Bombshell

Il 20 dicembre 2019 esce negli Stati Uniti un film diretto da Jay Roach e sceneggiato da Charles Randolph, il cui titolo è “Bombshell”. Il cast è da serie A, Charlize Theron nei panni di Megyn Kelly, Nicole Kidman nei panni di Gretchen Carlson, Margot Robbie interprete della fittizia Kayla Popisil e ancora John Lithgow caratterizzante magistralmente Roger Ailes e Kate McKinnon come Jess Carr, la donna la cui macchia era essere la “Lesbica di Fox News”.

Un film che ricorda il lavoro di Adam McKay ne “La grande scommessa”, dove sempre Randolph porta avanti la sceneggiatura, qui intelligentemente interrotta dal falso documentario. Si gioca di angolazioni, inquadrature sul dettaglio e soprattutto sguardi alla ricerca disperata di conforto raccontando, in maniera romanzata, la vera storia che nel 2016 ha sconvolto l’America: l’accusa di molestie a Roger Ailes, il CEO di Fox News nonché la più importante emittente televisiva statunitense. Iniziando dal dibattito politico di Megyn Kelly e Donald Trump, ci si immerge in un dirompente reportage guidato dalla voce di Charlize Theron, dove l’irrefrenabile caduta di Roger Ailes si fa coprotagonista del personaggio principale: il sofferente silenzio delle donne di Fox News. Grazie però a un incisivo primo piano allo sguardo di Charlize Theron per la propria figlia, capiamo che la voglia di cambiare questo sistema tossico per il loro futuro è più forte di qualunque cosa. Megyn Kelly e Gretchen Carlson rappresentano infatti quelle 23 donne spaventate dal rumore della propria voce, in una storia cruda e brutalmente diretta che, senza tanti fronzoli, si fa voce della realtà guidata dal “Sexual Harassment", diventato poi il simbolo del #Metoo.

Era il 15 ottobre 2017 quando Alyssa Milano, indimenticabile Phoebe Halliwell di “Streghe”, utilizzò per la prima volta l’espressione “#metoo” sull’allora Twitter, riconoscendone il primo utilizzo, risalente al 2006, a Tarana Burke. Fu solo questione di tempo perché altre celebrities come Gina Lollobrigida e Gwyneth Paltrow, condividessero la loro esperienza in riferimento alle accuse di Sexual Harassment. Non solo il produttore cinematografico Harvey Weinstein fu però protagonista, ed è qui che risiede il profondo senso di questo movimento: in una sola giornata quell’ hashtag era stato retwittato 200.000 volte, in due giorni era arrivato a 500.000. Una cascata senza fine partita dal silenzio di Tarana Burke che non riuscì a rispondere con un apparentemente semplice “Anche a me” a una donna di nome Heaven, la quale le raccontò le violenze subite dal fidanzato della madre. Furono però anche le anchorwoman di Fox News ad ispirare il movimento femminista contro le violenze sessuali sul posto di lavoro, venuto alla luce proprio un anno dopo dalle dimissioni e dalla morte di Roger Ailes. Una "cyber cascades" senza fine, che ancora oggi si fa sentire e non smetterà mai di farlo.

Il risultato economico non è stato quello sperato, è vero, ma il film ha raggiunto pienamente il suo obiettivo sorprendendo lo spettatore. L’impatto è forte. È impossibile non provare intesa davanti alla brutalità di un’espressione di violenza ancor più forte di un gesto in sé: “Devo sapere che sei leale”. È altrettanto impossibile non piangere di fronte alla silenziosa ma bombardante chiosa finale di Margot Robbie: “Che cosa ho fatto? Che cosa ho detto? Che cosa indossavo? Cosa non ho capito?”

DEBORAH FIORUCCI




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Oleg Chernianu ottobre 30, 2023

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