Monetizziamo il nostro grande amore: le relazioni nel XXI secolo

Tinder monetizza!

Non è uno slogan, né un'accusa particolare, ma soltanto l'ultima notizia che riguarda quella che è la più celebre – ci sembra – app di incontri. Tinder monetizza, dicevamo, ovvero: la piattaforma introdurrà una moneta virtuale per consentire agli utenti di comprare una maggiore visibilità del proprio profilo, aumentando di conseguenza le possibilità di incontrare altre persone. Il funzionamento è abbastanza semplice, e lo ha raccontato recentemente Daniele Monaco in un pezzo per Wired: «Lo strumento ideato dall’app di appuntamenti romantici per favorire la propensione degli utenti a spendere è una nuova moneta virtuale che sarà utilizzabile solo all’interno dell’applicazione stessa. Il principio è semplice: i gettoni digitali potranno essere acquisiti nella misura in cui gli utenti restano attivi sulla piattaforma o mantengono aggiornato il profilo, ma potranno anche essere scambiati con il denaro reale». Una sorta di economia interna all'app, dunque, che dipende molto dalla frequenza con cui la si usa e che permette una serie di funzioni avanzate, dal Super like, che consente di far conoscere all'altra persona il proprio interesse, al boost, che comporta una maggiore visibilità del proprio profilo, appunto.

Di per sé, che Tinder cominci a monetizzare non stupisce più di tanto (chi non lo fa, oggi?); piuttosto la notizia si porta appresso una serie di implicazioni morali, o etiche, destinate a far discutere. L'amore, già offeso dalla sua controparte tecnologica – l'app d'incontri – si vede ora totalmente snaturato dalla sua commercializzazione. In parole povere: pagando, hai più possibilità di trovare la persona giusta. Il dilemma etico è facile da intendere anche per i più progressisti: non è forse meglio cercare l'amore in maniera tradizionale, come i nostri padri e i loro padri prima ancora? Forse. Forse no. Insomma, non c'è una risposta – e anche ci fosse, noi non la conosciamo.
Il discorso, però, è un altro, molto più pratico: Tinder comincia a monetizzare perché Tinder è usato. E parecchio anche. Durante i mesi della pandemia la piattaforma ha visto crescere a dismisura i propri utenti, e anche ora le cifre non sembrano calare più di tanto. Le persone alla ricerca di un partner, di un'avventura o anche solo mosse dalla curiosità entrano a far parte di quel sistema digitale che sempre più fa parte della nostra quotidianità. E pensare che fino a qualche anno fa i siti di incontri – ricorderete forse il tanto pubblicizzato Meetic – non erano visti altro che come l'ultima speranza di uomini e donne già senza speranza.

Oggi le cose sono diverse, anche se non del tutto. La popolarità delle app di incontri – di Tinder, certo, ma anche di servizi come Grindr – ha condotto queste ultime sotto un'ottima luce. Godono di una buona reputazione, insomma. Ma solo se – e questo è il nodo – solo se usate per avere rapporti occasionali. Chiunque di noi ha già sentito millantare da qualche bocca orgogliosa l'innominabile tipa di Tinder. Che poi sarebbe la ragazza con cui si è usciti dopo il match sull'app e con cui, una cosa tira l'altra, si è combinato qualcosa.

Bene.

Meno orgoglio si prova, invece, quando con la persona conosciuta online comincia una relazione seria. E capita. Sempre di più. Eppure c'è una certa premura ad annunciare ad amici e parenti (soprattutto parenti) il non-luogo dove si è conosciut* l'altr*. Si cerca una giustificazione, oppure si ridacchia e si dice qualcosa del tipo: «Eh, su Tinder... ma non so come sia successo!». Tendiamo a mettere le mani avanti, a scusarci con l'altro per aver trovato l'amore su una piattaforma il cui unico utilizzo accettabile è quello degli incontri occasionali. D'altra parte, non sono certo clementi i bisbiglii divertiti di certe persone quando scoprono che un* loro vecchi* amic* ha iniziato una relazione in quel modo. Ma insomma, perché?

Pare – pare – che inconsciamente concediamo una maggiore libertà, un più ampio progressismo, al sesso occasionale che non alla relazione amorosa. Questa, nonostante i tempi che viviamo e le battaglie che abbiamo combattuto, resta come inevitabilmente ancorato al passato. Non si vuole, dicendo ciò, sconfessare la tradizione in nome di un progresso a tutti i costi, naturalmente. Soltanto, ci sembra opportuno scrollarci di dosso anche questo pregiudizio. L'amore è amore, insomma, che lo si trovi su Tinder o al parco, ciò che conta è la relazione che si costruisce insieme. L'inizio di questa, in fondo, non è altro che un bell'aneddoto da ricordare ogni tanto con un sorriso. Senza pregiudizi o stigmi di sorta.

ENRICO PONZIO




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