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Periodica Magazine: lo spazio per il dialogo aperto

Il cervello femminile esiste?

Il cervello femminile esiste?

Neuroscienze, bias culturali e altri miti duri a morire Introduzione “Le donne sono più emotive, gli uomini più razionali.” Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni? Ma cosa c'è di scientifico dietro queste generalizzazioni? Le neuroscienze contemporanee offrono una prospettiva diversa, smontando i miti sul cervello “femminile” e rivelando come i bias culturali influenzino la nostra comprensione dell'identità. Cervelli diversi o stereotipi travestiti da scienza? Per decenni, la ricerca neuroscientifica ha cercato di identificare differenze significative tra cervelli “maschili” e “femminili”. Tuttavia, una svolta importante è arrivata con uno studio del 2015 pubblicato su PNAS, che ha analizzato oltre 1.400 cervelli umani e concluso che la maggior parte presenta una configurazione “mosaico” di tratti, alcuni più comuni nei maschi, altri nelle femmine, ma nessuno completamente univoco (https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.1509654112).  E non si tratta di un caso isolato o superato. La ricerca scientifica successiva va decisamente nella stessa direzione. Studi pubblicati tra il 2021 e il 2024 continuano a smentire l’idea di due cervelli distinti. Una meta-analisi ha dimostrato che le differenze strutturali tra cervelli di sesso diverso si ridimensionano una volta controllate le dimensioni cerebrali totali (https://neurosciencenews.com/). Altri lavori, come quello pubblicato su Nature Communications, sottolineano come le configurazioni cerebrali “androgine” – che sfuggono alla logica binaria – siano associate a migliori indicatori di benessere emotivo e cognitivo (PMC). In breve: il consenso scientifico si sta muovendo in modo netto verso una visione più fluida, complessa e non deterministica del cervello umano. Parlare di “cervello femminile” oggi non è solo riduttivo: è scientificamente sbagliato. Bias culturali: quando la scienza conferma gli stereotipi Il termine bias si riferisce a un pregiudizio sistematico che può influenzare la raccolta e l'interpretazione dei dati. Nelle neuroscienze, i bias culturali possono portare a interpretazioni distorte dei risultati, confermando stereotipi di genere preesistenti. Gina Rippon, neuroscienziata cognitiva, ha coniato il termine “neurosexism” per descrivere l'uso improprio della neuroscienza per giustificare differenze di genere non supportate da dati scientifici solidi (en.wikipedia.org). L’identità: un costrutto dinamico e relazionale L'identità di genere non è determinata esclusivamente dalla biologia. È un costrutto complesso che emerge dall'interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. Le aspettative culturali, l'educazione e le esperienze personali giocano un ruolo cruciale nella formazione dell'identità. Come sottolinea Rippon, “le esperienze guidano l'architettura del nostro cervello” (time.com). Ciò significa che l'ambiente in cui cresciamo e le interazioni sociali influenzano profondamente lo sviluppo del nostro cervello e, di conseguenza, la nostra identità. Conseguenze pratiche: oltre i miti per una società più equa Attribuire differenze comportamentali o cognitive a presunte differenze cerebrali innate tra i sessi può giustificare disuguaglianze e limitare le opportunità. È fondamentale riconoscere che molte delle differenze osservate sono il risultato di influenze culturali e sociali, non di determinismi biologici. Ad esempio, la sottorappresentazione delle donne nelle STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è spesso attribuita a differenze innate, ma studi dimostrano che le aspettative culturali e le opportunità educative giocano un ruolo più significativo. Conclusione Il concetto di un “cervello femminile” distinto da quello maschile è più un mito che una realtà scientifica. Le neuroscienze moderne ci invitano a superare queste semplificazioni e a riconoscere la complessità dell'identità umana. Riflettiamo: quali convinzioni abbiamo interiorizzato riguardo alle differenze di genere? E come possiamo contribuire a una comprensione più accurata e inclusiva dell'identità?   Nota: Per approfondire, si consiglia la lettura di “The Gendered Brain” di Gina Rippon e “Delusions of Gender” di Cordelia Fine.   LUCIA SCARANO

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Sonno e mestruazioni

Sonno e mestruazioni

Lo sapevi che il tuo ciclo mestruale potrebbe metterci lo zampino anche nella qualità del tuo sonno? Ebbene sì, non bastava il mal di pancia, la voglia di carboidrati, le montagne russe emotive e quel brufolo che arriva sempre nei momenti meno opportuni... ci si mette pure il sonno a fare i capricci!  Alcuni studi made in USA l (sì, quelli dove fanno anche i pancake a colazione e le ricerche su tutto!) hanno dimostrato che esiste un legame tra disturbi del sonno e ciclo mestruale. Il colpevole?  Le fluttuazioni ormonali che avvengono proprio in quei giorni: estrogeni e progesterone giocano a fare i DJ e remixano il ritmo del nostro sonno. Risultato? Sonno più leggero, interrotto, o peggio… la he classica notte in bianco mentre nella testa passa il replay di ogni conversazione imbarazzante degli ultimi 10 anni.  E questo, inevitabilmente, influisce sul nostro umore, sulla capacità di concentrazione, sull’irritabilità (che già non è al minimo storico), e sulla reattività agli stimoli esterni (tipo la collega che mastica forte o il partner che respira troppo vicino). Ma attenzione! Essere consapevoli di questi cambiamenti non significa farsi travolgere o pensare che il ciclo debba diventare una condanna mensile. Anzi! Comprendere come funzioniamo ci dà il potere di prenderci più cura di noi stesse. Magari durante quei giorni possiamo organizzare la giornata con un po’ più di gentilezza, scegliere attività meno stressanti, trovare dei rituali serali che concilino il sonno (no, non sto parlando di scrollare TikTok fino alle 2), e accogliere il nostro corpo per quello che è: ciclico, complesso, meraviglioso. In fondo, non possiamo fermare le onde ormonali... ma possiamo imparare a surfarle.   STELLA BRUGNETTA

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Fitness e mestruazioni: come allenarsi in base al proprio ciclo mestruale

Fitness e mestruazioni: come allenarsi in base al proprio ciclo mestruale

Chi ha detto che durante il ciclo si debba necessariamente stare a casa, stesə sul divano con una borsa dell'acqua calda e una tisana rilassante?Se si sente il bisogno di rilassarsi, ben venga, ma nulla vieta di fare attività fisica anche in quei giorni. Ciclo mestruale e attività fisica Il ciclo mestruale è un aspetto fondamentale della fisiologia femminile che può influenzare vari aspetti della vita quotidiana, compresa l'attività fisica.Le donne possono sperimentare variazioni significative nella loro energia, nello stato d’animo e nelle prestazioni fisiche in base alla fase del ciclo mestruale. Allenarsi durante il ciclo può portare benefici come il miglioramento dell'umore e la riduzione dei sintomi premestruali.È possibile adattare l'allenamento alle diverse fasi del ciclo per ottenere i migliori risultati. Mestruazioni (Giorni 1-5) Durante questa fase molte donne, a causa della caduta dei livelli di estrogeni e progesterone, sperimentano crampi, stanchezza e disagio.Tuttavia, l’attività fisica leggera può ridurre il dolore e migliorare l’umore. Meglio evitare gli allenamenti ad alta intensità, preferendo camminate, yoga, pilates o stretching. Secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology, il movimento leggero durante la fase mestruale può contribuire a ridurre il dolore mestruale (Daley, 2009). Fase follicolare (Giorni 6-14) Questa fase è caratterizzata da un aumento degli estrogeni, che favorisce l’energia e la costruzione muscolare.Ideale per sollevamento pesi e HIIT. Uno studio del Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism mostra che l'aumento degli estrogeni migliora il recupero e riduce il cortisolo (Sakamaki et al., 2018). Allenarsi intensamente in questa fase massimizza le capacità anaboliche del corpo. Ovulazione (Giorni 15-17) È il momento in cui l’ovulo viene rilasciato: estrogeni e ormone luteinizzante sono al picco, portando più forza e resistenza. Ideale per sessioni intense o competizioni sportive.Attenzione: l’aumento degli estrogeni può rendere le articolazioni più vulnerabili agli infortuni. Studi indicano che livelli elevati di estrogeni possono aumentare la lassità dei legamenti, favorendo infortuni come distorsioni o lesioni al ginocchio (Shultz & Dragoo, 2013). Fase luteale (Giorni 18-28) Il progesterone aumenta, preparando l’utero a una possibile gravidanza.L’energia cala, e si possono avvertire sintomi premestruali come irritabilità e affaticamento. Consigliati: yoga, pilates, esercizi a bassa intensità. Uno studio sul Journal of Sports Sciences evidenzia che il recupero attivo è più efficace in questa fase (Vaiksaar et al., 2011). Ridurre l’intensità aiuta a prevenire il sovraccarico fisico e mentale. Massimizzare l’allenamento durante il ciclo Monitora il ciclo: usa app o diario per tracciare sintomi ed energia. Pianifica con criterio: sfrutta i picchi energetici nella fase follicolare e ovulatoria. Ascolta il tuo corpo: adatta gli allenamenti al tuo stato fisico e mentale. Considerazioni finali Integrare la consapevolezza del ciclo nella pianificazione dell’allenamento può migliorare le prestazioni e il benessere generale.Le fluttuazioni ormonali non sono un ostacolo, ma un’opportunità per ottimizzare la propria routine di fitness. Con un approccio informato e flessibile, ogni donna può trovare il giusto equilibrio tra allenamento e salute personale.   LORENZO CIOL

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Le mestruazioni scombinano tutto? Tre rituali per restare con te.

Le mestruazioni scombinano tutto? Tre rituali per restare con te.

Ci sono giorni in cui tutto si fa più sottile: la pelle, l’umore, i confini. Giorni in cui basta poco per sentirsi esposte.Nei giorni delle mestruazioni, per molte persone, la sensibilità aumenta, l’energia cambia, il bisogno di protezione emerge. Eppure, la risposta sociale continua a essere: vai avanti, produci, ignora. Ma c’è un’altra possibilità: stare con ciò che c’è, anche quando è fragile.Questo articolo è un invito a coltivare gesti semplici, quasi invisibili, che aiutano a rimanere in contatto con sé nei momenti in cui il corpo non chiede forza, ma presenza.   Il corpo non è un contenitore, è un luogo Nella narrazione dominante, il corpo che mestrua è spesso vissuto come qualcosa da gestire, da ridurre al silenzio, da sopportare.Come se fosse un involucro da controllare, un mezzo per produrre, mai un luogo da abitare. Ma il corpo non è un contenitore passivo. È un luogo vivo, sensibile, responsivo.Un paesaggio che cambia, che sente, che comunica. Durante le mestruazioni, questo paesaggio si trasforma. Non è un errore, non è debolezza: è una fase naturale della nostra ciclicità. E come ogni fase, ha i suoi bisogni. Spesso invisibili, spesso taciuti. Ma reali. In quei giorni, non servono eroi. Serve un posto sicuro in cui stare. E quel posto può cominciare proprio da dentro. Rituali invisibili per restare presenti Nei giorni in cui ci sentiamo più esposte, non sempre servono grandi gesti. Spesso bastano micro-movimenti per iniziare a riabitare il corpo. Ecco tre rituali che non si vedono, ma si sentono: Portare attenzione al peso: sedersi e lasciare che il corpo affondi, che il bacino trovi la gravità. Farlo intenzionalmente aiuta il sistema nervoso a sentire che c’è una base. Che non dobbiamo trattenere tutto. Toccare la pelle: non per aggiustarla, ma per sentirla. Un palmo caldo sull’addome o sul petto. Non per calmare, ma per riconoscere: “Sono qui. Mi sento.” Lasciare il fiato libero: non forzare la respirazione, ma osservarla. Quando il corpo è in tensione, il respiro si accorcia. A volte, basta accorgersene per iniziare a sciogliere. Questi sono gesti minimi, ma profondamente regolativi. Non servono per “stare meglio”, ma per stare in contatto. Il rifugio interno è una memoria del sistema nervoso Quando il corpo mestrua, il sistema nervoso autonomo – in particolare il ramo parasimpatico – può diventare più attivo. È fisiologico. È parte del nostro design. Nei giorni mestruali, molte persone notano una maggiore sensibilità, una diminuzione della soglia di tolleranza agli stimoli, una necessità aumentata di protezione. Non è solo psicologia. È biologia. E soprattutto è relazione. Il bisogno di “rifugio” è iscritto nei nostri tessuti fin dall’inizio della vita. Il sistema nervoso cerca contenimento e co-regolazione: qualcuno (o qualcosa) che ci faccia sentire al sicuro. Se non possiamo riceverlo da fuori, possiamo iniziare a offrirlo da dentro. Attraverso il corpo, attraverso rituali che ricordano al sistema che siamo presenti. Che non lo stiamo lasciando solo nel sentire. Sentirsi a casa, allora, non è una conquista mentale. È una memoria corporea che possiamo risvegliare.   Le mestruazioni possono essere un portale. Non perché ci rendono più "spirituali", ma perché ci rendono più nude. E nella nudità possiamo imparare a fare spazio, non solo al dolore, ma anche alla presenza. Qual è il tuo modo di farti tana, quando tutto chiede che tu stia fuori da te?   LUCIA SCARANO

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Dirty Talking: guida semiseria all’arte di parlare sporco

Dirty Talking: guida semiseria all’arte di parlare sporco

C’è chi è già esperto, chi ci sta approcciando per la prima volta e chi pensa:Ma che è? Si mangia? Il Dirty Talking è, letteralmente, “parlare sporco” – ma non nel senso delle piastrelle in cucina dopo aver cucinato un’amatriciana coi fiocchi.Potremmo tradurlo più onestamente con: dire le zozzate. È una pratica che si può usare nelle sessioni di sexting ma anche, per gli amanti dell’offline, dal vivo: come preliminare o durante il rapporto. E ce ne sono di cose da dire… può essere un complimento super esplicito, sussurrato all’orecchio o inviato in un vocale, magari dopo un nude particolarmente hot una descrizione di ciò che vorremmo fare (o ricevere) una telecronaca di quello che ci sta succedendo e di ciò che ci sta piacendo Ma perché ci piace tanto? Stimola l’eccitazione: il dirty talking attiva il cervello prima ancora del corpo Ti permette di esprimerti (o trasformarti): puoi essere te stess* o provare un ruolo diverso, dando voce alle tue fantasie  Crea connessione: dire i propri desideri, ascoltare quelli dell’altro è un modo potentissimo per creare intimità Ti piacerebbe provare ma non sai da dove iniziare? Ecco qualche dritta: Inizia soft: non sei in un porno. Le sfumature eccitano più delle frasi da film Ascolta l’altra persona: osserva la sua reazione. Se ti segue, prosegui. Se si blocca, fermati Trova il tuo stile: c’è chi è poetico, chi esplicito, chi buffo, chi fantasioso. Scopri cosa ti eccita e fallo tuo Usa il contesto a tuo favore: sei a cena e non puoi passare all’azione? Sussurra una fantasia. Sei in ufficio? Scrivi cosa succederà dopo Un’ultima cosa importante.I porno ci hanno abituato a un dirty talking finto e spesso imbarazzante. Nella realtà, ognuno ha il proprio modo di esprimersi, le proprie sfumature, i propri limiti. Il dirty talking – come il sesso – non ha uno standard. Finché c’è consenso, non esiste un modo giusto o sbagliato. Esiste il tuo. Il vostro. Quindi schiarisciti la voce, e preparati a far salire la temperatura, baby.   LINDA CODOGNESI

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Infezioni vaginali ricorrenti

Infezioni vaginali ricorrenti

Le infezioni vaginali ricorrenti, tra le quali cistiti, candidosi e vaginosi batterica, colpiscono un gran numero di donne e rappresentano una sfida significativa per la salute quotidiana femminile in tutto il mondo, soprattutto nei paesi meno sviluppati, in cui le condizioni igieniche spesso vengono meno e sono determinanti. Queste patologie non solo comportano disagio fisico, ma spesso causano anche stress e frustrazione, influenzando negativamente la qualità della vita. È cruciale analizzare e distinguere i sintomi, identificare le cause principali e adottare strategie di prevenzione e trattamento, supportate da evidenze scientifiche, per affrontare efficacemente queste problematiche, riducendone la frequenza e migliorando la qualità della vita. Cistite: una delle infezioni urinarie più comuni La cistite è un'infezione del tratto urinario (UTI) che colpisce la vescica, solitamente causata da batteri intestinali, in particolare Escherichia coli, che migrano verso il tratto urinario. Le donne sono più frequentemente colpite a causa della loro anatomia, con una breve distanza tra uretra, vagina e ano che facilita la diffusione dei batteri nella vescica. Secondo uno studio di Foxman et al. (2022), circa il 50-60% delle donne sperimenta almeno un episodio di cistite nella vita, con molte che soffrono di infezioni ricorrenti. Sintomi della cistite Dolore e bruciore durante la minzione Bisogno frequente e urgente di urinare Dolore pelvico Presenza di sangue nelle urine (in alcuni casi) La cistite ricorrente può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, rendendo essenziale comprenderne la prevenzione e la gestione. Trattamento della cistite Le linee guida attuali, come quelle pubblicate dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE), raccomandano l'uso di antibiotici (es. nitrofurantoina o trimetoprim) per il trattamento delle UTI. È essenziale completare il ciclo di antibiotici prescritto per evitare recidive e resistenza batterica. Prevenzione e comportamenti raccomandati Urinare subito dopo il rapporto sessuale può ridurre la colonizzazione batterica nella vescica (Hooton et al., 2022) Evitare l'uso di spermicidi e diaframmi, che aumentano il rischio di cistite (Stapleton, 2023) Assunzione di probiotici contenenti Lactobacillus per mantenere l'equilibrio della flora vaginale (Kramer et al., 2024) Idratazione adeguata per aiutare a espellere i batteri Candidosi vaginale: una proliferazione fungina comune La candidosi vaginale è causata dalla crescita eccessiva di Candida albicans, un fungo normalmente presente nella flora vaginale. Fattori scatenanti: stress, squilibri ormonali, uso di antibiotici, diabete non controllato, dieta non equilibrata. Sintomi della candidosi Prurito intenso Bruciore Perdite vaginali bianche Arrossamento della zona vulvare Dolore durante i rapporti sessuali Trattamento della candidosi vaginale Secondo l'American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), è consigliato l'uso di antifungini topici (clotrimazolo o miconazolo). Per forme recidivanti: trattamenti prolungati con antimicotici sistemici o terapia di mantenimento. Prevenzione e comportamenti raccomandati Limitare l'uso di antibiotici Assumere probiotici durante e dopo la terapia antibiotica (Falagas et al., 2023) Indossare biancheria intima in cotone, evitare indumenti sintetici Mantenere una buona igiene intima Vaginosi batterica: squilibrio della flora batterica La vaginosi batterica si verifica quando diminuiscono i lattobacilli e aumentano batteri patogeni come Gardnerella vaginalis. Sintomi della vaginosi batterica Secrezioni grigio-biancastre Odore sgradevole (simile al "pesce marcio") Spesso asintomatica, ma può aumentare il rischio di altre infezioni. Trattamento della vaginosi batterica Secondo il CDC, si usano antibiotici come metronidazolo o clindamicina. Ripristinare la flora vaginale con gel vaginali a base di Lactobacillus rhamnosus è consigliato. Prevenzione e comportamenti raccomandati Evitare lavaggi vaginali interni Usare detergenti intimi delicati, senza profumi Usare preservativi e fare controlli regolari (Koumans et al., 2022) Antibiotico-resistenza e approccio diagnostico L'abuso di antibiotici ha contribuito a un aumento della resistenza batterica, complicando la gestione delle infezioni. È fondamentale un corretto iter diagnostico: Anamnesi completa Esami di laboratorio (es. coltura delle urine) Test diagnostici rapidi (tamponi, test pH, microscopici) Educazione del paziente sui rischi dell'automedicazione Approccio integrato per prevenire le infezioni vaginali ricorrenti Igiene intima corretta, evitando detergenti aggressivi Alimentazione equilibrata ricca di fibre e probiotici Gestione dello stress tramite yoga, mindfulness e riposo adeguato Quando consultare unə medicə? Se le infezioni sono frequenti o non rispondono alle misure preventive, è bene rivolgersi a un professionista. Potrebbero nascondere altre condizioni di salute o necessitare di trattamenti specifici. Conclusioni Le infezioni vaginali ricorrenti sono una problematica comune ma gestibile. Ogni donna è diversa e può richiedere approcci personalizzati. Un mix di consapevolezza, prevenzione, probiotici e igiene intima corretta può fare la differenza. Inoltre, queste condizioni impattano anche l'aspetto emotivo: il benessere psicologico e la qualità della vita non vanno trascurati. Parlarne è il primo passo per affrontarle, senza tabù e senza sensi di colpa.LORENZO CIOL

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Il mio sangue ti disturba più di una ferita? (se si, chiediti perchè)

Il mio sangue ti disturba più di una ferita? (se si, chiediti perchè)

Free Bleeding e il tabù del sangue mestruale: perché ci fa ancora paura) Introduzione Il sangue mestruale è naturale, eppure la sua vista continua a generare disgusto, imbarazzo o persino repulsione. Il free bleeding, ovvero la scelta di non utilizzare dispositivi per contenere il flusso mestruale, mette in discussione questo condizionamento sociale. Ma perché la vista del sangue mestruale è così disturbante? Secondo un sondaggio condotto da Plan International, il 48% delle giovani ha provato vergogna per le proprie mestruazioni, mentre il 64% evita di parlarne in pubblico. Se il sangue è lo stesso, perché alcune forme sono accettate e altre demonizzate? Il condizionamento sociale e il tabù del sangue Viviamo in una società che ha costruito un'idea del corpo mestruante come qualcosa di privato, da nascondere. La pubblicità dei prodotti per la menstrual care ha contribuito a questo, sostituendo il sangue con liquidi azzurri e rafforzando l'idea che la "discrezione" sia la chiave per una femminilità accettabile. Ma questa riprogrammazione culturale non riguarda solo l'igiene: il sangue mestruale è stato storicamente associato a impurità e debolezza, mentre il sangue versato in guerra o negli sport estremi è considerato segno di forza e coraggio. Uno studio pubblicato su Women's Reproductive Health ha evidenziato che il 58% delle persone associa il sangue mestruale a qualcosa di "sporco", mentre solo il 12% prova lo stesso disgusto per il sangue di una ferita. Perché una ferita sanguinante suscita empatia, mentre il sangue mestruale provoca disagio? Free bleeding: una rivoluzione o solo provocazione? Il movimento del free bleeding non è nuovo, ma negli ultimi anni è diventato più visibile. Nel 2015, la maratoneta Kiran Gandhi ha corso la London Marathon senza utilizzare alcun prodotto mestruale, attirando l’attenzione globale sul tabù del sangue mestruale. Da allora, sempre più persone hanno iniziato a parlare apertamente del free bleeding come un gesto di liberazione e protesta. Ma questa scelta non riguarda solo la ribellione culturale. È anche un atto politico: sottolinea che la necessità di nascondere il sangue mestruale è una costruzione sociale, non un bisogno reale. Secondo un rapporto dell’UNICEF, una ragazza su 10 in Africa salta la scuola durante il ciclo per mancanza di accesso ai prodotti mestruali. In India, il 71% delle adolescenti non sa cosa siano le mestruazioni prima della prima esperienza. Il free bleeding porta alla luce il privilegio di chi può scegliere tra tamponi, coppette o assorbenti, mentre altre persone sono escluse da questo diritto. Il ruolo dell’educazione e della rappresentazione Se il sangue mestruale ci disturba, è perché siamo stati educati a vederlo come qualcosa di sporco. Rappresentarlo nei media in modo realistico, parlarne apertamente e normalizzarlo è il primo passo per spezzare questo condizionamento. E non si tratta solo di cambiare la narrativa pubblicitaria, ma anche di introdurre un’educazione mestruale più inclusiva nelle scuole. Nel Regno Unito, dal 2020 l'educazione mestruale è parte del curriculum scolastico, un passo avanti per normalizzare il ciclo fin dall’infanzia. Normalizzare la vista del sangue mestruale significa dare alle persone che mestruano la possibilità di viverlo senza vergogna o disagio. Conclusione Il disgusto per il sangue mestruale non è innato, ma il risultato di secoli di narrazioni che lo hanno reso un tabù. Il free bleeding non è solo una scelta personale, ma una sfida culturale che ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il corpo, con il sangue e con la società. Se il sangue mestruale ti disturba, forse dovresti chiederti: chi ti ha insegnato a vergognartene? E, soprattutto, perché continui a crederci? LUCIA SCARANO 

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Genesi e crisi delle dating app

Genesi e crisi delle dating app

Ah, le dating app… croce e delizia, terra di nessuno in cui tutt* siamo passat* almeno una volta nella vita: ci hanno venduto le promesse di amore eterno, sesso occasionale a volontà, tutto a portata del nostro pollicione sullo schermo del telefono. Le scarichiamo, scegliamo le foto migliori, rispondiamo alle domande ficcanaso per impostare il profilo e il gioco è fatto: ready-set-match, si inizia la partita. Tinder, Hinge, Field, Bumble, ma anche Badoo, OKCupid, Meetic o Facebook Dating, per i più spericolat*: la scelta è diventata sempre più vasta, e utilizzarle è diventato un lavoro quasi a tempo pieno. Tinder ha aperto le danze in Italia nel lontano 2012 (13 anni fa?! Come vola il tempo quando si swipa), e da allora ne è passata di acqua sotto ai ponti. Le dating app sembravano una terra promessa per tutti e tutte le single in cerca di qualcosa, che fosse compagnia momentanea o un matrimonio imminente, ma la verità è che, dopo alcuni anni di apice e utilizzo smodato, la curva sta calando e l’interesse verso le conoscenze virtuali sta di nuovo scemando. Ma quando e come è successo tutto questo? Durante la pandemia da COVID-19 (che sembra l’altro ieri, e invece di anni ne sono già passati più di 5), queste app hanno avuto il loro momento di gloria e di apici di download: le persone erano chiuse in casa, si annoiavano, erano spaventate e non potevano socializzare nella vita reale, ed ecco che le dating app sono venute in loro soccorso. Tra chi non era impegnato a litigare con il proprio partner sull’ennesimo film da guardare la serie o chi faceva la pizza dopo essersi accaparrato l’ultimo lievito all’Esselunga, esisteva la categoria di tutte le persone single, da sole nel proprio appartamento, desiderose di avere contatti con l’esterno che non fossero le call di Zoom con gli amici dove si giocava a Skribbl.  È stato anche divertente darsi appuntamento alle code infinite per entrare al supermercato, con la mascherina addosso, cercando di capire se la persona che avevamo davanti avesse un sorriso smagliante o un alito fetido. Ma dopo un po’ di tempo si è tornati alla normalità, i bar hanno riaperto, i ristoranti e le palestre pure, noi non abbiamo smesso di scrollare, ma questa attrattiva nei confronti delle conoscenze online ha iniziato a scemare. Ma non solo: la GenZ nel frattempo è cresciuta, e si è accorta di essere piena rasa delle dating app: quasi 9 giovani su 10 infatti non le hanno mai utilizzate. Dicono di preferire un incontro alla “vecchia maniera”: di persona, magari con un "meet cute" degno di una romcom alla Serendipity. Ma come mai questo cambio di rotta, per le persone giovani ma anche un-po’-meno-giovani? Swipe fatigue: passare la giornata  scorrere profili come se fossimo al banco carne della macelleria in cerca del pezzo migliore può essere stancante psicologicamente, e può portare a sentirsi inadatt*. Autenticità: non è facile trovare qualcun* che ci interessi solo tramite tre foto e una micro bio, figuriamoci che ci appassioni tramite chat. La maggior parte delle volte si finisce a portare avanti conversazioni impersonali e monotone, che non fanno venire nessuna voglia di incontrarsi, ed è un peccato, perché spesso le persone dal vivo si rivelano molto più interessanti che dietro ad uno schermo. Sicurezza: chattare e, successivamente, incontrare una persona su una app, con cui spesso non si hanno connessioni o conoscenze comuni, per molte persone crea ansia e paura. Si ha molta paura di truffe, catfishing, o, nel peggiore dei casi, di molestie e violenze. Quale sarà, quindi, il futuro del dating? Come trovare l’amore o anche solo una bella sessione di cardio occasionale in città frenetiche e caotiche?La soluzione sembra tornare ad una modalità più ibrida: utilizzare le app occasionalmente come complemento della vita reale, lasciando spazio agli incontri casuali dal vivo durante le serate o, perché no, anche mentre si fa colazione al bar o si è in fila alla cassa del super. E ricorda: se vuoi approcciare una persona dal vivo, ricordati di non essere insistente, invasiv* o presentarti con complimenti espliciti non richiesti. Perché quello non si chiama corteggiamento, si chiama molestia. Detto ciò, aprite le gabbie di nuovo e che i giochi abbiano inizio!   LINDA CODOGNESI

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Ce l'hai un assorbente?

Ce l'hai un assorbente?

Hai un assorbente? Ve lo ricordate quando ci pensavi almeno 5 minuti per chiedere se qualcun* avesse un assorbente? Io maledetta millennials me lo ricordo eccome, al liceo ci dovevo proprio pensare, a come formulare la frase e schivare i commenti dei miei adorati compagni di classe… Crescendo ho sperato che le cose cambiassero che le modalità fossero più semplici e fluide e così è stato, mi sono resa conto che intorno a me il panorama diventava più chiaro.  La generazione Y, Z e quella Alpha hanno un approccio al ciclo e agli assorbenti di varia natura ( interni, esterni, coppette e quant’altro) decisamente sciolta, disinibita e pratica.  Durante l’occupazione o autogestione di molti istituti sono comparsi fra i dibattiti argomenti inerenti i “costi” degli assorbenti per le quote rosa, gli svantaggi della non biodegradabilità di alcune tipologie di prodotti e la gestione della tipologia di rifiuti.  Non solo, sono comparsi contenitori nei bagni o in altri spazi di passaggio di assorbenti con messaggi tipo: “prendi quello che ti serve e se puoi lascia quello che puó servire”. Una rivoluzione ideologica e pratica che nasce dalla buona abitudine di vivere il ciclo senza imbarazzo dimostrata dalla nonchalance con cui le ragazze li chiedono apertamente ad altre ragazze e non devono “occultare” l’oggetto in beauty, tasche o borse per andare in bagno.  Era ora! La generazione precedente, la X aveva ancora momenti di imbarazzo, barcamenandosi da retaggi culturali che proponevano il ciclo e gli assorbenti come un argomento tabù e le prime pubblicità televisive che vedevano donne in paracadute sorridenti xchè avevano l’assorbente giusto per vivere normalmente anche “in quei giorni”.  Saranno i film, le serie, la pubblicità, i media come instagram, i genitori “illuminati” sarà l’estinzione del “dinosauro imbarazzo” di cui si cercano ancora i resti fossili, fatto sta che “quei giorni” sono diventati “giorni qualsiasi” e la domanda sarà sempre più spesso: “ciao, hai per favore un assorbente?…possibilmente ecosostenibile? STELLA BRUGNETTA

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