Medicina di genere e post pandemia: siamo nel 2024, ma qual è la situazione della salute femminile?
Nel corso degli ultimi anni, il mondo è stato testimone di profonde trasformazioni nella sfera della Global Health e nella stessa Global Health Workforce.
La pandemia di COVID-19, difatti, ha evidenziato le fragilità e le criticità dei singoli sistemi sanitari e ha posto l'attenzione sulle diverse disparità presenti, tra cui quelle legate al genere.
Il 2024 si apre davanti a noi come un capitolo cruciale nella storia della salute globale e la medicina di genere emerge come uno degli elementi centrali in questa narrazione.
Dopo l'impatto devastante della pandemia, è essenziale esaminare attentamente come la salute femminile si è evoluta, considerando, sì, le molteplici sfide e le potenziali opportunità che si delineano all'orizzonte, ma soprattutto i punti critici e le differenze presenti allo stesso livello nei confronti degli uomini.
Il concetto di medicina di genere è emerso come risposta alle inequità di genere che permeano non solo la società, ma anche il campo della salute.
La medicina di genere si propone di analizzare e comprendere le differenze biologiche, psicologiche e sociali tra uomini e donne, riconoscendo che il genere ha un ruolo imprescindibile nella salute di ogni individuo.
Le disparità di genere nella medicina vanno oltre alle mere differenze anatomiche: coinvolgono anche fattori sociali, culturali, linguistici ed economici.
Nel contesto della recente emergenza sanitaria, queste differenze sono emerse in modo più evidente, evidenziando le disuguaglianze nella distribuzione del carico di lavoro, nell'accesso alle risorse e nella vulnerabilità a impatti sanitari specifici.
La pandemia da Covid-19 ha colpito in misura maggiore le donne, con un rischio circa doppio di sviluppare quadri sindromici a lungo termine e una probabilità più elevata di presentare sintomi persistenti e più intensi. Secondo i dati dell’European Institute for Gender Equality, su 49 milioni di persone impiegate nel settore sanitario, uno dei più esposti al virus, il 76% erano donne, che risultavano, inoltre, sovra-rappresentate nei servizi essenziali rimasti aperti durante la pandemia.
La situazione generata dalla pandemia di Covid-19, con le relative restrizioni e la diffusione del lavoro da casa, ha imposto alle donne, che costituiscono l'80% dei caregiver, ulteriori responsabilità legate alle cure, causate dalla chiusura delle scuole e dei servizi per l'infanzia e per gli anziani.
Questa complessa condizione le ha costrette a bilanciare le esigenze dello smart working con quelle della cura familiare.
Secondo i rapporti provenienti da oltre 142 Paesi, la violenza contro le donne è aumentata come risultato delle misure governative adottate per contrastare la diffusione del virus.
Questo dato è estremamente preoccupante, specialmente considerando le sue conseguenze a lungo termine, che vanno oltre gli aspetti psico-fisici e includono isolamento, incapacità di lavorare e limitata capacità di prendersi cura di sé stesse.
Le donne in Italia, come in molte altre parti del mondo, sono designate dalla società, di stampo patriarcale in cui, purtroppo, viviamo tuttə, come caregiver primari all'interno delle famiglie.
Affrontare queste disparità richiede un impegno a lungo termine per creare sistemi di assistenza sanitaria più equi e centrati sul paziente.
Uno degli aspetti più delicati e urgenti riguarda la salute mentale delle donne.
La pandemia ha messo in evidenza il crescente carico di stress e ansia, con donne che spesso svolgono il ruolo di caregiver primario e sono le sole - e da sole - a gestire il mantenimento dell'equilibrio tra lavoro e vita familiare.
Questo ruolo può comportare notevoli sfide per la loro salute, poiché spesso trascurano le proprie necessità mediche per prendersi cura degli altri.
La mancanza di supporto per il caregiving e la mancanza di politiche aziendali adeguate a garantire flessibilità lavorativa possono aggravare ulteriormente la situazione, ostacolando l'accesso alle cure per le donne.
Nel 2024, è necessario investire in programmi specifici di salute mentale femminile, riconoscendo l'importanza di affrontare le complesse sfide legate al benessere psicologico, che possono avere impatti a lungo termine sulla salute complessiva e generale.
Un altro elemento cruciale nel panorama della salute femminile è l'accesso equo alle cure e alla prevenzione.
Le barriere economiche, culturali e geografiche devono essere affrontate per garantire che ogni donna abbia accesso a cure di alta qualità e preventive, contribuendo così a ridurre le disparità di salute.
È essenziale valutare se le donne abbiano la stessa accessibilità agli screening, ai trattamenti e alle risorse preventive rispetto agli uomini.
La medicina di genere deve guidare l'implementazione di politiche e di pratiche mediche che garantiscano un trattamento equo e personalizzato per le donne in tutte le fasi della vita.
La salute riproduttiva è un aspetto altrettanto fondamentale della salute femminile, ma molte donne in Italia affrontano ancora sfide significative nell'accesso a questi servizi.
L'accesso a contraccettivi, consulenze sulla pianificazione familiare e servizi di interruzione volontaria di gravidanza può essere limitato da fattori culturali, religiosi e legislativi, soprattutto se la coalizione di partiti al governo ne è contro.
Queste restrizioni mettono a rischio la salute e il benessere delle donne, costringendole a cercare soluzioni in contesti non sicuri o ad affrontare gravidanze indesiderate.
Un altro dei principali ostacoli all'accesso alle cure, per le donne, in Italia, è rappresentato dalle disparità economiche e socioculturali: donne con redditi e titoli di studio più bassi spesso si trovano ad affrontare maggiori difficoltà nell'accedere a servizi medici di qualità.
Tutto ciò perché le donne, per le stesse mansioni lavorative, vengono pagate meno rispetto ai colleghi uomini e perché non tutte le donne, soprattutto in un certo periodo storico passato, hanno potuto proseguire gli studi rispetto ai propri fratelli o agli altri uomini.
Questa difficoltà all’accesso alle cure deriva da quello che è il gender gap in tutte le sue varie categorie.
La mancanza di risorse finanziarie, poi, può ostacolare la partecipazione a screening preventivi, trattamenti medici e accesso a cure specializzate, contribuendo così a un circolo vizioso di minori opportunità di salute.
Inoltre, le differenze culturali possono influenzare la percezione della salute e il ricorso alle cure: barriere linguistiche, stereotipi socioculturali e mancanza di sensibilità da parte del personale sanitario possono impedire alle donne di accedere pienamente ai servizi medici, come si può leggere in alcuni esempi proposti da Valentina Raparelli e Daniele Coen nel loro libro "Quella voce che nessuno ascolta - La via della medicina di genere alla salute per tutti", dove la tematica della medicina di genere, in tutte le sue sfaccettature, ne è protagonista.
“Anna aveva un’embolia polmonare, ma il medico del Pronto Soccorso l’ha rimandata a casa con un sedativo: si sa che le donne soffrono spesso di ansia.
Un dolore intestinale? Se si è donna è più facile che sia sbrigativamente attribuito alla “sindrome del colon irritabile” e non sia oggetto di indagini diagnostiche adeguate, rispetto a quanto avviene per un uomo.”
La questione relativa agli stereotipi è evidente nei confronti di tutte le donne, ma particolarmente delle donne delle comunità immigrate, dove le barriere linguistiche e culturali spesso complicano ulteriormente l'accesso alle cure.
Allo stesso livello, seppur visibile molto meno chiaramente, un’altra criticità altresì importante è quella della ricerca in medicina.
La ricerca medica nel campo della medicina di genere deve rimanere al centro dell'agenda scientifica e deve continuare a esserne un faro guida.
Essa è fondamentale per comprendere meglio le differenze biologiche e fisiologiche tra uomini e donne.
Nel contesto degli studi clinici randomizzati controllati, attualmente solo il 20% dei pazienti arruolati sono donne.
Inoltre, soltanto la metà degli studi clinici su cui basiamo le nostre evidenze e le linee guida considerano analisi specifiche legate al genere. Di queste, solo il 35% effettua analisi per sottogruppi.
Nel 2024 è necessario promuovere una maggiore inclusione delle donne nei trial clinici e nell'ambito della ricerca, garantendo che i risultati siano rappresentativi per entrambi i sessi, affrontando la sottorappresentazione storica.
Solo attraverso una comprensione approfondita delle differenze biologiche e fisiologiche e un approccio basato su evidenze scientifiche rappresentative di entrambi i sessi possiamo sviluppare terapie personalizzate e trattamenti mirati, che tengano conto delle variazioni biologiche specifiche alle donne.
Infatti, i farmaci possono avere efficacia più o meno marcata a seconda che sia un uomo o una donna ad assumerli e possono esserci eventi avversi diversi.
Normalmente, la donna è più soggetta agli effetti avversi al farmaco e anche all’ospedalizzazione da effetti avversi al farmaco, perché storicamente il farmaco è studiato prevalentemente solo nell'uomo.
La comunità medica e scientifica, che si occupa di ricerca e formazione, dunque, non può non porre l’attenzione sul fatto che, in questo momento, il 90% dei farmaci che sono stati sviluppati e che vengono utilizzati sono stati studiati e sviluppati per il genere maschile, così come il 70% dei dispositivi medici.
Per costruire un futuro sostenibile per la salute femminile, quindi, è necessario considerare la medicina di genere come una priorità continua e non solo come una risposta immediata alle singole emergenze.
Non è da proporre una terapia per l’evento acuto, ma bisogna pensare al lungo periodo e prevenire.
Ciò implica l'integrazione di politiche di salute da parte del governo e del Ministero della Salute che tengano conto delle esigenze specifiche delle donne, della promozione di stili di vita sani e della creazione di una rete di supporto che affronti le diverse situazioni in cui le donne si possono trovare nelle diverse fasi della vita.
Il 2024 deve essere un crocevia per la salute femminile e un momento cruciale per riflettere sullo stato attuale della salute femminile nel contesto post-pandemia.
Quest’ultimo non deve essere solo un periodo di recupero, ma anche un'opportunità per riformulare e migliorare i sistemi sanitari per garantire una salute equa ed efficace per tutte le persone, indipendentemente dal genere.
Solo attraverso un approccio olistico e centrato sulla persona possiamo sperare di costruire un futuro in cui la salute femminile sia una priorità riconosciuta e sostenuta.
Un primo passo è il riconoscimento attraverso i Bollini Rosa conferiti da Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, agli ospedali attenti alla salute della donna e che si distinguono per l’offerta di servizi dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle principali patologie femminili.
Vengono, inoltre, tenute in considerazione l’accoglienza e l’accompagnamento alle donne e i servizi offerti per la gestione di vittime di violenza (es. codice rosa all’interno del pronto soccorso).
Così gli ospedali con il Bollino Rosa rappresentano per la popolazione l’opportunità di poter scegliere il luogo di cura più idoneo alle proprie necessità.
Con l’obiettivo di diffondere l’iniziativa e di promuovere un approccio di genere in ambito preventivo, le farmacie sono state invitate ad esporre la locandina della campagna.
In questo modo, ancora una volta, la farmacia ha confermato il proprio ruolo di presidio di salute di prossimità e di ponte tra cittadinə e ospedale, per informare in maniera chiara e corretta le donne affinché possano prendersi cura della propria salute.
Per affrontare queste criticità, è imperativo, dunque, che l'Italia adotti misure concrete e mirate. Un'inclusione più ampia delle donne nei processi decisionali riguardanti la sanità, politiche attente al genere e programmi educativi basati sulla medicina di genere per il personale sanitario possono contribuire a ridurre le disparità nell'accesso alle cure.
Il cammino verso l'uguaglianza nell'accesso alle cure per le donne in Italia richiede un impegno multidimensionale da parte di governi, di istituzioni sanitarie e singolə cittadinə.
Solo attraverso un approccio integrato e sensibile al genere possiamo sperare di creare un sistema sanitario che garantisca a tutte le donne il diritto a una salute completa e equa.
LORENZO CIOL