Ci sono giorni in cui tutto si fa più sottile: la pelle, l’umore, i confini. Giorni in cui basta poco per sentirsi esposte.
Nei giorni delle mestruazioni, per molte persone, la sensibilità aumenta, l’energia cambia, il bisogno di protezione emerge. Eppure, la risposta sociale continua a essere: vai avanti, produci, ignora.
Ma c’è un’altra possibilità: stare con ciò che c’è, anche quando è fragile.
Questo articolo è un invito a coltivare gesti semplici, quasi invisibili, che aiutano a rimanere in contatto con sé nei momenti in cui il corpo non chiede forza, ma presenza.
Il corpo non è un contenitore, è un luogo
Nella narrazione dominante, il corpo che mestrua è spesso vissuto come qualcosa da gestire, da ridurre al silenzio, da sopportare.
Come se fosse un involucro da controllare, un mezzo per produrre, mai un luogo da abitare.
Ma il corpo non è un contenitore passivo. È un luogo vivo, sensibile, responsivo.
Un paesaggio che cambia, che sente, che comunica.
Durante le mestruazioni, questo paesaggio si trasforma. Non è un errore, non è debolezza: è una fase naturale della nostra ciclicità. E come ogni fase, ha i suoi bisogni. Spesso invisibili, spesso taciuti. Ma reali.
In quei giorni, non servono eroi. Serve un posto sicuro in cui stare. E quel posto può cominciare proprio da dentro.
Rituali invisibili per restare presenti
Nei giorni in cui ci sentiamo più esposte, non sempre servono grandi gesti. Spesso bastano micro-movimenti per iniziare a riabitare il corpo. Ecco tre rituali che non si vedono, ma si sentono:
- Portare attenzione al peso: sedersi e lasciare che il corpo affondi, che il bacino trovi la gravità. Farlo intenzionalmente aiuta il sistema nervoso a sentire che c’è una base. Che non dobbiamo trattenere tutto.
- Toccare la pelle: non per aggiustarla, ma per sentirla. Un palmo caldo sull’addome o sul petto. Non per calmare, ma per riconoscere: “Sono qui. Mi sento.”
- Lasciare il fiato libero: non forzare la respirazione, ma osservarla. Quando il corpo è in tensione, il respiro si accorcia. A volte, basta accorgersene per iniziare a sciogliere.
Questi sono gesti minimi, ma profondamente regolativi. Non servono per “stare meglio”, ma per stare in contatto.
Il rifugio interno è una memoria del sistema nervoso
Quando il corpo mestrua, il sistema nervoso autonomo – in particolare il ramo parasimpatico – può diventare più attivo. È fisiologico. È parte del nostro design. Nei giorni mestruali, molte persone notano una maggiore sensibilità, una diminuzione della soglia di tolleranza agli stimoli, una necessità aumentata di protezione.
Non è solo psicologia. È biologia. E soprattutto è relazione.
Il bisogno di “rifugio” è iscritto nei nostri tessuti fin dall’inizio della vita. Il sistema nervoso cerca contenimento e co-regolazione: qualcuno (o qualcosa) che ci faccia sentire al sicuro. Se non possiamo riceverlo da fuori, possiamo iniziare a offrirlo da dentro. Attraverso il corpo, attraverso rituali che ricordano al sistema che siamo presenti. Che non lo stiamo lasciando solo nel sentire.
Sentirsi a casa, allora, non è una conquista mentale. È una memoria corporea che possiamo risvegliare.
Le mestruazioni possono essere un portale. Non perché ci rendono più "spirituali", ma perché ci rendono più nude. E nella nudità possiamo imparare a fare spazio, non solo al dolore, ma anche alla presenza.
Qual è il tuo modo di farti tana, quando tutto chiede che tu stia fuori da te?
LUCIA SCARANO