PENSARE ALL'ALTRO

Il mondo moderno – diciamo, a grandi linee, dagli anni Sessanta in avanti – ha avuto la capacità e il pregio di parlare di sessualità. Di parlarne, dicevamo. Non sempre di saperne parlare. Se da una parte, infatti, il Sessantotto e i suoi protagonisti hanno saputo in qualche modo svincolare il sesso da quei retrogradi e tanto fastidiosi taboo, mostrando in piazza la nudità – tra bellezza e imperfezioni – e parlando esplicitamente di sessualità (dall’atto in sé a tutto ciò che la riguarda); dall’altra sdoganare l’argomento ne ha comportato una visione distorta e a tratti pericolosa.

L’obiettivo delle battaglie sessantottine era, infatti, l’emancipazione del corpo – maschile o femminile che fosse – e la libertà di come usarlo; eppure il messaggio recepito nei decenni successivi pareva il seguente: oggettivare il corpo femminile (ma solo di un certo tipo, sia chiaro) in nome della libertà. Le televisioni hanno contribuito spietatamente a quest’idea: l’obiettivo era mettere in mostra una donna perfetta, quasi nuda, che non parlasse e non smettesse di sorridere, costretta a ridere di qualsiasi battuta becera del conduttore. Becera, perché quasi sempre riguardava l’ingenuità di lei o la bellezza del suo corpo. Il tutto per soddisfare le pulsioni del popolo maschile comodo sul proprio divano di casa, mentre le poche e silenziose proteste di alcunə venivano spente tra risate e prese in giro.
L’industria porno, in questo, non ha aiutato. Non perché sia immorale di per sé (evviva il porno!, ci verrebbe da dire), ma per l’idea che offre del sesso, a dir poco androcentrica. Il piacere riguarda l’uomo, il video termina nel momento in cui lui conclude la sua prestazione, tutta la scena sembra gestirla l’attore in base alle voglie del momento. C’è poco altro, e ben poche eccezioni.

 

Tutto ciò si riflette in una conoscenza distorta della sessualità da parte dei più, soprattutto quando si è giovani. Insomma, spesso cresciamo con l’idea che nel sesso, il piacere è il piacere del maschio. Non è tanto colpa del porno, e in fin dei conti nemmeno (non totalmente) delle televisioni, quanto di una mancata educazione sessuale. Anche perché nel campo dell’intrattenimento visivo le cose sembrano stare cambiando. Le serie TV, sempre più in streaming e sempre meno in TV, cominciano a guardare alla sessualità come a una materia inclusiva, per tuttə. Due, in particolare, insistono sull’argomento: Big Mouth e Sex Education, entrambe prodotte da Netflix. In modo nuovo e senza filtri, soprattutto per la prima citata, si mette a nudo la sessualità, emergono le problematiche che la riguardano e si forniscono soluzioni a problemi che tuttə, soprattutto nell’adolescenza, affrontano. Ciò su cui si insiste in particolar modo è l’importanza del dialogo. Crescere con l’idea che il piacere è innanzitutto maschile – e che comunque il maschio è sempre e inevitabilmente capace di soddisfare la sua femmina, se vuole – ha provocato un singolare pregiudizio: non ci sono problemi se la donna non raggiunge l’orgasmo, ce ne sono se non ce la fa l’uomo.
Perché per le donne è più complicato, si sa.
Questo, forse, può anche essere vero. Ma impegnarsi entrambi, come coppia, alla soddisfazione reciproca è al contrario quanto di più sano si possa fare. Spesso le esigenze di ognuno sono diverse, e ciò che piace in quel momento al maschietto può non essere la cosa migliore per lei, o viceversa. Inspiegabilmente, temiamo di chiedere cosa preferisce l’altr*. Abbiamo messo l’asterisco, ma in verità è un problema, come dicevamo, che riguarda più gli uomini. Il piacere femminile è messo in secondo piano, è ritenuto sacrificabile: non per forza per egoismo o maschilismo, ma perché abbiamo imparato così. Perché una volta che l’uomo finisce, è finito il rapporto, e al massimo si riprende più avanti, con lo stesso risultato.

Parlarsi, invece, aiuterebbe entrambi. Chiedere alə propriə partner cosa preferisce, fare gioco di squadra perché provi il massimo del piacere, impegnarsi a fondo non solo per noi stessə, ma per l’altrə, comporta un piacere di coppia di gran lunga migliore di quello individuale. Dal momento in cui abbiamo l’intimità, non necessariamente frutto di una relazione, sufficiente per un rapporto sessuale, possiamo anche averla per dialogare, confidarci, parlare.
Perché è piacevole. Perché ci fa bene.

ENRICO PONZIO




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