Perché le app per monitorare il ciclo mestruale sono diventate un problema per le donne americane?

Le app per monitorare il ciclo mestruale sono veri e propri diari di salute: non solo permettono di registrare le date del ciclo, ma anche eventuali ritardi e rapporti non protetti. Dati che, negli Stati Uniti dove l’aborto è diventato illegale, potrebbero venire usati per avviare procedimenti penali. È per questo che negli ultimi giorni, da quando la Corte Suprema degli USA ha revocato il diritto federale all’aborto, in particolare ribaltando la storica sentenza “Roe vs. Wade” del 1973 che legalizzava il diritto all’interruzione di gravidanza, molte donne americane si stanno affrettando a disinstallare queste app dai loro cellulari. Questo perché, negli Stati dove l’interruzione di gravidanza va contro legge, i pubblici ministeri, potrebbero richiedere le informazioni raccolte dalle app. Le donne americane, si stanno così organizzando per correre ai ripari, consce che in moltissimi Stati – la metà, dicono gli analisti, una ventina di Stati a guida repubblicana hanno già approvato o sono pronti a varare leggi che eliminano il diritto di scelta delle donne, gli Stati a guida democratica dovrebbero invece mantenere legislazioni che consentono l’aborto – a breve sarà contro la legge procedere all'interruzione di gravidanza.

Intanto, come primo provvedimento, la popolazione sta cancellando le app per il monitoraggio del ciclo mestruale dai loro telefoni, spinta dalla paura che lo Stato possa accedere ai dati su corpo, ciclo mestruale risalendo quindi ad una loro eventuale gravidanza e a un loro eventuale aborto. Non è pura fantascienza, purtroppo: come spiega il Guardian, in uno Stato in cui l'aborto è un reato, i pubblici ministeri potrebbero richiedere le informazioni raccolte da queste app durante le indagini (anche se l'azienda ha sede all'estero, tra l'altro). "Se stanno cercando di perseguire una donna per aver abortito illegalmente, possono citare in giudizio qualsiasi app presente sul loro dispositivo, comprese quelle di monitoraggio del ciclo".

Quasi una donna americana su tre fa uso di queste app per monitorare le mestruazioni, che tornano utili per molti aspetti, dalla pianificazione familiare, al rilevamento dei primi segni di problemi di salute, fino alla scelta del momento più adatto per una vacanza.

Ma quanto sono protetti i dati archiviati su queste app? Ogni azienda ha la propria politica di privacy, ma secondo uno studio del 2019 pubblicato sul British Medical Journal, il 79% delle app sanitarie disponibili su Google Play Store condividono regolarmente i dati degli utenti. È anche possibile che, da allora, le app abbiano cambiato politica. Ad esempio, l’app Clue per il monitoraggio del ciclo (con sede a Berlino ed è una delle due più popolari in Usa insieme a Flo), dichiara di non archiviare dati personali sensibili senza l'esplicito consenso dell'utente e di essere «impegnata a proteggere» i dati sanitari privati ​​degli utenti, operando secondo le rigide leggi europee del GDPR (General Data Protection Regulation, il Garante della Privacy).  Ma, al Guardian, l’avvocato Lucie Audibert, della Ong Privacy International, spiega che «solo perché i dati vengono elaborati da una società europea, non significa che l'app sia del tutto immune dall'azione penale statunitense». Quando si tratta di una richiesta legale legittima da parte delle autorità statunitensi, le aziende europee di solito si attengono. Inoltre, una società europea potrebbe ospitare dati al di fuori dell'Unione Europea, rendendoli soggetti a diversi quadri giuridici e accordi transfrontalieri.

L'app Flo, sul suo sito, assicura di utilizzare solo dati «per attività di ricerca». Nel 2021, la Federal Trade Commission (FTC) ha raggiunto un accordo con Flo, secondo cui la app deve ottenere le autorizzazioni dell'utente prima di condividere le informazioni sulla salute personale. Flo ha annunciato che presto lancerà una «modalità anonima» per mantenere i dati degli utenti al sicuro in qualsiasi circostanza.

Il consiglio di Evan Greer, vicedirettore del gruppo per la protezione dei diritti digitali Fight for the Future, per proteggere i dati sanitari sensibili è quello di utilizzare solo app che archiviano i dati localmente anziché nel cloud, anche quando questo implica più ricerca a livello di informazione.

 

SIMONA DANOS




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