Quanto ne sai di disturbo disforico premestruale?

Ti senti depressǝ, irritabile, non hai voglia di fare nulla? Potrebbe essere il disturbo disforico premestruale (che NON coincide con la sindrome premestruale!)                                                                                           

Quando ci si ritrova ad affrontare la settimana antecedente al ciclo mestruale, il corpo inizia a subire dei cambiamenti: seno gonfio, dolori, stanchezza. Improvvisamente, il male di vivere si impossessa del nostro corpo senza sapere perché. Spesso iniziamo ad avere sbalzi d’umore, piangiamo senza motivo, odiamo il genere umano, svuotiamo barattoli di Nutella e siamo molto più stressatǝ. Tutti sintomi che, quando iniziano le mestruazioni, scompaiono magicamente…per poi ricomparire il mese successivo, nello stesso periodo. Per alcune persone questo arco temporale rappresenta una vera e propria tragedia (anche se provvisoria), perché la sintomatologia compromette la vita sociale, il lavoro, le relazioni interpersonali. Stiamo parlando di coloro che soffrono del disturbo disforico premestruale (PMDD).           

 

Cos’è il disturbo disforico premestruale?

Secondo il DSM V, affinché possa essere definito PMDD, i sintomi devono essere presenti nella settimana precedente le mestruazioni, iniziare a migliorare con l’insorgenza delle mestruazioni e ridursi al minimo o scomparire del tutto nella settimana post mestruazioni. Inoltre, devono essere presenti nella maggior parte dei cicli mestruali durante l’ultimo anno e devono incidere negativamente sul funzionamento lavorativo e sociale. Dunque, nel periodo sopra indicato devono essere presenti uno o più dei sintomi tra:

  • labilità affettiva marcata (es. sbalzi d’umore o pianto improvviso);
  • sentimenti di irritabilità, rabbia o insorgenza dell’aumento dei conflitti interpersonali;
  • umore depresso, sentimenti di disperazione o pensieri autosvalutativi;
  • ansia e tensione.

Oltre a questi sintomi, per giungere alla diagnosi di disturbo disforico premestruale, è necessario che siano registrati uno o più dei successivi sintomi (in modo da raggiungere il totale di cinque sintomi, sommando i primi e i seguenti):

  • minore interesse rispetto alle attività abituali;
  • difficoltà di concentrazione, aumento di letargia, incisiva mancanza di energie;
  • variazione notevole dell’appetito (consumo eccessivo di cibo o voglie di cibo specifico);
  • ipersonnia o insonnia;
  • sintomi fisici come: tensione mammaria o gonfiore, dolori articolari o muscolari, sensazione di “gonfiore” o aumento di peso.

I sintomi possono essere comparati (non per durata) a quelli di altri disturbi, come l’episodio depressivo maggiore o il disturbo d’ansia generalizzata. Al fine di diagnosticare il PMDD, è necessario effettuare diverse valutazioni prospettiche quotidiane per almeno due cicli sintomatici. Se i sintomi non vengono confermati dalle valutazioni, deve essere annotato “provvisorio” dopo il nome della diagnosi (ossia, “disturbo disforico premestruale, provvisorio”).                                                                                                       

 

Ma come mai insorge questo disturbo? 

L’eziologia del disturbo disforico premestruale è ancora oggetto di ricerca tutt’oggi. Non è stato ancora possibile dimostrare che sia presente uno squilibrio ormonale nelle donne affette da questo disturbo. Difatti, i livelli ormonali di una donna affetta da PMDD e una donna non affetta da quest’ultimo sono indistinguibili.                                                                                                                     

Hanno ipotizzato, però, che le donne con PMDD siano più sensibili alle fluttuazioni ormonali, come gli estrogeni e il progesterone, ormoni che attivano eventi biochimici nel sistema nervoso alla base dei sintomi premestruali. Per giunta, si è ipotizzato che forse vi sia anche una componente ereditaria, dal momento che i sintomi premestruali hanno una stima di ereditabilità che oscilla tra il 30% e l’80%.                                                           

 

In cosa si differenzia dalla sindrome premestruale?

Sebbene anche la sindrome premestruale possa presentarsi in forma grave (infatti viene suddivisa in lieve, moderata e grave), si tratta di sintomi più che altro fisici. Nella sindrome premestruale non è richiesto un minimo di cinque sintomi e non sempre vi sono sintomi affettivi (come umore depresso, perdita d’interesse nelle normali attività della vita quotidiana, ecc.). Infine, si parla di disturbo disforico premestruale quando il sintomo compromette la vita di tutti giorni e le relazioni familiari o sociali.        

 

Il disturbo disforico premestruale può coesistere con altri disturbi?

Gli individui affetti da disturbo disforico premestruale riferiscono frequentemente di aver attraversato in passato un episodio depressivo maggiore. Un’ampia gamma di disturbi medici (per es., emicrania, asma, allergie, disturbi convulsivi) o di altri disturbi mentali (come i disturbi depressivi o bipolari, disturbi d’ansia, bulimia nervosa, disturbi da uso di sostanze) possono peggiorare durante la fase premestruale. Il disturbo disforico premestruale, però, non deve essere considerato solo la causa del peggioramento di altri disturbi, ma deve essere rilevato separatamente. In quest’ultimo caso, è possibile considerarlo come un disturbo a parte, qualora i sintomi del disturbo disforico premestruale si differenzino totalmente dalla sintomatologia del disturbo coesistente.

 

C’è una cura per il disturbo disforico premestruale? 

Il disturbo disforico premestruale scompare con l’insorgere della menopausa e non compare durante la frase antecedente il menarca e la gravidanza, poiché sono periodi nei quali non è presente l’attività ovarica. Tuttavia, per fronteggiare i sintomi durante il periodo fertile, un aspetto da non trascurare è la consapevolezza del proprio quadro clinico. Una volta conosciuta a fondo la propria condizione, l’individuo riesce ad affrontare il periodo premestruale con più tranquillità e riesce a gestire meglio i sintomi. L’utilizzo di un calendario o di un diario può aiutare la persona a capire meglio quali siano e quanto intensi siano i sintomi. Nello specifico, questi strumenti risulteranno utili a medici e psicologi ai fini della diagnosi di PMDD, i quali aiuteranno al raggiungemento del trattamento più adeguato. La psicoterapia svolge un ruolo fondamentale in caso di una sintomatologia premestruale che non ha tratto benefici con altri trattamenti. La sintomatologia spesso può avere cause psicologiche, specialmente se vi è un vissuto conflittuale nei confronti delle mestruazioni. In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale si è rivelata particolarmente efficace con questa tipologia di disturbo.     

 

La terapia farmacologica del disturbo disforico premestruale.

Quando la sola psicoterapia non basta, possono essere prescritti dei farmaci. I farmaci di prima scelta sono gli inibitori selettivi della ricapitazione della serotonina (SSRI), che fanno parte di una categoria di antidepressivi. A differenza dei trattamenti per i disturbi depressivi, gli SSRI non devono essere assunti quotidianamente ma possono essere assunti solo nella fase luteale o durante i sintomi più marcati del disturbo disforico premestruale. Questo perché coloro che rispondono bene agli SSRI trovano beneficio dopo 1-2 giorni dall’insorgere dei sintomi. La somministrazione durante la fase luteale può iniziare 14 giorni prima delle mestruazioni e successivamente interrotta dopo l'inizio del ciclo. Le persone che assumono SSRI nel trattamento del disturbo disforico premestruale generalmente riportano una riduzione del 50% dei sintomi, un miglioramento significativo rispetto al gruppo trattato con placebo. I farmaci aiutano a correggere i sintomi psichici, ma non sempre risultano efficaci nella sintomatologia fisica: per questo, la scelta del farmaco deve essere valutata scrupolosamente dallo specialista in modo da calcolare rischi e benefici prima dell’inizio del trattamento.

Vi lasciamo con un appello: se notate l’insorgere di questo genere di sintomi, recatevi da unǝ specialistǝ che non sottovaluti questo genere di esperienza perché la consapevolezza intorno ad essa è ancora troppo bassa. Non sei sbagliatǝ, potrebbe trattarsi di una sindrome seria ancora interessata da pochi studi.

ANTONELLA PATALANO

 

 

 

 

 

 

 




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