È un costrutto complesso che emerge dall'interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. Le aspettative culturali, l'educazione e le esperienze personali giocano un ruolo cruciale nella formazione dell'identità. Come sottolinea Rippon, “le esperienze guidano l'architettura del nostro cervello” (time.com). Ciò significa che l'ambiente in cui cresciamo e le interazioni sociali influenzano profondamente lo sviluppo del nostro cervello e, di conseguenza, la nostra identità. Conseguenze pratiche: oltre i miti per una società più equa Attribuire differenze comportamentali o cognitive a presunte differenze cerebrali innate tra i sessi può giustificare disuguaglianze e limitare le opportunità. È fondamentale riconoscere che molte delle differenze osservate sono il risultato di influenze culturali e sociali, non di determinismi biologici. Ad esempio, la sottorappresentazione delle donne nelle STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è spesso attribuita a differenze innate, ma studi dimostrano che le aspettative culturali e le opportunità educative giocano un ruolo più significativo. Conclusione Il concetto di un “cervello femminile” distinto da quello maschile è più un mito che una realtà scientifica. Le neuroscienze moderne ci invitano a superare queste semplificazioni e a riconoscere la complessità dell'identità umana. Riflettiamo: quali convinzioni abbiamo interiorizzato riguardo alle differenze di genere? E come possiamo contribuire a una comprensione più accurata e inclusiva dell'identità?   Nota: Per approfondire, si consiglia la lettura di “The Gendered Brain” di Gina Rippon e “Delusions of Gender” di Cordelia Fine.   LUCIA SCARANO

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