Come l’odore vaginale si è trasformato da tabù in strumento di empowerment femminile

 

Le narrazioni tossiche che da sempre hanno riguardato le nostre vulve & vagine sono molte.

Tuttavia, una in particolare è stata posta al centro di una retorica che, nel corso del tempo si è trasformata da shaming a powerful, associata prima a una proliferazione di mercato senza precedenti che, approfittando del senso di mortificazione e vergogna delle donne, ha creato le basi per una diffusione dell’odore vaginale perfetto e poi, una vera e propria riappropriazione e auto affermazione della propria unicità che ha sfidato i canoni imposti dalla società.

 

L’idea che l’odore naturale della vagina fosse di cattivo gusto e dovesse essere “coperto” ha radici antiche (si hanno testimonianze di soluzioni posticce come irrigazioni vaginali o l'abbondante uso di talco utilizzate dalle donne per mantenere le loro parti intime "fresche e pulite" molto prima dell'invenzione delle moderne salviettine disinfettanti e dei deodoranti intimi) ma solo nel 900 la vergogna delle donne rispetto al proprio odore verrà sfruttata ufficialmente, in una sapiente azione di marketing, per dare il via a un’esplosione senza precedenti di prodotti di igiene intima femminile. Alimentando un senso di profondo imbarazzo e plasmando la percezione che le donne stesse avevano del proprio corpo e creando una domanda che persiste ancora oggi.

 

Un esempio storico significativo è rappresentato dall'azienda Lysol nel 1946, che attraverso campagne pubblicitarie che colpevolizzavano le donne per i problemi coniugali dovuti al loro odore corporeo, promuovevano la propria lavanda per l’igiene femminile come soluzione a tutti i litigi con il marito. Successivamente, tutta una serie di altri prodotti ha invaso il mercato grazie ad aziende come Femfresh, Bidex e FDS, che hanno presto sviluppato una gamma di intimate refreshing products (da spray a salviette per la zone vulvare da tenere in borsa per un touch up durante la giornata) trasformandoli in beni di consumo di prima necessità e rendendoli accessibili a un numero sempre più cospicuo di persone grazie al posizionamento nei negozi (ampliandone così la domanda e l'offerta attraverso la maggiore visibilità).

Non solo: anche la pubblicità ha avuto un ruolo notevole nell’ascesa della popolarità di questi prodotti. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta i prodotti per l’igiene intima femminile che promuovevano una “vagina profumata a fresca” hanno iniziato infatti a essere pubblicizzati più frequentemente e con una maggiore propensione anche in riviste femminili mainstream e in televisione, facendosi strada così fra un pubblico sempre più vasto.

 

 

Il problema intrinseco alla pubblicizzazione di questi prodotti però può essere ricondotto banalmente al come venivano pubblicizzati e al presupposto stesso sul quale si fondava questa pubblicizzazione, ossia il fatto che l’odore naturale della vagina fosse qualcosa di sgradevole, umiliante e da nascondere, caricando le donne di un’ inutile quantità di vergogna intorno al loro corpo.

 

Prima di continuare, sentiamo però di dover fare uno statement importante: le vagine devono avere un odore e no, non devono profumare di fiori, zucchero, biscotti della nonna o qualsiasi altra cosa vi sia stata fatta credere. Ogni vagina ha un odore diverso, unico e, non sempre ricorda i prati fioriti: anzi, non dovrebbe neppure. 

 

Tramite l’uso di messaggi persuasivi e delle emozioni umane per influenzare le nostre decisioni di acquisto i prodotti di igiene intima femminile sono stati commercializzati dunque come la soluzione a un problema - di per sé inesistente - che nel tempo ha ampliato i propri confini anche ad ambiti come la femminilità in generale. In alcuni studi infatti è stato evidenziato come il linguaggio codificato usato da alcune aziende per promuovere, a fini di vendita, l’immagine della vagina perfetta abbia generato a lungo andare stigmi non solo inerenti all’odore vaginale, ma anche a temi come le funzioni corporee (come il ciclo mestruale e le perdite) e la sessualità.

Un caso particolarmente noto riguarda l’azienda Femfresh che legò l’immaginario della vagina “fresca e inodore" a quello di castità e purezza, convalidando e aggravando lo stereotipo della giovane ragazza innocente e virginale che si preparava alla prima notte di nozze utilizzando il loro deodorante prima dell’atto, allargando dunque lo spazio dalla sola “igiene” intima all’intera sessualità e alle norme sociali sul sesso.

 

Negli ultimi decenni, il mercato ha subito una rivoluzione radicale, adattando i propri prodotti alla richiesta reale dei consumatori, sia dal punto di vista comunicativo (discostandosi della retorica tossica che li ha accompagnati in passato), sia dal punto di vista dei bisogni effettivi delle donne, che hanno abbracciato l'idea di un'igiene intima sicura per le proprie vulve, evitando l'uso eccessivo di prodotti profumati e educando sé stesse e gli altri sulla normalità e bellezza del corpo femminile. Ovviamente, a questo proposito non possiamo non dedicare uno spazio apposito - prendendolo come campione - al nuovo detergente intimo di This, Unique, che rappresenta l’esempio perfetto di come un prodotto al giorno d’oggi dovrebbe essere e di quali valori dovrebbe trasmettere. In linea con tutta la filosofia del brand, che si prodiga per abbattere lo stigma e la vergogna che circonda il ciclo mestruale & co, aumentando la consapevolezza ed eliminando i tabù tramite le proprie piattaforme, anche il detergente è stato formulato per rispettare al 100% le nostre zone intime, garantendo una pulizia efficace mentre mantiene l'equilibrio delle mucose. Infuso con estratti naturali di Croton Lechleri e ingredienti biologici, è ideale per l'uso quotidiano e il suo leggero profumo non è invasivo e non mira a modificare o mimetizzare il nostro odore, bensì a donare una sensazione di freschezza e protezione durature.

 

Infine, il modo in cui è cambiato l’approccio all’odore vaginale nel tempo, è frutto di una società che ha saputo trasformare un tabù in un punto di forza ed emancipazione femminile e che ha posto al centro della propria narrativa un’immagine positiva e di empowerment dell’odore vaginale.

L’esempio più eclatante è stato quello dell’attrice Gwyneth Paltrow, la prima a catturare l’attenzione dei media mondiali lanciando la candela “al profumo della mia vagina”, seguita da Erykah Badu - famosa cantante e grande attivista americana - note per aver creato una linea di incensi inspirati alla sua parte più intima, realizzati con parti di mutande da lei stessa indossate e bruciate incluse poi nel prodotto finale, con l’obiettivo di condividere con il mondo gli ideali di totale libertà femminile.

 

MARTA BORASO




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