Se gli uomini avessero le mestruazioni

L’uomo domina sulla donna.

Questo non è uno scoop: è la realtà di ogni singolo giorno, da sempre.

Nonostante i “presunti” progressi in termini di uguaglianza di genere e di diritti, la nostra società continua a rimanere quella che è: patriarcale, maschilista ed eteronormativa.

 

Circa la metà della popolazione mondiale (49,6%), quasi 4 miliardi di donne, ha vissuto, vive o vivrà il ciclo mestruale come un evento naturale.

Di questi 4, circa 2 miliardi – secondo i dati UNICEF – hanno il ciclo ogni mese.

500 milioni tra queste vivono in uno stato di period poverty, ossia non godono di un accesso adeguato agli strumenti e all'istruzione per l'igiene mestruale, inclusi ma non limitati a prodotti sanitari, impianti di lavaggio e gestione dei rifiuti.

Nonostante ciò, le mestruazioni sono un argomento di cui si parla raramente, che viene normalmente circondato dalla vergogna e dal silenzio, soprattutto a causa dei comportamenti perpetrati dal sesso maschile, che spingono, quasi sempre, a far cadere la conversazione a riguardo.

I prodotti mestruali sono così, anche per questo, sempre pubblicizzati con eufemismi e i sintomi associati, come i crampi, sono addirittura minimizzati o ignorati.

 

Proviamo, però, a immaginare questo: se fossero gli uomini ad avere le mestruazioni, se avessero, quindi, tutte le caratteristiche naturali e biologiche di una donna, probabilmente assisteremmo a un'inversione totale di questa narrativa.

Quanto sarebbe diversa questa società da quella attuale?

Sicuramente le mestruazioni non sarebbero avvolte da tabù, anzi, sarebbero una questione di primaria importanza, come è del resto, all’interno della nostra realtà, tutto ciò che riguarda il mondo maschile.

Lo stesso si può osservare in tanti altri aspetti della vita quotidiana, in cui uomini e donne vengono continuamente percepiti e giudicati in modi del tutto differenti.

 

 

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, infatti, potrebbero comunque vivere la propria sessualità sempre con libertà.

Avere rapporti sessuali, all’interno della nostra società, infatti, è ciò che rende adulti gli uomini e che diventa motivo di orgoglio per questi. Alle donne, invece, viene sempre attribuito un sentimento di vergogna per il fatto che hanno avuto un rapporto, come se fosse qualcosa che ne abbia rovinato il corpo.

Chissà perché solo alle donne.

 

Per la masturbazione, allora, sarà diverso?

Per niente.

Quella maschile è, infatti, considerata una normalità e, perfino, celebrata come parte della crescita e dello sviluppo sessuale nel ragazzo; quella femminile, invece, è ancora ampiamente stigmatizzata e nascosta.

Gli uomini parlano apertamente e continuamente della propria vita sessuale ovunque e con chiunque, senza aver mai il timore di essere giudicati o attaccati sulle proprie scelte.

Parlano delle loro conquiste, di quante o di chi sono riusciti a farsi.

È questa la visione che la società ha della donna: quella di un trofeo da conquistare.

E se sono le donne, invece, a parlare della propria sessualità, della propria masturbazione o della propria libertà con cui hanno o vogliono avere rapporti sessuali, vengono solitamente additate come troie, puttane, come “quelle che la danno in giro”, poiché non rispettano lo “standard” stereotipico che l’uomo – e quindi la società – ha delle donne.

Tutto ciò, poi, peggiora se non si rientra all’interno di quei canoni di aspetto, di cura, di orientamento sessuale e di genere imposti dagli stereotipi sociali.

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, infatti, gli stereotipi legati alla propria figura e le imposizioni legate al proprio corpo non esisterebbero.

Nella nostra società, invece, le pubblicità presentano costantemente donne che rientrano negli stereotipi di bellezza socialmente accettati, caratterizzati da corpi sensuali, magri, curati e depilati.

E così sessualizzate.

Se per strada, però, una ragazza, vestendosi come più desidera e come più le piace, alla stessa stregua di quella sensualità tanto apprezzata e “valorizzata” in precedenza, lascia intravedere la bretella del reggiseno oppure sceglie di indossare una gonna più corta, allora ella è considerata indecente (nel migliore dei casi).

“Sei vestita proprio come una troia”.

È ovvio che, se sei donna, non puoi andare in giro troppo scoperta, perché “potresti provocare gli uomini”.

Questo è ciò che viene, solitamente, detto a una donna.

L’uomo a petto nudo, che si può spogliare e togliere la maglietta, invece, rientra nella normalità: lui non verrà mai insultato né vedrà il suo corpo essere sessualizzato e usato così come insulto.

Che quest’uomo sia villoso o depilato, non cambierebbe in alcun modo la situazione: in un caso verrebbe definito come virile, nell’altro come curato e attento.

Se ne uscirà sempre positivamente, se si è uomini.

Una donna, invece, che sceglie di non depilarsi, sarà considerata come trascurata e non femminile: verrà sempre criticata negativamente.

E ci sarà, senza alcun dubbio, un uomo pronto a ricordarle di depilarsi, “perché non è bello vedere i peli sotto le ascelle o sulle gambe”.

Peccato che a nessun uomo venga detto cosa fare o meno con il proprio corpo.

 

Dite che stiamo esagerando?

Per niente.

Le donne, infatti, devono continuamente conformarsi a standard di abbigliamento e di cura più rigidi e complessi, sia nel contesto lavorativo che in quello sociale e personale, dato che sono sempre giudicate per la propria apparenza e per la cura del proprio aspetto.

Gli uomini, dall’altra parte, hanno generalmente maggiore libertà nel loro abbigliamento e, anche se fuori luogo in un determinato contesto, al massimo verranno definiti come originali, stravaganti, fuori dalle righe.

La donna, invece, sarà definita come inadatta: non solo esteticamente, ma verrà riconosciuta come tale anche sul piano lavorativo, perché tutto viene interconnesso e colpevolizzato se si è donna.

 

E se, arrivati a questo punto, sentiste il bisogno di dire che non sono solo gli uomini a dire questo e che molte più volte sono le donne stesse a dirlo ad altre donne, vi siete mai chiesti il perché di tutto ciò?

Le donne sono nate e cresciute in una società patriarcale, maschilista ed eteronormativa, nella quale sono state educate in un modo ben preciso: una donna che esce dagli schemi degli stereotipi verrà subito attaccata non solo da uomini, ma anche da altre donne.

Dall’intera società.

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, poi, l’emotività sarebbe sempre un valore aggiunto e tutelato, soprattutto in ambito lavorativo.

Se gli uomini avessero le mestruazioni, le loro emozioni, in relazione anche al momento del ciclo, non verrebbero mai considerate un elemento negativo sul piatto di questa bilancia.

Nella nostra realtà, però, non è così.

Le donne, poiché considerate più emotive, infatti, sono spesso viste come deboli, incapaci di prendere le giuste decisioni e di poter mantenere così le posizioni ai vertici nelle organizzazioni.

Sono viste come meno competenti e troppo dure se adottano uno stile di leadership assertivo, mentre gli uomini che adottano il medesimo stile sono considerati determinati e capaci.

Questa discriminazione perpetua l'idea che la razionalità e la forza emotiva “positiva” siano caratteristiche esclusivamente maschili.

Le donne ambiziose, infatti, vengono spesso percepite negativamente ed etichettate come aggressive o “difficili”, mentre gli uomini sono premiati ed elogiati per la loro ambizione.

Come se ci fossero emozioni di serie A e di serie B: anzi, è più corretto parlare di persone di serie A e di serie B.

Questa disparità crea un ambiente in cui le donne devono lavorare molto più duramente degli uomini per ottenere lo stesso riconoscimento e avanzamento professionale, pur essendo pagate il 16% in meno e svolgendo il 75% dei lavori domestici nelle proprie case rispetto ai loro colleghi uomini.

Inoltre, le donne devono affrontare il "pavimento appiccicoso" di ruoli tradizionalmente femminili che limitano la loro mobilità verso l'alto.

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, infatti, la maternità non sarebbe un limite alla vita lavorativa e personale.

Le donne sono le principali e praticamente le uniche responsabili della casa e dei figli, il che limita quasi sempre le loro opportunità di carriera lavorativa.

Gli uomini che scelgono di essere padri attivi e presenti sono sempre lodati per il loro impegno, come se stessero facendo qualcosa in più e di straordinario rispetto al proprio ruolo di genitore.

Per la donna, invece, quello di prendersi cura dei figli e della casa, secondo la società, è il “proprio dovere”.

Una donna, quindi, che cerca di conseguire una migliore carriera lavorativa diventa, così, una madre assente, non attenta e non disposta a sacrificarsi per la famiglia.

Se è l’uomo, invece, quello impegnato a fare carriera, si tratta semplicemente di un padre premuroso che cerca di dare un futuro migliore alla sua famiglia.

Se gli uomini avessero le mestruazioni e così il potere di dare la vita a un altro essere umano, sarebbero veramente considerati e acclamati costantemente come degli eroi da ammirare e da rispettare.

Non vedrebbero mai essere invalidato il proprio dolore per le mestruazioni, né a casa, né sul posto di lavoro e né in altri contesti sociali.

E, soprattutto, non verrebbero esclusi da posizioni di lavoro se avessero l’intenzione di avere una gravidanza in futuro.

Per i pochi volonterosi uomini che, poi, decidessero di partorire, il parto avrebbe ogni volta una dinamica simile a quella del Super Bowl o della finale di Champions League per l’importanza che avrebbe tale evento in quella diversa società.

I benefit per la paternità costituirebbero percentuali enormi della spesa pubblica e i padri partorenti avrebbero almeno anni di lavoro indennizzato con uno stipendio più alto di quello precedente al parto.

E, soprattutto, non verrebbero bloccati e trattenuti da stereotipi di ruoli di genere se volessero continuare a fare carriera.

Proprio come accade nella nostra società…

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, non esisterebbero espressioni come “Donna al volante? Pericolo costante”.

Sebbene spesso pronunciato in tono – a detta degli uomini - scherzoso, ha profonde radici sessiste e perpetua pregiudizi ingiusti nei confronti delle donne.

L'idea che le donne siano meno abili alla guida rispetto agli uomini ha origini storiche e culturali, ma non corrette: la guida, infatti, è tradizionalmente considerata un'attività maschile, associata a valori come il coraggio, la prontezza di riflessi e la capacità tecnica.

Quante volte assistiamo a uomini che insistono fino ad obbligare perché siano loro a guidare? C’è la paura che venga tolto quel ruolo di superiorità di genere tipico di questa società?

Le donne, da sempre relegate a ruoli domestici, sono percepite, infatti, come meno inclini a gestire situazioni considerate "rischiose" o "complesse", come la guida di un veicolo.

La realtà dei fatti, però, contraddice questo stereotipo.

Uno studio dell'Insurance Institute for Highway Safety (IIHS) mostra, difatti, che le donne tendono a essere guidatrici più prudenti e a causare meno incidenti gravi rispetto agli uomini: questi, infatti, sono più propensi a comportamenti di guida rischiosi, come eccesso di velocità, guida sotto l'influenza di stupefacenti e non utilizzo delle cinture di sicurezza.

Il vero pericolo costante, quindi, sono gli uomini.

Inoltre, questi pregiudizi alimentano una cultura di disuguaglianza, contribuendo a perpetuare le disparità di genere anche in altri contesti, come all’interno di luoghi politici, aziendali, ma anche sportivi e sociali.

Le donne potrebbero essere considerate, così, meno adatte per ruoli professionali che richiedono la guida o altre competenze tecniche, basandosi su pregiudizi ingiustificati, nonostante abbiano le medesime competenze, se non tante volte maggiori, di uno stesso candidato uomo.

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, avrebbero sempre spazio per potersi esprimere e all’interno della società.

Quante sono le donne, infatti, che vengono intervistate, soprattutto all’interno di trasmissioni televisive, come esperte nel proprio settore rispetto al numero di uomini intervistati?

Perché chiamare delle donne ad affrontare problematiche e situazioni che riguardano loro in prima persona, quando si può mettere in scena un terribile teatrino di soli uomini a parlare di aborto attorno a un tavolo? A parlare e a commentare qualcosa che non riguarda né loro né i loro corpi?

E no, prima che ce lo chiediate, non si tratta dell’episodio di BoJack Horseman, ma di Porta a Porta condotto da Bruno Vespa.

Quante sono, poi, le donne impegnate nelle cariche pubbliche rispetto al numero di uomini presenti?

La sfera pubblica, e così il fare le leggi e dirigere la società, è quasi tutta in mano agli uomini.

 

Se avessero davvero le mestruazioni, queste sarebbero costantemente al centro degli interessi di tutta l’umanità, così come l’aborto, l’accesso ai servizi e il rispetto dei propri diritti: fare victim blaming a un uomo che ha subito catcalling, violenza e/o molestie sessuali sarebbe impensabile.

Non assisteremmo alle classiche accuse che vengono mosse contro le stesse vittime di stupro: “Eri vestitə così, te la sei cercata, lo stavi provocando ed è normale che pensava che ci volessi stare”.

La polizia e la Giustizia agirebbero subito a tutela della vittima, come succede nel nostro mondo ogni giorn… ah no, non è vero.

Alla fine, nella nostra società, è sempre colpa delle donne e non di chi ha molestato, non di chi ha stuprato, non di chi ha abusato, non di chi ha violentato.

Anche se l’outfit messo sotto accusa era una tuta da ginnastica, messa apposta, magari, per uscire di casa solo per passeggiare.

 

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, non si penserebbe mai, soprattutto in uno stato che si professa laico, di togliere dall’agenda del G7 il diritto all’aborto libero e sicuro a causa della visita di un'esponente religiosa contraria all'aborto. Inoltre, non si dovrebbe dimenticare che questo tema non dovrebbe riguardarla in quanto donna.

Se qualche donna provasse, infatti, a obiettare, le verrebbe subito rinfacciato che decidere su una gravidanza non una cosa che le compete.

Assurdo, vero?

Invece, in questi giorni, nel nostro mondo, è successo proprio questo.

Peccato che né il Papa né altri uomini, e nessuno in generale, possano sindacare e limitare il diritto delle donne all’aborto libero e sicuro, soprattutto in uno stato che si professa laico, garante della libertà di culto e nel quale il cattolicesimo non è l’unica religione praticata.

Probabilmente a Roma c’è nostalgia dei Patti Lateranensi.

 

Se gli uomini avessero le mestruazioni, espressioni autocensuranti come “le mie cose”, poi, non esisterebbero.

Invece di essere motivo di imbarazzo, sarebbero considerate un segno di forza, di virilità, celebrate e discusse apertamente: probabilmente chi tra gli uomini avesse il ciclo più abbondante, sarebbe considerato uno dei più virili e forti del gruppo.

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, ciò non impedirebbe loro di andare a scuola, a lavoro o nei luoghi pubblici, perché non verrebbero considerati impuri, come, invece, capita a tantissime donne in diverse parti del mondo.

La società, quindi, svilupperebbe una maggiore empatia e comprensione per il dolore e i disagi connessi al ciclo, portando a migliori condizioni di lavoro e supporto sanitario.

 

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, infatti, non ci sarebbe alcun impedimento o difficoltà nell’accesso alle cure.

In campo medico si conoscerebbero estremamente bene le patologie a queste correlate, come l’endometriosi, giusto per fare un esempio.

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, non ci vorrebbero in media 7 anni per diagnosticare l’endometriosi.

Una malattia che provoca dolori e limitazioni importanti, causando anche l’infertilità a chi ne è affettə, sarebbe una delle malattie più conosciute e studiate al mondo.

 

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, queste non sarebbero invisibili così come lo sono oggi e i dolori, i crampi e il malessere sarebbero rispettati.

Gli assorbenti e tutti i prodotti correlati al ciclo sarebbero considerati da tuttə come beni di prima necessità e inseriti a titolo gratuito vista la loro necessità medico-sociale.

Altro che tampon tax e IVA.

Il “bello” è che, nella realtà, esiste tutto ciò: da una parte, in Scozia, gli assorbenti sono gratuiti per le donne, dall’altra, in Italia, il tartufo ha un’imposta IVA minore di un assorbente.

D’altronde si sa, i tartufi sono un bene di necessità di gran lunga più importante e vitale degli assorbenti, che sono considerati dal governo italiano alla stessa stregua dei beni di lusso e come qualcosa di cui le donne possono fare a meno, come se fosse un capriccio.

 

Se le mestruazioni, quindi, avessero riguardato la metà giusta dell’umanità, sarebbero un tema di interesse pubblico e non solo “di pochə”.

Se gli uomini avessero davvero le mestruazioni, tutto sarebbe stato e sarebbe diverso.

Non sarebbe probabilmente, comunque, una società giusta: l’unica società degna di essere chiamata tale è quella, infatti, in cui i diritti di tuttə sono rispettati, senza la prevaricazione di un gruppo su un altro.

 

LORENZO CIOL




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