Bisessualità e dating (con persone queer)
Persona bi+ che leggi questo articolo, mi rivolgo a te per introdurre l’argomento: prima di uscire di casa per andare a un date con una persona del tuo stesso genere o appartenente alla comunità queer, ti è mai capitato di guardarti allo specchio e pensare preoccupata “sembrerò abbastanza gay?”. Se è così, non sei sola.
Ho scritto qualche mese fa, per Periodica, un articolo che affronta le problematiche e le complessità per una persona non monosessuale (cioè attratta sessualmente, romanticamente, o emotivamente da più di un genere) nell’uscire e avere relazioni con persone etero cis, nel mio caso ragazzi. Oggi voglio proporvi l’altra faccia della medaglia: il dating nel mondo queer.
Premetto che in questo articolo riporterò la mia esperienza, che probabilmente troverà punti di incontro con quella di tante altre persone bisessuali. Ma ogni esperienza è diversa e valida, non tuttə vivono il proprio orientamento e la sua celebrazione allo stesso modo.
Partendo dall’origine, ho sempre implicitamente saputo che una persona per piacermi non doveva avere connotazioni di genere specifiche: se ripenso alla mia infanzia, i personaggi dei cartoni di cui ero follemente innamorata erano Kim Possible, Doppia D di Ed, Edd ed Eddy, Junior di Dragonball, Cornelia delle Witch. Però davo per scontato che fosse così per tuttə, e che l’orientamento sessuale/romantico fosse la preferenza di un genere sull’altro (quando ero piccolə non avevo consapevolezza delle realtà non binarie e gender non conforming, per ovvie motivazioni culturali). E siccome l’eterosessualità per me era non solo una possibilità, ma sicuramente l’orientamento più comodo, con più rappresentazione, preferito e perpetuato da tutte le persone che caratterizzavano il mio quotidiano (genitori, parenti, amici, docenti) e dalla società (media, libri, cinema) ho deciso, o sono statə portatə a decidere, per circostanze, che era il mio orientamento romantico. Anche perché se puoi scegliere, perché scegliere la strada difficile?
L’eterosessualità è un comodo divano su cui ho lasciato il mio corpo assopito per tanto tempo, prima di accorgermi di quanti spilli ci fossero tuttavia fra i cuscini sotto il mio sedere. Invisibilità e cancellazione passano rapidamente da essere una tana in cui nascondersi a una gabbia da cui è complicato uscire.
Perché nonostante la parola bisessuale spicchi al terzo posto della sigla LGBTQIA+, alla rappresentazione e validazione delle persone bi+ non spetta molto spazio nella società sistemicamente monosessista in cui siamo immersə. Se non si hanno modelli, è difficile vedersi. Tantoché per me non era neanche un’opzione.
Così ho passato la mia prima adolescenza a sviluppare un modello relazionale romantico funzionale per le relazioni etero e nel momento in cui ho iniziato ad uscire dall’armadio (fare coming out), mi sono accorta di quanto fosse diverso, complicato e spaventoso per me relazionarmi in modo romantico con persone del mio stesso genere.
In primo luogo, perché crollano tutte le dinamiche implicite di ruolo/stereotipo di genere: anni dedicati inconsciamente a interiorizzare e ricalcare dinamiche patriarcali, a imparare a performare in modo più piacevole per lo sguardo maschile, essere accomodante, assertiva, comprensiva, accudente, ma anche sensuale e ammiccante diventano fuorvianti in una relazione in cui con il partner condividi il non-privilegio di genere.
In secondo luogo, perché fondamentalmente da persona bisessuale, non ci si sente mai appieno parte della comunità queer. La delegittimazione si articola su due livelli, quello personale, la sindrome dell’impostore per avere e aver avuto vissuti romantici tacciabili come “etero”, che ci fanno sentire di “non meritarci” un posto all’interno degli spazi queer di fianco a gay e lesbiche, e quello sociale/culturale esercitato, purtroppo spesso, da parte della comunità queer monosessuale (persone con orientamento gay o lesbico), noto come straight passing privilege. Il termine definisce il pensiero, errato, secondo cui una persona bisessuale subisce solo in parte una discriminazione omo-lesbofobica in quanto, all’occasione, può esercitare il privilegio di stare in una relazione percepita come “eterosessuale”. Questo tipo di ragionamento è bi-cancellante perché vuole inserire forzatamente l’oppressione bifobica all’interno delle discriminazioni omo-lesbofobiche, come se la bisessualità fosse una sottocategoria dell’omosessualità. Ma sono due cose diverse.
La bifobia e la bi-erasure si articolano sulla negazione e cancellazione delle realtà non-monosessuali. Significa subire il pregiudizio di essere vistə come inaffidabile, promisquə, indecisə, in cerca di attenzioni. Vedere definito il proprio orientamento in base al genere del partner. Significa ricordare alle persone che se frequento un ragazzo non sono “ritornata etero”, se frequento una ragazza o persona queer non sono “diventata lesbica”: nel primo caso sono in una
relazione (comunque queer) con un partner con un genere diverso dal mio, nel secondo caso in una relazione saffica, o queer. E che questo non fa di me una persona confusa sul proprio orientamento, o in transizione, in uno step intermedio, verso un altro orientamento. Fa di me una persona bisessuale.
Sebbene le persone omosessuali subiscano lo stesso tipo di oppressione eterosessista che subiscono le persone bisessuali quando sono in una relazione con persone dello stesso genere, è tuttavia importante, ai fini della liberazione bi+, parlare di monosessismo sistemico, come oppressione specifica subita dalle persone bisessuali.
E questa specificità è riscontrabile nei dati raccolti circa l’esperienza della comunità bisessuale. Uno studio condotto da Stonewall UK nel 2017 che ha coinvolto più di 5000 persone queer, ha infatti messo in luce che le persone bisessuali tendono a fare meno coming out in ogni aspetto del loro quotidiano.
Solo il 20% delle persone bisessuali è out con la propria famiglia, contro il 63% di persone gay o lesbiche, e il 36% con gli amici, contro il 74% di persone gay e lesbiche. Solo il 23% di studenti bi+ è out nel contesto universitario, contro il 44% di studenti gay o lesbiche. In ambiente lavorativo, il 22% di lavoratorə bisessuali è out, contro il 57% di persone gay o lesbiche. Inoltre, alla domanda “ti sentiresti supportatə/credutə (dal datore di lavoro) nel riportare di essere statə vittima di bullismo o molestia” solo il 28% di lavoratorə bisessuali si definisce molto d’accordo, contro il 41% di persone gay o lesbiche.
Percentuali comparabili sono riscontrabili quando si parla di servizi medico-sanitari: il 40% di uomini bi e il 29% di donne bi non specificano il loro orientamento sessuale durante le visite mediche contro il 10 % di uomini gay e l’11% di donne lesbiche.
Per quanto riguarda gli spazi queer (come locali, eventi, pride), lo studio evidenzia che il 43% di persone bisessuali afferma di non averne mai preso parte contro il 29% di persone gay o lesbiche, perché percepitə come non benvenutə a causa della loro identità: il 27% di donne bi e il 18% di uomini bi affermano di aver subito discriminazioni all’interno della comunità (contro il 9% di donne lesbiche e il 4% di uomini gay).
Per queste motivazioni, è facile capire come un’esperienza comune per le persone bisessuali sia non sentirsi “abbastanza” bisessuali, o bisessuali nel “modo giusto”. Ed è poi il motivo per cui prima di uscire di casa per andare a un date con una persona queer può succedere che ci chiediamo se saremo credibili, e se verremo credutə.
E allora che cosa si può fare?
Sia che ci si identifichi in un orientamento etero, sia che si faccia parte della comunità queer, riconosciamo e combattiamo la bifobia e la bi-erasure, quando la vediamo o la sentiamo, non lasciando le persone bi+ da sole. Non mettiamo in discussione o sindachiamo la validità dell’orientamento delle persone bisessuali. Non facciamo assunzioni sull’orientamento di qualcuno solo in base al suo partner e utilizziamo un linguaggio inclusivo: una coppia formata da due donne non è necessariamente lesbica e una formata da due uomini non è necessariamente gay. Non riconoscerlo è bi cancellante. Supportiamo la comunità bi+ negli spazi queer, e validiamo il suo contributo storico nei movimenti di liberazione LGBTQIA+.
Riconosciamo la bisessualità come un orientamento vero e completo, non come 50% etero e 50% gay. Smettiamo di giudicare con parametri monosessuali un orientamento che non lo è.
Rendiamo possibile, per chi lo voglia, alzarsi con semplicità dal divano pieno di spilli.
Rendiamo semplice, per le persone bisessuali, non vivere più nell’invisibilità.
VALERIA REGIS
Fonti statistiche riportate nell’articolo:
Sophie Melville, Eloise Stonborough (Stonewall UK), Becca Gooch (YouGov), LGBT in Britain, Bi Report, 2020:
https://www.stonewall.org.uk/system/files/lgbt_in_britain_bi.pdf
Attivistə bisessuali per chi volesse saperne di più:
https://www.instagram.com/anything.that.moves/
https://www.instagram.com/notdefining/
Bisexual Manifesto 1990:
https://bimanifesto.carrd.co/#manifesto