Il ripristino degli ecosistemi

“Reimagine, recreate, restore”: una realtà che può essere realizzata solo dalle nuove generazioni. Questo è quanto auspica la giornata mondiale di ieri dedicata all’ambiente e che si celebra ogni anno il 5 giugno. 

Certamente, lo stile di vita adattato per decenni dal mondo occidentale ci potrebbe far pensare due cose: che si tratti di una grande utopia e che preveda un cambiamento radicale che mette in discussione un gran numero di abitudini a cui è abituata la nostra civiltà.
È da qui che vogliamo partire: cosa vuol dire essere parte di questa civiltà? Basandosi su giudizi di valore e adottando come riferimento un principio di innovazione, giorno dopo giorno la civiltà ha facilitato gli aspetti più piccoli del vivere come individui, ma siamo sicuri che l’ambiente naturale, come principale attore del nostro ecosistema, resti indifferente alle nostre scelte?
L’esperienza e la scienza ci insegnano che le risorse non sono infinite e che il nostro stile di vita deve cambiare, passando da una categoria di pensiero individualista a una collettiva, rispetto alla quale ogni singolo elemento presente nei diversi ecosistemi e la loro biodiversità siano rispettati.

Eradicare il concetto di civiltà euro-centrista e ricostruire una cultura basata sul rispetto del sociale e soprattutto dell’ambiente, è il ruolo che dobbiamo rivestire, come attori, in questo mondo.

Forse si può ripartire dai concetti basilari su cui erano fondate le culture indigene, un modello a lungo considerato arcaico e arretrato da parte dei colonizzatori: eppure proprio quel 5% di popolazione mondiale costituita dalle culture indigene si trova a essere amministratrice essenziale dell’ambiente.
I popoli indigeni hanno costruito stili di vita che si adattassero e rispettassero il loro ambiente. In montagna, i sistemi creati dalle popolazioni indigene conservano il suolo, riducono l'erosione, conservano l’acqua, riducendo il rischio di disastri ambientali. Nelle praterie, le comunità pastorali indigene gestiscono il bestiame e la coltivazione in modo sostenibile, affinché le praterie conservino la loro biodiversità. In Amazzonia, ci sono prove che dimostrano quanto gli ecosistemi migliorano quando nelle zone abitate dagli indigeni.

Queste culture ancestrali potrebbero essere una guida per la nostra generazione e quelle a venire, insegnandoci con il loro pensiero il rispetto e collaborazione tra noi essere viventi in questo pianeta che ci ha colto. Può essere un primo spunto perché la nostra generazione possa essere ristoratrice di questo pianeta che sempre, amorevolmente, ci ha accolti.

LAURA HERRERA




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