LE DONNE E LA TELEVISIONE ITALIANA

La rappresentazione.

La rappresentazione è essenziale nel modo in cui viene percepita, rafforzata o indebolita una categoria di persone, e questa rappresentazione passa attraverso vari canali: il canale che analizzeremo insieme in questo articolo è la televisione, e il ruolo che essa svolge nella lotta femminista e nel ciò che essere una donna significa nell’immaginario collettivo.


Ma cosa significa quindi essere donna e lavorare in televisione?


La televisione italiana, benchè se ne dica, nel corso degli anni ha promosso ed esposto programmi spesso e volentieri sessisti ed oggettificanti. Se un ventennio fa questo veniva effettuato in maniera più aperta e pubblica, perché meno erano anche le conseguenze, negli anni la società (non senza lotte) è cambiata, e con essa anche il modo di attuare determinati comportamenti. Così, siamo passat* ad avere più presentatrici donne, alla modifica di script per rendere le discriminazioni un po’ più velate, ad un Festival di Sanremo in cui vengono invitate figure femminili di spicco più spesso e volentieri rispetto a quanto venisse fatto prima (senza mai, però, concedere loro il ruolo di conduttrici).


Tutto ciò si trasforma quindi in un palese “contentino”, un modo come un altro per nascondere un problema sistemico, in cui la televisione non è altro che la rappresentazione di una società patriarcale, che è ancora molto lontana da un cambiamento significativo, e che non sembra comunque volerlo attuare.


Ma andiamo per ordine, guardando al lavoro dell’attivista e scrittrice Lorella Zanardo, che nel 2009 realizza il documentario “Il corpo delle Donne”. Zanardo, attraverso esempi cronologici, ci porta a riflettere su quanto la visione misogina sia cementata e fondata in quella che è la televisione in Italia, sia pubblica che privata.


ANNI 70-80

Il primo esempio sono i programmi di Enzo Trapani, mandati in onda a cavallo tra gli anni 70 e 80. Uno dei servizi di Trapani, incluso nella prima puntata di Odeon (1976, Rete Due), trattava del locale parigino di striptease Crazy Horse, utilizzato come espediente per dare in pasto agli occhi del pubblico ragazze seminude, in un format ancora anni luce lontano da quello che, a passi microscopici, si sta cercando di diffondere oggi, ossia che sex work is work.


FINE ANNI 80

Più di dieci anni dopo, nel programma televisivo “Indietro tutta!” (1987 - 1988, Rai Due) troviamo la figura delle “ragazze coccodè”, giustificate come parodie della volgarità tipica della televisione italiana degli anni 80. Diventa a questo punto impossibile non riflettere sul come il corpo femminile venga visto come volgare proprio in quanto corpo femminile, ancora una volta oggettificato e sessualizzato, diretto da occhi maschili per un pubblico di occhi maschili (e, perciò, ignorando completamente la presenza di spettatrici donne).



IL 2000

Se poi andiamo in fast forward ai primi anni 2000, la situazione non è molto diversa: il programma di varietà “Libero rai” (2000 - 2007, Rai Due), condotto da Teo Mammucari, vede la presenza di Flavia Vento nel ruolo di “valletta”, messa in mostra in una scatola di vetro sotto la scrivania del conduttore, ridotta ad un pezzo di carne che, di nuovo, ha il solo scopo di servire allo sguardo maschile. Qui cito le parole di Zanardo, che si chiede: “Ci si può far infilare sotto un tavolo di plexiglass? Si può assumere la funzione di gambe del tavolo, passare molto tempo lì sotto accucciata mantenendo la leggerezza di un gioco, senza che da qualche parte recondita del nostro corpo non si produca una ferita?”.


DAL 2020 AD OGGI

Tutto questo non ha che prodotto le basi per interviste come quelle di Amadeus che, quando interpellato sulle (“bellissime”) donne che lo avrebbero affiancato alla conduzione di Sanremo, risponde: l’importante, per una donna, è saper rimanere un passo indietro rispetto ad un grande uomo. 


Così ci ritroviamo in un 2024 in cui molteplici artist* si indignano per l’esclusione di Tony Effe dal concertone di Capodanno, quando basta guardare ai testi delle sue canzoni per capirne il motivo. Tuttavia, ancora una volta abbiamo la triste prova del fatto che l’Italia, e il mondo dello spettacolo italiano, non sono pronti a rinunciare ad un’oppressione sistemica di una categoria che, ancora una volta, si ritrova messa all’angolo.


Le fonti di questo articolo vengono da un altro articolo scritto da Barbara Berardi, Cecilia Cerasaro e Clara Dellisanti e pubblicato online su recensito.net (https://www.recensito.net/televisione/ogni-donna-%C3%A8-tante-donne-figura-femminile-rappresentazione-nel-piccolo-schermo.html), che vi invito caldamente a leggere per un’analisi più completa e minuziosa della figura femminile nella televisione italiana.


In conclusione, citando Berardi, Cerasaro e Dellisanti, “la prevaricazione esisterà finché esisterà il patriarcato”.




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