Un libro per le ragazze che siamo e siamo state. E per le ragazze di domani

Ho iniziato il 2024 leggendo My dark Vanessa, l’esordio della scrittrice americana Kate Elizabeth Russell. Non so ancora come parlarne né se ha molto senso farlo. A volte, soprattutto con i libri così, che toccano le corde più intime del nostro essere, è bene far sedimentare, lasciare lì, non giungere a conclusioni affrettate, fare in modo che le emozioni della narrazione e della scrittura agiscano come una pozione magica dentro noi: talvolta si smuove qualcosa, ci cambia.


La storia è raccontata tramite due periodi storici ben distinti: il 2000 e il 2017.

Nel 2000 Vanessa Wye è una studentessa di 15 anni senza obiettivi ben precisi da raggiungere nella sua vita ma determinata. Convince i suoi genitori a lasciarla frequentare un prestigioso liceo in cui incontra il professore di letteratura Jacob Strane.
Vanessa è una ragazza molto introversa, fatica a creare legami solidi di amicizia e si ritrova spesso sola a vagare nei corridoi del liceo, con un quaderno su cui scrive le sue poesie: forse le piacerebbe diventare scrittrice. Jacob Strane è un uomo affascinante, ha 42 anni, una carriera affermata. Ha deciso di non crearsi una famiglia e in passato si è sottoposto ad un’operazione di vasectomia, per evitare di avere figli. Nella sua classe di letteratura nota sin da subito Vanessa, i suoi capelli rossi, il suo modo di vestire, è affascinato dai suoi luoghi d’origine - Vanessa vive con la sua famiglia a ridosso di un lago - e non si fa scrupoli ad avvicinarsi a lei, parlarle, toccarle la gamba, iniziare quella che per molte persone può considerarsi una storia d’amore tra un professore e la sua studentessa - un classico cliché.

Peccato però che Vanessa nel 2000 fosse una ragazza minorenne: quella raccontata non è solo una storia d’amore, ma anche la storia di un reato, di una violenza. 


Nel 2017, il professore Jacob Strane si trova al centro di un ciclone mediatico perché viene accusato di abusi sessuali da parte di una studentessa del liceo privato in cui ancora lavora. La studentessa - sentendo le voci che giravano sul conto di Strane - scopre che Vanessa, molti anni prima, era stata cacciata dalla scuola perché aveva ufficialmente infangato la reputazione di Strane stesso. La verità però era stata un’altra: molte persone avevano visto i due stare spesso da soli, Vanessa stazionava tutti i giorni nel dipartimento di lettere accanto al professore e quando qualcuno o qualcuna aveva fatto la spia alla Direttrice, Vanessa era stata costretta a dire la verità e ad assumersi la responsabilità del suo sentimento per Strane, dichiarando così l’unilateralità della storia. Questa presa di posizione e di scuse Vanessa l’aveva dovuta fare davanti ad una classe intera di studenti e studentesse che l’avevano accusata di avere una relazione intima con Jacob Strane. 


Nel 2017 Vanessa, dopo la fine del college all’Atlantica, dopo aver lasciato dei lavori saltuari, dopo la morte del padre e sempre nella sua camera caotica e con la sua vita disordinata, lavora come receptionist in un albergo di lusso. Inizia a ricevere molti messaggi da parte della studentessa che ha subìto abusi sessuali da parte di Strane e che lo ha denunciato, con la supplica di unirsi alle sue denunce. Il mondo è in fibrillazione: è proprio il 2017 l’anno in cui il Movimento Me Too libera le catene di tantissime donne che, tramite un hashtag sui social media, si sentono finalmente legittimate a parlare delle molestie e della violenza subìta in particolare sui posti di lavoro, a partire dalle rivelazioni pubbliche di accuse di violenza sessuale contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein fino alle donne più marginalizzate.


Vanessa non risponde subito alla studentessa che accusa Strane: nella sua testa non ha mai subìto una violenza sessuale: tutto ciò che è accaduto tra lei e il suo professore è sempre stato consensuale. Vanessa ripercorre la sua storia d’amore, riporta alla mente i passi principali del libro che Strane le aveva regalato, Lolita di Nabokov; ricorda la loro prima volta a letto, le uscite di nascosto dal liceo, i baci nel dipartimento, il tocco della sua mano sulle ginocchia la prima volta, lì seduta accanto a lui sulla cattedra, davanti a tutti gli altri studenti e alle altre studentesse che finivano un compito. 


Vanessa ci porta nel mondo oscuro delle relazioni disfunzionali: l’amore (era amore?), l’ossessione, l’attesa, l’attaccamento, la fiducia, il sesso. 

Come cambia la vita di una ragazza di 15 anni che si innamora del suo professore di 42? 

Il loro fare sesso è la follia dell’amore o è un abuso sessuale? L’infatuazione di una quindicenne può considerarsi sentimento amoroso e può decidere consapevolmente sul suo corpo? Quanto la sua è volontà? Quanto è consenso?


Vanessa rabbrividisce pensando alla prima volta a letto con Strane: presa alla sprovvista, di sorpresa, in un risveglio notturno, quando si apre gli occhi per sbaglio e si ha voglia di un bicchiere d’acqua. Si era ritrovata il corpo flaccido di Strane parato davanti, le mutande abbassate, il pene eretto, le aveva chiesto di rilassarsi, le aveva detto che sarebbe andato tutto bene, di non muoversi e di non contorcersi. Vanessa aveva replicato che stava dormendo. Soprattutto, che le stava facendo male. Rilassati, continuava Strane. Finirà, pensava Vanessa. Si tratta solo di un corpo che a breve avrà terminato quello che ha iniziato a fare. 

Può considerarsi questa una prima volta consensuale anche se nessuno ha obbligato Vanessa a fuggire dal liceo quella notte, a rifugiarsi nella jeep di Strane, ad entrare nella sua casa, cenare con sofficini, ricevere in regalo un pigiama con la stampa delle fragole e addormentarsi in quel letto con le lenzuola di flanella? 


Vanessa ripensa alla sua vita e alla sua relazione con Strane: prova a ricordare i fatti e prova anche a ridefinirli sulla base di quello che ora tutti vanno dicendo: che Strane è un molestatore e un abuser. 


Proprio in questi giorni facevo una riflessione, dopo la lettura di questo libro e dopo aver letto tanti libri con tematiche simili: non so quanto noi donne sappiamo scrivere di sesso. Ci sono pagine bellissime che parlano di desiderio scritte per esempio da Annie Ernaux o da Sally Rooney. Ho la sensazione, però, che nella maggior parte dei casi le scrittrici non sappiano parlare di sesso senza il filo del giudizio: se ne parla sempre o con parole volgari e rozze o con parole lievi e volubili. Invece, le scrittrici sanno sempre parlare benissimo delle prime volte, soprattutto quando non sono consensuali, quando avvengono con forza, quando narrano la presa altrui, la violenza, il dissenso. 


Credo sempre che la letteratura sia un indice fondamentale di come vadano le cose nella società che rappresenta la scrittrice o lo scrittore. Non saper parlare bene di sesso e saper parlare molto bene di molestie, soprusi e di sesso non consensuale significa solamente una cosa: viviamo in una società in cui parlare di sesso per le donne è ancora sconveniente, in cui non c’è un linguaggio adatto ad esse che non venga percepito come volgare o sguaiato, come se il sesso non dovesse appartenere anche alle donne, come se fosse solo appannaggio di altre identità e quasi sempre maschili e che l’unico posto in cui le donne possono stare è quello in basso, che prevede la prevaricazione, l’abuso, la violenza e l’uso oggettificante, infantilizzante e sessista del loro corpo. 


My dark Vanessa non è una storia che scivola via così facilmente: non è un semplice libro, è un tratto della vita di tutte noi; è un pezzo del puzzle del nostro genere.
Racconta i nostri amori, le nostre ossessioni, le nostre false partenze; indaga i nostri sentimenti, i desideri più oscuri, più bui, più neri, quelli masticati e ingoiati fino a vomitarli insieme alla bile. Parla della violenza sessuale ma anche della violenza psicologica, di quanto questa sia subdola, strisciante e vischiosa; infine ci conduce in quella strada sterrata e piena di buche che è l’esistenza di una donna quando viene attraversata da un’esperienza di cui non riconosce i tratti, i contorni, quando si ritrova in un paesaggio di cui ha perso le coordinate, lo spazio, la geografia. 

Perché la violenza sulle donne produce questo: la colpa, la responsabilità, il silenzio della vittima, e dall’altro lato l’omertà dell’abusante e di tutte le persone che gli gravitano attorno. 


Questo è un libro per le ragazze che siamo e che siamo state. Un libro per le ragazze di domani.

 

CLARA MARZIALI

 




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