Anche gli uomini mestruano

Mestruazioni e luoghi pubblici, quando si è transgender: la storia di Elia Bonci

 

tw: disforia, mestruazioni, discriminazione

 

Qualche mese fa ho scoperto un bar col bagno gender neutral. La cosa mi ha sorpreso molto, anche perché vi era una simpatica vignetta che rappresentava un uomo, una donna e un alieno.

 

Alieno, etimologicamente parlando, significa altro. Un altro che, in realtà, nessuno dovrebbe essere costretto a dover rivelare. Come sappiamo, invece, nei bagni pubblici, regna ancora sovrano il binarismo uomo-donna, costringendo le persone ad outing forzati.

 

Pur essendo una persona cisgender, ho compreso in quel momento quanto un posto possa diventare inclusivo, sicuro ed accogliente con pochi e semplici accorgimenti. Infatti in quel bar ci torno sempre volentieri.

 

Per questo motivo, per l’intervista di questo mese ho deciso di contattare Elia Bonci, scrittore e attivista lgbtqia+, autore di tre libri: Diphylleia. Solo l'amore può distruggere l'omofobia;Distruttori di felicità e, infine, Controcuore. Non avere paura di essere chi sei.

 

Da anni sul suo profilo Instagram @elia.lien si batte per sensibilizzare le persone sul tema dell’omofobia e ogni tipo di discriminazione. Inoltre, rende il pubblico partecipe del suo percorso gender affirming e delle peripezie che bisogna affrontare prima di ricevere i nuovi documenti d’identità e accettarsi per quello che si è.

 

Elia, come hai vissuto l’arrivo del menarca?

 

Ho vissuto quel momento come fosse una vera e propria tragedia, che solo a ripensarci mi viene un nodo alla gola. Non avevo informazioni su di me, non avevo gli strumenti adatti per comprendere cosa stesse succedendo al mio corpo e per quale motivo quello che accadeva mi faceva sentire così sbagliato, sporco e inadeguato. Non avevo neanche idea di chi fossero le persone transgender e che, anche io, lo ero. Le informazioni che mi mancavano per comprendermi e conoscermi hanno finito per ferirmi, lasciando spazio a stereotipi, falsi miti e tanto altro.

 

Qual è stata la tua esperienza con i bagni pubblici? Ècambiata nel tempo?

 

Credo che i bagni pubblici siano per me un po’ come quando arrivi alla fine di un videogioco e devi sconfiggere il mostro finale: un’impresa. Andare in bagno in un luogo pubblico ha sempre rappresentato un problema sia perché non esistono (ora ne esistono un po’) bagni neutri sia perché i bagni degli uomini non sono inclusivi e sicuri.

Quando devo andare in un bagno pubblico è sempre la solita storia: se entro nel bagno delle donne vengo cacciato e mi viene detto che quello non è il mio bagno, se entro nel bagno degli uomini vengo guardato male, ricevo battutine e non mi sento al sicuro. Oltretutto, nel bagno degli uomini non ci sono mai cestini per gettare assorbenti, confezioni di assorbenti per l’occorrenza e spesso in alcuni ci sono solo orinatoi che, come puoi ben immaginare, sono un problema concreto per una persona trans che deve andare semplicemente in bagno. Si potrebbe risolvere il tutto creando bagni neutri ma forse siamo ancora lontani da questo traguardo.

 

 

Come ricordi l’acquisto degli assorbenti al supermercato?

 

Anche qui, la situazione che si viene a creare è molto imbarazzante. Spesso gli assorbenti si trovano nel reparto dell’igiene intima femminile, accanto a prodotti di bellezza o comunque su scaffali in cui c’è scritto a caratteri cubitali ‘prodotti per donne’. Questo non è per niente inclusivo, ti fa sentire sporco, sbagliato e inadeguato. Anche le indicazioni sopra alle stesse confezioni dei prodotti sono tutte al femminile, come lo sono le immagini, gli spot e le pubblicità. Le persone transgender non vengono solo escluse dall’immaginario collettivo quando si parla di mestruazioni ma anche dal dibattito che vi si crea intorno, rendendo poco accessibili prodotti per l’igiene personale e per la cura.

 

Ricordi qualche episodio in cui ti sei sentito particolarmente a disagio, quando avevi le mestruazioni?

 

Tutta l’adolescenza. Avere le mestruazioni, essere un ragazzino transgender e non avere gli strumenti per comunicare il mio dolore è stato terribile. Non uscivo di casa, non volevo andare a scuola, ho smesso di fare sport. Privarmi delle cose era l’unico strumento che avevo per cercare di non sentirmi così a disagio.

 

Alla luce del tuo percorso gender affirming, che dura da diversi anni, com’è il rapporto col tuo corpo ora?

 

Il percorso gender affirming mi ha cambiato e salvato la vita. Se prima odiavo il mio corpo, se prima lo ritenevo sbagliato, ora ho imparato a farci la pace. Ho capito che non devo cambiarlo, gettarlo, sostituirlo o distruggerlo. Questo è il mio corpo, è il mezzo tramite il quale sono e vivo il mondo. E non ha niente che non va e niente che lo renda una schifezza, è un corpo come un altro e merita amore, rispetto e cura. Il percorso gender affirming mi ha insegnato a prendermi cura anche delle cose che non mi piacciono di me.

 

 

Cosa pensi si debba fare per rendere le mestruazioni più inclusive?

 

Come prima cosa, credo sia importante includere nel personetransgender nel dibattito sulle mestruazioni. E per includere non intendo fare spot pubblicitari in cui compaiono (che potrebbe anche andar bene) ma farci parlare e smetterla di parlare al posto nostro. È arrivato il momento di chiedere a noi personetransgender di cosa abbiamo bisogno e non che qualcuno lo decida a priori per noi, basandosi su falsi stereotipi e falsa rappresentanza.

Altra cosa che ritengo importante, oltre alla creazione di bagni neutri, è quella di creare prodotti per l’igiene mestruale anch’essi neutri, che non siano tutti al femminile e non escludano nessunə.

Infine, non perché di meno importanza, credo che dobbiamo modificare il nostro linguaggio quando parliamo di mestruazioni: non donne che mestruano ma persone con le mestruazioni, non prodotti per l’igiene femminile ma prodotti per l’igiene mestruale e così via.

 

ANTONELLA PATALANO




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