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Periodica Magazine: lo spazio per il dialogo aperto

Perché le app per monitorare il ciclo mestruale sono diventate un problema per le donne americane?

Perché le app per monitorare il ciclo mestruale sono diventate un problema per le donne americane?

Le app per monitorare il ciclo mestruale sono veri e propri diari di salute: non solo permettono di registrare le date del ciclo, ma anche eventuali ritardi e rapporti non protetti. Dati che, negli Stati Uniti dove l’aborto è diventato illegale, potrebbero venire usati per avviare procedimenti penali. È per questo che negli ultimi giorni, da quando la Corte Suprema degli USA ha revocato il diritto federale all’aborto, in particolare ribaltando la storica sentenza “Roe vs. Wade” del 1973 che legalizzava il diritto all’interruzione di gravidanza, molte donne americane si stanno affrettando a disinstallare queste app dai loro cellulari. Questo perché, negli Stati dove l’interruzione di gravidanza va contro legge, i pubblici ministeri, potrebbero richiedere le informazioni raccolte dalle app. Le donne americane, si stanno così organizzando per correre ai ripari, consce che in moltissimi Stati – la metà, dicono gli analisti, una ventina di Stati a guida repubblicana hanno già approvato o sono pronti a varare leggi che eliminano il diritto di scelta delle donne, gli Stati a guida democratica dovrebbero invece mantenere legislazioni che consentono l’aborto – a breve sarà contro la legge procedere all'interruzione di gravidanza. Intanto, come primo provvedimento, la popolazione sta cancellando le app per il monitoraggio del ciclo mestruale dai loro telefoni, spinta dalla paura che lo Stato possa accedere ai dati su corpo, ciclo mestruale risalendo quindi ad una loro eventuale gravidanza e a un loro eventuale aborto. Non è pura fantascienza, purtroppo: come spiega il Guardian, in uno Stato in cui l'aborto è un reato, i pubblici ministeri potrebbero richiedere le informazioni raccolte da queste app durante le indagini (anche se l'azienda ha sede all'estero, tra l'altro). "Se stanno cercando di perseguire una donna per aver abortito illegalmente, possono citare in giudizio qualsiasi app presente sul loro dispositivo, comprese quelle di monitoraggio del ciclo". Quasi una donna americana su tre fa uso di queste app per monitorare le mestruazioni, che tornano utili per molti aspetti, dalla pianificazione familiare, al rilevamento dei primi segni di problemi di salute, fino alla scelta del momento più adatto per una vacanza. Ma quanto sono protetti i dati archiviati su queste app? Ogni azienda ha la propria politica di privacy, ma secondo uno studio del 2019 pubblicato sul British Medical Journal, il 79% delle app sanitarie disponibili su Google Play Store condividono regolarmente i dati degli utenti. È anche possibile che, da allora, le app abbiano cambiato politica. Ad esempio, l’app Clue per il monitoraggio del ciclo (con sede a Berlino ed è una delle due più popolari in Usa insieme a Flo), dichiara di non archiviare dati personali sensibili senza l'esplicito consenso dell'utente e di essere «impegnata a proteggere» i dati sanitari privati ​​degli utenti, operando secondo le rigide leggi europee del GDPR (General Data Protection Regulation, il Garante della Privacy).  Ma, al Guardian, l’avvocato Lucie Audibert, della Ong Privacy International, spiega che «solo perché i dati vengono elaborati da una società europea, non significa che l'app sia del tutto immune dall'azione penale statunitense». Quando si tratta di una richiesta legale legittima da parte delle autorità statunitensi, le aziende europee di solito si attengono. Inoltre, una società europea potrebbe ospitare dati al di fuori dell'Unione Europea, rendendoli soggetti a diversi quadri giuridici e accordi transfrontalieri. L'app Flo, sul suo sito, assicura di utilizzare solo dati «per attività di ricerca». Nel 2021, la Federal Trade Commission (FTC) ha raggiunto un accordo con Flo, secondo cui la app deve ottenere le autorizzazioni dell'utente prima di condividere le informazioni sulla salute personale. Flo ha annunciato che presto lancerà una «modalità anonima» per mantenere i dati degli utenti al sicuro in qualsiasi circostanza. Il consiglio di Evan Greer, vicedirettore del gruppo per la protezione dei diritti digitali Fight for the Future, per proteggere i dati sanitari sensibili è quello di utilizzare solo app che archiviano i dati localmente anziché nel cloud, anche quando questo implica più ricerca a livello di informazione.   SIMONA DANOS

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Inciampare nel poliamore (e restarci)

Inciampare nel poliamore (e restarci)

Come sono passata dal considerare la monogamia l’unico modello relazionale percorribile, a non immaginarmi in nessun altro rapporto romantico al di fuori del poliamore. E tutti gli errori che ho fatto (finora).   Cosa spinge una ventitreenne che ha chiuso da poco la prima relazione seria e lunga (e monogama) ad approcciarsi al mondo delle non monogamie consensuali? Prima, qualche definizione: per poliamore si intende una relazione consapevole, impegnata, in cui lə partner(s) sono liberə di avere diverse relazioni romantiche, emotive e sessuali, con più persone, senza una gerarchia relazionale (solitamente).Ma questo l’ho scoperto dopo esserci inciampata per sbaglio. E dopo qualche incomprensione e malinteso.In seguito alla chiusura della mia relazione, tutto ciò di cui avevo voglia era conoscere tante persone, non impegnarmi e avere una vita sentimentale spensierata e perché no, anche frivola. Ma in poco tempo sono dovuta scendere a patti con la dura realtà che ha distrutto il mio sogno libertino: non riesco a provare attrazione per una persona se prima non si è instaurato un qualche legame emotivo.Così tutto l’amore che avevo immagazzinato negli anni e riversato solo nei confronti di una persona, mi è esploso fra le mani. E ho fatto una grande scoperta: si può essere innamoratə di più persone, contemporaneamente. Perché le persone con cui uscivo mi piacevano tutte, e davvero molto. Ma non mimetteva a mio agio l’idea che, col passare del tempo, avrei dovuto scegliere, anche per rispetto delle persone che frequentavo.Perché, come tuttə, sono cresciuta con l’idea che alla fine l’unico modello relazionale impegnato, serio e riconosciuto, fosse la monogamia. E perché all’inizio, appunto, neanche sapevo con chiarezza cosa fosseuna relazione poliamorosa. Non avevo neanche considerato l’idea che superata la prima fase di frequentazione, le persone con cui stavo uscendo sarebbero state disposte a mantenere il rapporto così com’era, nel lungo termine.Parlandone con lə amicə, i consigli che raccoglievo passavano da “è solo un momento, poi quando ti affezioni davvero a qualcunə verrà naturale lasciare le altre frequentazioni indietro” a “mantieni una relazione aperta, dedica le tue attenzioni emotive e romantiche a unə partner, e continua nel mentre adavere frequentazioni disimpegnate con lə altrə”. Ma io non volevo scegliere una persona “preferita”. E l’idea di chiudermi ancora in una relazione esclusiva mi metteva agitazione.Peccato che mentre io affondavo in queste profonde riflessioni introspettive, stessi deliberatamente evitando di spiegare la situazione alle persone con cui uscivo, un po’ per timore di perderle, un po’ perché speravo che le cose si sarebbero definite da sole con il tempo, un po’ perché sembra sempre troppo presto per fare assunzioni su potenziali future relazioni. E un po’ per procastinazione.Fortunatamente una sera, davanti a una birra, parlando con un ragazzo con cui uscivo da circa un mese, e con cui mi sentivo molto tranquilla a comunicare emotivamente, è uscito l’argomento. Ho deciso di raccontargli che la sera prima avevo rivisto una ragazza con cui ero uscita per un periodo, ma che poi avevoperso di vista, e che insomma ci eravamo ritrovate.Pensavo lo avrebbe subito interpretato come un modo per chiudere la nostra frequentazione, invece, semplicemente incuriosito, mi ha chiesto come fosse andata. Così gliel’ho raccontato.Ho scoperto in quel momento quanto fosse complicato per me parlare di una persona che mi piace ad un’altra persona che mi piace, perché il preconcetto che l’amore è uno solo è davvero radicato, ed è difficile da decostruire. Non volevo devalidare l’interesse che provavo nei suoi confronti durante ilracconto, quindi goffamente, di tanto in tanto, provavo a rassicurarlo sul fatto che effettivamente la nostra frequentazione dal mio punto di vista non ne avrebbe risentito.Quando ho finito di parlare, avendo notato il mio disagio, mi ha riportato l’esperienza di sua sorella, che da alcuni anni ha diverse relazioni romantiche stabili, durature, affezionate. Mi ha raccontato della sua polecola e di come nella loro famiglia la cosa fosse stata normalizzata tempo fa. E che tutto sommato anche a lui la monogamia stesse stretta. È stato un momento di grande rivelazione per me. Da quel momento ho iniziato ad informarmi, a leggere e a seguire attivistə poliamorosə per andare più in profondità nell’argomento, e farmi un’idea più solida.Inutile dire che, pervasa da questa nuova energia e avendo focalizzato tutte le mie ricerche e attenzioni sulla realtà delle relazioni poliamorose, ho finito per dimenticare che alla fine viviamo in un mondo prevalentemente culturalmente monogamo, e così ho mandato a monte tutte le altre frequentazioni, pereccesso di entusiasmo. Ho capito se non altro che è una di quelle cose che è bene dire subito, per evitare fraintendimenti. Da quel momento è andato tutto meglio.Tutta la vicenda mi ha fatto riflettere su quanti modelli relazionali esistano al di fuori delle relazioni esclusive tradizionali che, per motivi culturali, siamo quasi tuttə abituatə a vedere come unica via percorribile per una relazione stabile e seria.Mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con una serie di nuove problematiche che si aprono nel momento in cui si concorda con lə partner(s) un modello relazionale fondato sulla non monogamia consensuale, come la gestione consapevole della gelosia e la sua accettazione e decostruzione, l’organizzazione del tempo, la definizione di accordi e la chiarezza e la trasparenza del love language. Il dialogo diventa uno strumento fondamentale per confrontarsi sulle proprie insicurezze, per responsabilizzarsi delle proprie emozioni, e per imparare a stringere rapporti a partire dalla libertà, propria e dellə partner(s).Per quella che è la mia esperienza, il percorso di decostruzione dell’amatonormatività, ovvero l’assunto che vede nello stare in una relazione romantica, esclusiva e a lungo temine, un obbiettivo universalmentecondiviso, richiederà molto tempo e molto lavoro sulla mia persona. E sono sicura che farò tanti altri errori.Però quantomeno, ora sono sicura che questo modello relazionale sia quello che mi si addice di più, in questo momento.Purchè ci sia accordo e rispetto fra partner, non esistono modelli relazionali più giusti, o più sani o efficaci, ma solo che si adattano meglio alle persone coinvolte nel rapporto.Perciò perché non dare una possibilità e spazio ad altri tipi di relazione?   VALERIA REGISAttivistə, informazioni e approfondimenti su poliamore e NMC:https://www.instagram.com/polycarenze/https://www.instagram.com/polyphiliablog/https://www.instagram.com/faqthepolypodcast/https://www.instagram.com/marjanilane/https://www.instagram.com/bygabriellesmith/https://www.instagram.com/unapolygetically/

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Reality show bizzarri e quote arcobaleno

Reality show bizzarri e quote arcobaleno

Tra gli orrori quotidiani che si sentono a proposito della Russia era uscito, circa un mese fa, uno scandalo che per qualche ora ha spostato l'attenzione della nostra – legittima – indignazione a proposito della guerra verso qualcosa di diverso. Il colpevole di tale momentaneo cambio d'obiettivo è stato un reality show dal titolo quantomai inequivocabile: I'm not gay. Si tratta di un gioco in cui, mimetizzato tra una massa di virilissimi giovani maschi eterosessuali, si nasconde un gay. E va scovato. Il pezzo, a questo punto, potrebbe finire: l'assurdità della sfida è tale che non varrebbe nemmeno la pena di parlarne (e infatti non sono stati molti i giornali a farlo), tuttavia crediamo che da qui possano derivare alcune riflessioni. Lo scandalo, se c'è stato, ha avuto un'eco ben lieve, se non tra una buona fetta della comunità LGBTQ+. Ciò è dovuto in parte al fatto che il conflitto ucraino è tornato presto a imporsi sulla scena mediatica, e in parte perché in Europa conosciamo bene le apertissime posizioni omofobe della Russia, tanto da non stupirci neanche più. E forse non colpisce neanche che il reality sia stato ideato e condotto da un parlamentare russo, Vitaly Milonov, già noto per i suoi aspri estremismi nel campo. Non ci stupiamo, perché gli orrori che può commettere la Russia sono così ampi che un gioco innocente – non lo è, noi lo sappiamo bene – passa di gran lunga in secondo piano; ma soprattutto ci consoliamo dall'alto della nostra superiorità culturale perché qua da noi non succede. Non può. È vero. In parte. È indubbio che la nostra sensibilità è ben cambiata negli ultimi anni, e che la nostra apertura verso tutto ciò che non è cis/etero sta poco a poco crescendo, ma è allo stesso tempo vero che fino a qualche anno fa esistevano nella nostra televisione programmi (quasi) altrettanto orribili. Fino a pochi anni fa la cultura ultra-machista, maschilista e sessista entrava quotidianamente nei nostri salotti in prima serata, o all'ora di cena, tramite quella infinita serie di produzioni che esponevano come bambole corpi di ragazze semi nude e senza nome, lasciandole mute a sorridere allo schermo mentre il presentatore di turno, maschio, aspettava il momento giusto per farle l'ennesima battuta a sfondo sessuale, con tanto di risate di pubblico e famiglie. Lentamente, tuttavia, grazie alla nuova sensibilità acquisita, abbiamo cercato di lasciarci alle spalle certi modelli, ma sostituendoli con che cosa? A ben osservare il palinsesto odierno, specialmente di certi canali, pare che il problema sia stato soltanto arginato. Gli astuti produttori, per evitare di cascare malamente in qualche inevitabile critica, hanno cominciato a piazzare strategicamente qualche specchietto per le allodole qua e là, quanto basta per avere il fondoschiena al riparo in caso di attacchi. Così il vecchio La pupa e il secchione, reality show in cui una ragazza molto bella e necessariamente stupida cercava le attenzioni del maschio bruttino ma naturalmente intelligente, è stato tramutato ora in La pupa e il secchione e viceversa, come se in quell'avverbio ci fosse la soluzione a tutti i problemi impliciti di discriminazione di genere che aveva il programma. Allo stesso modo, di recente si cominciano a vedere uomini valletti di fianco alle solite ragazze: così adesso sono entrambi i generi a sorridere alla telecamera e a mostrare con qualche ammiccamento il loro bel fisico. Non che ora alla ragazza venga riconosciuta qualche qualità, ma per lo meno c'è un uomo al suo fianco a salvare tutti da una spaventosa accusa di sessismo. Che poi le battutine continui a riceverle lei, poco importa. È come se si fosse improvvisamente sentita la necessità, in televisione, di una quota azzurra, il bisogno di uomini in ruoli in cui generalmente venivano piazzate e discriminate le donne. E lo stesso, se non peggio, vale per la comunità omosessuale. In quel caso sembra che le quote gay – quote arcobaleno, forse? - siano inevitabili per sempre più programmi, perché così si dimostra al mondo l'inclusività nella scelta dei protagonisti. Ma devono essere omosessuali più che palesi, stereotipati al massimo grado, perché il pubblico a casa si deve accorgere che quella persone è gay, e chissà, magari nel privato del suo salotto, ridere dell'eccentricità di quel personaggio. Devono essere vestiti in modo kitsch, devono parlare come la più scadente delle imitazioni di un omosessuale, e sovente – ma forse questa è puramente una nostra impressione – devono essere uomini. Le lesbiche non hanno tutto questo spazio, o comunque non sono così palesate. Chissà, evidentemente non fanno piglio, non stupiscono. Beate loro. Non è chiaro se tutto ciò sia un goffo tentativo di inclusività o soltanto un contentino per far star zitt* chiunque in questi anni abbia protestato contro il sessismo – e non solo – presente sulla nostra televisione. Quello che è certo, però, è che da noi il reality I'm not gay non potrebbe mai e poi mai (e poi mai) esistere; e di questo possiamo consolarci. Perché in fondo siamo dei bravi maschi bianchi etero. E viceversa.    ENRICO PONZIO

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Il festival del ciclo mestruale: la prima edizione è alle porte e noi non vediamo l'ora

Il festival del ciclo mestruale: la prima edizione è alle porte e noi non vediamo l'ora

È alle porte la prima edizione del festival del ciclo mestruale: si tratta di tre giornate intense (17-18-19 giugno, a Milano) fatte di incontri dedicati al ciclo mestruale e a tutte quelle tematiche che gli girano intorno, dalla parità di genere alla salute fisica. Inutile dire che noi siamo emozionantissimə: per questo abbiamo incontrato Valentina, una delle organizzatrici, e le abbiamo fatto qualche domanda. Se siete o passate per Milano in questi giorni, fate un salto: ne varrà la pena!   Che cosa vi ha spintə ad organizzare un festival dedicato al ciclo mestruale?L’idea del Festival nasce dal lavoro fatto con il podcast Eva in Rosso, il primo in Italia sul ciclo mestruale, disponibile su tutte le piattaforme free. Nasce da: Valentina Lucia Fontana (che sarei io), ideatrice e project manager; Alessandra Giglio, attrice e scrittrice; Sonia Castelli, psicoterapeuta; Ottavio Tonti, producer. Ci siamo accorti che parlare di ciclo mestruale vuol dire parlare di salute, parità di genere, politica, sostenibilità e tanto altro. Con il podcast abbiamo innescato una presa di coscienza che, dal privato, aveva bisogno di uno spazio pubblico per continuare ad abbattere il tabù e lo stigma. Poi, sul nostro percorso abbiamo incontrato Promise e Errante, due associazioni di promozione sociale che, insieme allo Studio di graphic design But Maybe, hanno reso possibile il Festival del ciclo mestruale, il primo al mondo.   Quali pensate che siano i principali scogli da abbattere per rendere l'esperienza mestruale socialmente accettata?Gli eventi Festival affrontano una serie di argomenti tutti legati tra loro: dalla tampon tax all’endometriosi, al disturbo disforico, al menarca e alla consapevolezza ciclica. Organizzandoli, è stato ancora più chiaro che non ci sono “battaglie” a cui dare precedenza. Il ciclo mestruale è un accadimento biologico che riguarda più di metà della popolazione mondiale, ed è naturale che ognuno di noi lo viva in modo diverso, a seconda del genere, della condizione socio-economica e di salute. Inoltre, ci sono persone che, per convenzione e nella praticità della vita quotidiana, sono abituate a gestirlo senza indagare su quello che succede al proprio corpo, tutti i mesi per 40 anni. Il Festival desidera innescare una scintilla di curiosità, così che ognuno possa scegliere da dove iniziare il proprio percorso di consapevolezza mestruale, a seconda del proprio vissuto e della propria sensibilità.   Avete incontrato delle difficoltà legate ai pregiudizi nell'organizzazione di questo festival? Quando abbiamo iniziato ad organizzare il Festival, non ci saremmo mai aspettate la risonanza mediatica che effettivamente ha avuto. Tutte le maggiori testate giornalistiche nazionali hanno parlato della nostra iniziativa descrivendola come necessaria, e questo ci ha riempito di gioia. Ovviamente, non è l'unica reazione che abbiamo suscitato. Spesso abbiamo letto, sotto quei post e quegli articoli di sprono, commenti meno lusinghieri. E abbiamo cercato di capire quale fosse il motivo di quelle reazioni, quale fosse il percepito di tanti lettori e lettrici: il ciclo mestruale viene ancora percepito come un fatto privato, che suscita schifo o vergogna (per dirla in modo elegante)... quindi, sì, abbiamo incontrato diversi pregiudizi, ma proprio il fatto di averli incontrati ci ha dato la conferma della necessità di organizzare il Festival del ciclo mestruale.   Noi abbiamo apprezzato tantissimo l'attenzione sociale che avete riservato nel corso dell'organizzazione del festival. Ci parlereste di questa iniziativa? Il Festival del ciclo mestruale è un evento che punta a fare divulgazione e non è a scopo di lucro. Tuttavia, come tutte le iniziative, ha bisogno di coprire delle spese vive. La raccolta fondi ha seguito diverse strade e quella che ci ha portato risultati più incoraggianti è stata  la campagna crowdfunding lanciata su Produzioni dal basso. Generalmente, le campagne che si basano su donazioni prevedono la possibilità di dare una “ricompensa” a chi sceglie di sostenere il progetto, che di solito è un gadget legato all’iniziativa. Alla luce di quello che stiamo vivendo e consci del privilegio di vivere in un territorio di pace, abbiamo pensato di “ricompensare” i nostri supporter con l’invio di assorbenti al confine con l’Ucraina. Non scegliamo di avere le mestruazioni e per gestirle abbiamo bisogno di presidi che hanno un costo. Questo può metterci in difficoltà in periodi di pace, tanto più in situazioni di conflitto. Il che ci porta dritti ad affrontare un altro tema tra i più urgenti, ovvero il fatto che i diversi dispositivi mestruali non vengono ancora percepiti come beni di prima necessità. Con questo piccolo gesto, il Festival ha voluto accendere i riflettori anche su questo aspetto.   Una piccola anteprima: state già pensando a una nuova edizione del festival del ciclo?  L’idea c’è, non possiamo negarlo… Ma aspettiamo di vedere come questa edizione verrà accolta, e poi ci penseremo! ;)   Alice Carbonara Valentina Fontana

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5 CONSIGLI SU COME PREVENIRE LE IRRITAZIONI DA ASSORBENTE IN ESTATE

5 CONSIGLI SU COME PREVENIRE LE IRRITAZIONI DA ASSORBENTE IN ESTATE

IRRITAZIONE DA ASSORBENTE INTERNO O ESTERNO COME SI MANIFESTA? È un problema che accomuna molte donne durante il ciclo mestruale, rendendo i giorni delle mestruazioni un po' delicati: parliamo delle irritazioni da assorbente, un disturbo molto più comune di quanto si pensi, che coinvolge soprattutto chi ha una pelle particolarmente sensibile, ma non solo. Le irritazioni da assorbente possono manifestarsi durante tutto l'anno, ma si intensificano principalmente nel periodo estivo, in quanto l’aumento delle temperature e l’umidità che si crea all’interno degli slip in quei giorni, provoca una maggiore proliferazione batterica. La zona genitale è estremamente delicata e non è raro che venga coinvolta in irritazioni o allergie, soprattutto durante i giorni del ciclo, in cui il corpo subisce trasformazioni che lo rendono più fragile e reattivo a potenziali disturbi.   Vediamo nel prossimo paragrafo quali sono i sintomi più comuni delle irritazioni vaginali dovute dall’utilizzo di assorbenti.   IRRITAZIONE DA ASSORBENTE: COME RICONOSCERE I SINTOMI? Le irritazioni da assorbente esterno possono provocare diverse tipologie di sintomi, più o meno gravi e più o meno duraturi, tra i quali ci sono: • Arrossamenti e bruciori della pelle; • Eruzioni cutanee sulla parte esterna dei genitali, come ad esempio: brufoletti, puntini bianchi o rossi e vescicole; • Eccessiva secchezza e squamosità della cute.   Possono inoltre includere anche dolori in sede genitale, infiammazioni e, in caso di irritazione da assorbente interno, prurito insistente e infezioni vaginali. I sintomi dell’irritazione intima da assorbente sono comunque molto simili a quelli di altre patologie dell’apparato genitale: al fine di non sottovalutare il problema e fare diagnosi errate, il consiglio è sempre quello di rivolgersi al proprio medico o al proprio ginecologo, per fare maggiore chiarezza sulle ragioni dell’irritazione.   IRRITAZIONI DA ASSORBENTE: QUALI SONO LE CAUSE PRINCIPALI? Queste irritazioni, possono essere associate a una particolare marca di assorbenti se i sintomi compaiono in concomitanza dell’arrivo del ciclo mestruale e quindi il relativo uso di un determinato tipo di assorbente. La causa potrebbe quindi essere che i pruriti e le irritazioni siano dovute a qualche componente dell’assorbente stesso, al quale si è particolarmente intolleranti, soprattutto se al loro interno sono contenute plastiche e sostanze chimiche. Ecco di seguito le principali cause che favoriscono l’irritazione da assorbente: Utilizzo di assorbenti che contengono profumi, sostanze chimiche e microplastiche: queste sostanze, impedendo la traspirabilità dell'assorbente, possono favorire l’irritazione intima; Utilizzo di prodotti troppo aggressivi per l’igiene intima: questo può alterare l’equilibrio della flora batterica vaginale rendendola più vulnerabile e dunque più predisposta allo sviluppo di irritazioni; Utilizzo di collant e biancheria intima in materiali sintetici, che bloccano la traspirazione della pelle, favorendo la proliferazione di batteri nelle parti intime; Utilizzo di alcuni tipi di carta igienica colorata o profumata, irritante per le pelli più sensibili. Durante il ciclo mestruale, inoltre, il sistema immunitario è più attaccabile dagli agenti esterni. Il pH vaginale, inoltre, nei giorni delle mestruazioni è meno acido del solito (fisiologicamente è acido ed adatto alla proliferazione di “batteri buoni”): il sangue mestruale, però, ha un pH differente, più basico e questo comporta un’alterazione improvvisa dell’ambiente vaginale, che espone a piccoli squilibri della flora batterica. Inoltre l’apertura della cervice, che si verifica per lasciare defluire il sangue mestruale fuori dal corpo, può favorire la risalita dei batteri all’interno della vagina. COME PREVENIRE LE IRRITAZIONI DA ASSORBENTE IN ESTATE? ECCO I NOSTRI 5 CONSIGLI:  Ecco i nostri 5 consigli su come prevenire le irritazioni da assorbente in estate: Utilizza assorbenti in cotone organico, che non contengano sostanze chimiche, profumazioni e che siano traspirabili: gli assorbenti This, Unique hanno tutte queste caratteristiche: trovi in questo link tutte le descrizioni dettagliate https://thisunique.com/pages/faq ; Utilizza detergenti intimi pensati apposta per i giorni del ciclo, neutri e dal pH rispettoso di quello vaginale: evita lavaggi troppo frequenti e ricordati di asciugare tamponando le parti intime, senza sfregare con l’asciugamano; Evita l’utilizzo di biancheria intima e abiti troppo stretti: un’area già irritata soffrirebbe particolarmente la situazione di occlusione generata da jeans aderenti e biancheria in materiali sintetici. Prediligi l’utilizzo di vestiti morbidi e in cotone; In estate evitate di rimanere troppo a lungo con il costume bagnato: usate sempre il vostro asciugamano personale in spiaggia ed evitate di entrare in contatto con la sabbia che può essere veicolo di infezioni;  In caso di forti irritazioni consultate sempre l* vostr* ginecolog* in modo tale che possa darvi la cura migliore per far passare al più presto la vostra irritazione.   Preparati all'estate con This, Unique! ☀️  Simona Danos        

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HEMPROUTINE CI PARLA DI CBD: BENEFICI NASCOSTI E ALLEATO DELLE MESTRUAZIONI

HEMPROUTINE CI PARLA DI CBD: BENEFICI NASCOSTI E ALLEATO DELLE MESTRUAZIONI

Hemproutine prende vita ad Agosto 2021 come filiale italiana del brand tedesco Hanfgeflüster (che letteralmente significa “sussurro di canapa”) nato solo due anni prima, nel Novembre 2019. La nostra azienda opera in Germania, Francia, Italia, ed è appena approdata in Polonia. Dagli incredibili benefici della Canapa nasce Hemproutine, che pone il proprio focus sul CBD (Cannabidiolo) un principio attivo contenuto nella pianta che, al contrario del famoso THC, non ha effetto psicotropo. I nostri prodotti principali sono oli, a base di CBD e a diverse concentrazioni, del tutto naturali e vegani, che possono essere facilmente integrati nella propria quotidianità. Ma non solo: oltre agli oli, che sono il prodotto che più ci caratterizza, è possibile trovare il CBD sotto altre forme: abbiamo ad esempio introdotto delle proteine vegetali, adatte soprattutto a chi segue una dieta vegana o vegetariana, fatta esclusivamente da semi di canapa, e proprio lo scorso mese abbiamo lanciato un prodotto del tutto innovativo: un gel lubrificante al CBD! Last but not least, volendo dare importanza alla semplicità con la quale la materia prima che utilizziamo ci viene data dalla natura, poniamo la sostenibilità come principio portante col quale produciamo e proponiamo la nostra offerta ai consumatori. Questo approccio ci accompagna a livello produttivo, di packaging e di emissioni di CO2.   In questo periodo, i prodotti in CBD sono molto in voga: quali sono davvero le sue proprietà? È vero, negli ultimi anni si sente molto parlare di CBD, e questo può far pensare si tratti di un recente trend. In realtà, la pianta della Canapa ha una storia antichissima e fortemente radicata (soprattutto nei nostri territori Italiani). La coltura della canapa affonda le sue radici migliaia di anni fa, utilizzata per svariati usi; dalla produzione di tessuti e materiali, a scopi medici e spirituali. Dopo quasi un secolo di proibizionismo, i prodotti a base di CBD sono in commercio legalmente in Italia solo dal 2017: è quindi del tutto normale che il pubblico debba avvicinarsi e familiarizzare con questo argomento in modo graduale.Non tutti sanno, infatti, che siamo molto più connessi a questa molecola di quanto ci si possa aspettare: uno dei sistemi biologici all’interno del nostro corpo, insieme ad esempio a quello endocrino, nervoso o immunitario è proprio quello endocannabinoide, composto da molecole e recettori che trasmettono informazioni ed enzimi. Il CBD, interagendo con tale sistema, agisce come “regolatore” e ha effetto rilassante, antinfiammatorio, antidolorifico, antidepressivo, analgesico, neuroprotettore. In parole povere, l’effetto del CBD si traduce in infiniti benefici, proprio grazie alla sua interazione con i sistemi biologici del nostro corpo. Per questo motivo, oltre ad aiutare contro stati ansiosi e depressivi può anche alleviare dolori più o meno forti, di diverso tipo, come quelli mestruale, muscolare ed emicrania. Vi siete scontrati nel corso del vostro percorso contro alcuni tabù? Esiste della disinformazione rispetto a questo genere di prodotti? Purtroppo, l'utilizzo stesso della Cannabis (a prescindere dallo scopo per la quale la si usa) è considerato un tabù, circondato da stigma e pregiudizi: dalla prima decade del 900 fino ad oggi, questa pianta è stata infatti associata al concetto di trasgressione e alla ricerca di sballo. Ciò ha portato alla creazione di un’immagine complessiva sbagliata ed estremamente riduttiva della cannabis. E’ molto importante continuare a ribadire la differenza tra i principi attivi del CBD e del THC, e delle loro diverse funzioni ed effetti all’interno del corpo umano. I nostri prodotti necessitano quindi di qualche spiegazione extra, le quali però vengono ben accolte da una clientela attenta, curiosa, intraprendente e propensa ad informarsi. Perché i prodotti CBD possono essere un aiuto per le persone che hanno il ciclo mestruale? Quali sono le proprietà dei prodotti che agiscono direttamente su un miglioramento dei dolori mestruali e pre-mestruali? In primis, il CBD influenza il sistema endocrino, ovvero ha effetto sulla produzione di ormoni. Infatti grazie alle sua proprietà ormone-regolatrici, il CBD, aiuta il nostro corpo a produrre ormoni di cui è in carenza allo stesso tempo fermando la produzione degli ormoni in eccesso. In secondo luogo, recenti studi, hanno dimostrato che il CBD, come i più comuni FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), è in grado di inibire l’enzima responsabile della produzione di Prostaglandina, e di conseguenza ridurre i sintomi da essa aggravati come: infiammazione, contrazione e dolore. Nonostante ciò il CBD non va ad eliminare completamente la produzione di Prostaglandina. Il CBD, assieme ad altri cannabinoidi, è in grado di alleviare i crampi mestruali grazie alle proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche, miorilassanti, ed essendo vasodilatatore. Può offrire quindi una valida alternativa naturale ai tradizionali antinfiammatori che coloro con il ciclo mestruale sono abituat* ad utilizzare.   Se doveste dare un consiglio alla nostra community, rispetto al benessere nella cura del ciclo, quale sarebbe? Ascoltatevi, investite tempo ed energie nel capire veramente il vostro corpo durante tutto il ciclo mestruale. Lavorate di introspezione, cercate di rendervi conto di quando e di come il vostro corpo cambia, che segnali vi invia e di come comunica con voi le necessità che ha. Per noi di Hemproutine è fondamentale avere conoscenza di sé, soprattutto perché gli effetti del CBD non sono gli stessi per ogni persona, così come non lo è il dosaggio necessario a raggiungerli. Riuscire ad analizzarsi e a comprendere quando e come il CBD ci da il massimo aiuto è fondamentale per farne l’uso migliore, così come per capire come essere il nostro nuovo migliore amico durante tutto il ciclo mestruale e non solo durante la fase premestruale e mestruale.   IL TEAM DI HEMPROUTINE

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GIORNATA MONDIALE PER L’IGIENE MESTRUALE: UNA DATA COME ALTRE O UNA DA RICORDARE?

GIORNATA MONDIALE PER L’IGIENE MESTRUALE: UNA DATA COME ALTRE O UNA DA RICORDARE?

Può un fenomeno tanto scontato e naturale come le mestruazioni essere insignito di una giornata celebrativa? Questa è la domanda che immaginiamo si pongano molte persone: quelle per cui ad esempio il ciclo mestruale è un fatto da nascondere e tenere lontano dalla socialità.È proprio dalla mancanza di conoscenza che generalmente si ha in merito alle mestruazioni che origina questa giornata: nel 2014 diverse organizzazioni hanno istituito la Menstrual Hygiene Day, un’occasione per generare dialogo, confronto e consapevolezza attorno alle pubblicamente innominabili mestruazioni. Insomma, di questa giornata abbiamo bisogno come uno degli strumenti che ci spingono a distruggere quei pregiudizi e quelle credenze che hanno relegato un processo naturale alla vergogna. E questo non rimane senza conseguenze. Ancora oggi, le persone si affacciano alla pubertà completamente impreparate rispetto ai cambiamenti che il loro corpo subirà, non ultimo l’arrivo delle mestruazioni.Questo, se alle nostre latitudini comporta vergogna e imbarazzo, in innumerevoli altre parti del mondo lo stigma genera condizioni di gestione e consapevolezza delle mestruazioni ancora più estreme. Una recente ricerca condotta nel sud dell’Asia, ad esempio, ha dimostrato che il 33% delle persone in età scolare non aveva mai sentito parlare di mestruazioni prima del suo menarca, e addirittura il 98% non sapeva che il sangue mestruale provenisse dall’utero. Trasferendoci poi dalla sfera culturale a quella medica vedremmo il problema allargarsi a macchia d’olio. Infatti, sono milioni le persone che, vivendo in condizioni di povertà estrema, hanno la strada sbarrata quando si tratta di reperire materiali igienici che assorbano il sangue, come i tradizionali tamponi e assorbenti. È noto come vengano utilizzati a mo’ di assorbente carta, fogli e stracci in numerose parti del mondo. Il tutto con un’enorme ricaduta sul livello di igiene mestruale che comporta un elevato aumento del rischio di contrarre malattie vaginali e infezioni. Il fatto che milioni di persone che sperimentano su se stesse le mestruazioni siano ancora discriminate è una sconfitta culturale e sociale per il mondo. Quello che possiamo fare è rompere il silenzio: solo così si può portare avanti una battaglia realmente efficace nella sensibilizzazione di un assunto facile. Le mestruazioni sono un processo naturale: solo diffondendo insieme educazione e informazione potremo restituire a questa esperienza la normalità che le si addice.   ALICE CARBONARA

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La salute mentale è affare di tuttə: come debellare lo stigma e il pregiudizio nei confronti della salute mentale

La salute mentale è affare di tuttə: come debellare lo stigma e il pregiudizio nei confronti della salute mentale

Si parla sempre più apertamente di salute mentale, sia sui giornali, che sui social network, che sui blog. Molte persone (sia personaggi dello spettacolo che non) condividono le loro esperienze riguardanti la salute mentale attraverso questi mezzi di comunicazione. Tutto questo allo scopo di cercare di abbattere i pregiudizi e lo stigma, facendo sentire meno sole le persone colpite dalla stessa problematica e di sensibilizzare anche chi non ne soffre. Molto spesso però, coloro che non sono colpiti da alcun disagio di tipo psichico, vedono queste notizie come ben lontane da loro (quando sappiamo che i problemi di salute mentale colpiscono 1 persona su 4). Pensano che a loro non capiterà mai nulla di simile, ma quando accade – che si tratti di loro in prima persona, dei loro familiari o dei loro amici – cambia completamente il loro atteggiamento. Ricordo ancora quella volta che conobbi una persona a me cara che aveva a che fare con delle problematiche di salute mentale che io avevo studiato solo sui libri universitari. Nonostante la mia conoscenza teorica dell’argomento, venni pervasa ugualmente da mille dubbi e preoccupazioni. Iniziai a domandarmi: "Ma questa persona starà mai bene?”, “Ora dice di star bere, ma sarà sempre così?”, “E se fosse pericolosa per sé e per gli altri?”.Mentre mi ponevo queste domande mi sentivo terribilmente in colpa e mi vergognavo anche solo a pensare queste cose, perché sapevo razionalmente quanto fossero infondate queste preoccupazioni. Capii che il mio problema era la paura dell’ignoto, di un qualcosa che non avevo ancora sperimentato, e dello stigma che avevo appreso inconsciamente negli anni. Da allora mi sono interessata sempre di più a queste tematiche.   Ma cosa si intende per salute mentale? La salute mentale, viene considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una componente essenziale per il benessere generale. Si definisce come «uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità». Dunque, la salute mentale non riguarda soltanto il benessere del singolo individuo, ma anche della società. La salute mentale è ampiamente influenzata dal contesto nel quale si è immersi, ma anche dalle caratteristiche personali (come il patrimonio genetico, ciò che ci hanno trasmesso i nostri genitori, il nostro vissuto, ecc.). Proprio perché la salute mentale è influenzata da tutti questi aspetti, è in continuo cambiamento: essa non è una condizione fissa, ma sono stati che si modificano (in meglio o in peggio) nel corso del tempo.Proprio alla luce di queste diverse influenze che possono determinare il nostro  stato di salute mentale, possiamo affermare che quest’ultima non è una condizione fissa, bensì si modifica costantemente lungo il corso della vita. Un equilibrio precario che richiede una continua ricerca di stabilità, specialmente a seguito di eventi critici come lutti, malattie, separazioni. Per questi motivi, la salute mentale non conosce età o status di tipo sociale ed economico. Un problema di tipo psicologico o psichiatrico può colpire chiunque, indistintamente.   Stigma, pregiudizi e discriminazione sui disagi psichici La parola stigma, è una parola di origine greca, che sta ad indicare i segni che venivano incisi sul corpo per evidenziare attributi moralmente negativi. Era un modo per etichettare queste persone come inaccettabili, diverse. Tra le persone con disagi psichici, quasi 9 persone su 10, hanno affermato che lo stigma e la discriminazione hanno condizionato in modo negativo le loro esistenze.Il più delle volte, non è unicamente il disagio psichico a generare la gravità della situazione, bensì anche il grado di accettazione da parte di famiglia, amici, posto di lavoro, della società. Il pregiudizio che deriva da paura e incomprensione fa sì che la persona si senta sempre di più isolata ed emarginata, influenzando così la qualità della sua vita. Tra i pregiudizi più comuni rispetto alla salute mentale vi sono la concezione della persona con un disagio mentale come una persona potenzialmente pericolosa, inguaribile, unə “mattə” o unə debole, una persona poco produttiva e priva di competenze lavorative, irresponsabile, etichettata come “incapace di intendere e di volere”. Riconoscere la responsabilità, però, non vuol dire credere a priori che le persone con disturbo mentale siano totalmente libere e responsabili. Vuol dire invece che devono adoperarsi per mantenere la loro individualità, nonostante i condizionamenti cognitivi, emotivi e sociali.   Come eliminare definitivamente lo stigma e i pregiudizi? Affinché vengano scardinati i pregiudizi nei confronti delle persone con problemi di salute mentale è opportuno che si attuino diverse azioni per migliorare la qualità della loro vita. Innanzitutto, è necessario ricercare delle cure adeguate. Non tutte le persone affette da disturbo mentale decidono di curarsi, perché hanno paura di venire etichettate. Tutto questo però non fa altro che peggiorare la sintomatologia e influenzare negativamente la vita lavorativa e sociale della persona che necessita di aiuto.È necessario che lo stigma non provochi mancanza di autostima e vergogna, attraverso anche l’incontro con persone nella stessa condizione, affinché non si isolino e non lascino che sia il disagio psichico a definire chi sono. A questo proposito possono tornare utili i gruppi di supporto, sia nazionali che locali. Un ulteriore passo che andrebbe fatto per eliminare i pregiudizi sulla salute mentale, consisterebbe nel migliorare e ampliare l’assistenza psicologica nelle strutture pubbliche. L’assenza della figura dello psicologo in alcune strutture pubbliche, come ad esempio gli ospedali, può rinforzare la concezione che la salute mentale sia un bisogno di serie B, non strettamente necessario. Perciò, persone con difficoltà economiche e con problematiche relative alla psiche, devono rivolgersi ad enti privati, riscontrando difficoltà a trovare professionisti che offrano dei servizi a prezzi agevolati. Certamente il Ministero della Salute ha fatto un primo passo in avanti, attraverso l’istituzione del bonus psicologo (che consente di accedere a un bonus basato sull’ISEE, quindi non per tutti), ma non basta. Mi auguro però che questo possa essere un primo segnale di svolta per quanto riguarda la tutela della salute mentale.   ANTONELLA PATALANO

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Malattie ginecologiche invisibili

Malattie ginecologiche invisibili

Hai mai sentito parlare di malattie femminili invisibili? Non sono invisibili perché non si sentano, o siano impercettibili, ma perché nonostante la loro diffusione – che via via si scopre sempre più radicata – esistono pochi centri specializzati per la ricerca e lo sviluppo delle cure. Questo rende difficoltosa la diagnosi, ma andiamo con ordine. Perché spesso malattie invisibili è accompagnato dall’aggettivo femminili? Questa domanda ha una risposta scientifica ed evidenza un divario medico-culturale importante. Il fatto è che, negli anni, all’interno della sperimentazione medica il genere femminile è stato sottorappresentato: la gran parte dei programmi scolastici di medicina veicola ancora l’assunto che l’unica differenza esistente in corpi biologicamente maschili e femminili siano solo gli organi sessuali.Non è un caso, dunque, che malattie specificamente femminili – come le malattie invisibili, endometriosi, vulvodinia e neuropatia del pudendo – siano poco studiate. E qui ci scontriamo con il secondo grande tema che caratterizza questa vicenda: la cultura del dolore.   Cos’è la cultura del dolore? L’idea che il corpo delle donne sia naturalmente portato al dolore non ha età, è un evergreen che accomuna diverse culture e diversi secolo. Non solo le donne sarebbero portate al dolore, ma dovrebbero anche sopportarlo senza doversene lamentare. È esemplificativo il fatto che, ad esempio, i dolori mestruali debbano ancora essere nascosti o sopportati: prendere un giorno di malattia per questo motivo è spesso considerato un capriccio da donne o un atto di pigrizia. Una sorte simile è condivisa da quelle che sono le malattie femminili invisibili: le più conosciute sono endometriosi, vulvodinia e neuropatia del pudendo. Sono diverse le testimonianze di donne che arrivano ad una diagnosi dopo lunghi anni di visite e di sofferenze; secondo alcuni studi, per avere una diagnosi di endometriosi ci si impiega in media 7,4 anni dove, oltre ai dolori fisici, le persone affette da questo genere di disturbi sono sottoposte anche a pressioni psicologiche di diverso tipo: la rinuncia a diversi aspetti della propria sfera personale come il sesso, occasioni di socialità e persino il lavoro è all’ordine del giorno, per via del dolore.Nel percorso diagnostico, sono molteplici le testimonianze di coloro che non affermano di non essere credute circa i dolori che provano, vedendo minimizzare disturbi cronici che impediscono il naturale svolgimento delle loro vite.Ora che di queste malattie si è iniziato a parlare, la lotta sarà quella di incrementare le risorse della ricerca e di richiedere che siano introdotti, per via dell’invalidità che comportano, e riconosciute dal sistema sanitario nazionale. Se sperimenti dolori e fastidi all’apparato uroginecologico:  Consulta tempestivamente un* espert* al quale raccontare senza vergogna tutti i tuoi dolori, cosicché possa indirizzarti verso studi ed analisi più approfonditi; Sottoponiti ai test specialistici; Qualora non dovessi sentirti capit*, cambia centro: purtroppo ad oggi la diagnosi prevede un lungo percorso di accertamenti. Rivolgendoti a centri specializzati o con esperienza in questo campo, potresti agevolare il processo.   Alice Carbonara

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